Concordiamo con ciò che sosteneva Ray Kroc, fondatore di Mc Donald’s: “Non il talento, non il genio, solo la tenacia fa raggiungere l’obiettivo”, con ciò affermando che non bisogna essere persone straordinarie per conseguire il successo, basta metterci grande impegno e quello che si chiamava olio di gomiti. Serve anche rigore e autodisciplina per aumentare il tasso di concentrazione nel perseguire gli obiettivi.
C’è anche la necessità di pensare e agire fuori dagli schemi, per evitare di appiattirsi sui luoghi comuni e pensare con la testa degli altri. Guai a chi si fa plagiare, guai a chi non ha punti di riferimento nei valori morali, guai a chi non si collega mentalmente ai maestri della vita e della professione.
E poi bisogna sognare, ma ad occhi aperti e con i piedi ben piantati per terra. Sognare di farcela, di conseguire il successo nella vita e nella professione. Per questo è necessario avere un atteggiamento positivo, costruttivo, leva di tanti (ma non moltissimi) che hanno creato fortune.
Paradossalmente (in apparenza) costoro erano mediocri a scuola e in parte non si sono neanche laureati. Come dire che per realizzare un sogno non è necessario acquisire una quantità di informazioni. Ingvar Kamprad, fondatore dell’Ikea, è partito da un capanno del latte come prima sede per la sua attività commerciale.
Steve Jobs, fondatore della Apple, non ha mai finito gli studi. Richard Branson, miliardario inglese e fondatore di Virgin, a scuola non riusciva a superare neanche i test di intelligenza. Philip Knight, che ha portato al successo mondiale la Nike, ha iniziato vendendo scarpe in eventi sportivi e il suo primo negozio fu il cofano della propria auto. Francois Pinault, re del lusso e di Gucci, ha lasciato la scuola a 14 anni, cominciando a lavorare nella segheria di famiglia. Johann Rowling, autrice di Harry Potter, era disoccupata e depressa, poi il progetto della saga la prese e il successo le ha arriso.
Bisogna essere, dunque, sognatori, o meglio visionari, cioè vedere quello che gli altri non vedono. Intuire i bisogni che ancora non si sono manifestati, per dare loro una risposta. Pensare alla possibile soluzione di una ricerca e poi puntare con tutte le proprie forze per scoprirla e concretizzarla.
Luigi Pirandello (1867-1936) sosteneva: “Non è l’arte che imita la vita, ma la vita che imita l’arte”. Sembra una frase machiavellica, com’era la mente del premio Nobel per la letteratura (1934), autore dell’altrettanto machiavellico. “Così è, se vi pare”.
Ragionare senza schermo sugli occhi, guardare lontano, al di là dell’orizzonte, valutare con realismo pesi e contrappesi, in una parola essere concreti nel fare, ma lungimiranti nel pensare.
Per raggiungere questo stato mentale è necessario un duro addestramento che deve cominciare grosso modo nell’età post-puberale e non fermarsi mai. Anche chi ha novanta o cento anni dovrebbe guardare al futuro se ha la consapevolezza che il futuro esiste anche quando lo spirito abbandonerà il corpo alla sua funzione naturale.
Chi persegue l’era della maturità (e del successo) dovrebbe ricordarsi di Tacito (200-276): “Quando le cose vanno bene è merito di tutti, quando vanno male è colpa di uno solo, cioè del leader”. È una regola che vale per tanti, come per esempio, per Jeffrey Bezos, il 45 enne fondatore di Amazon, che possiede un patrimonio stimato in 6,8 miliardi di dollari. Eppure, durante il percorso che lo portava al successo era tartassato dai critici che non vedevano il suo sogno, quello cioè di avviare il più grande commercio elettronico del mondo.
Le persone normali si scoraggiano, i visionari e i sognatori no. Ma è duro perseverare avendo tutti contro.