Lo studio. In alcune zone si preferisce la dissalata a quella da invaso. La prima costa 2-3 euro al metro cubo, l’altra non supera 1 euro al metro cubo. Mai, però, quanto l’acqua in bottiglia: 200 euro al metro cubo.
PALERMO – Acqua di rubinetto o acqua in bottiglia? De gustibus non est disputandum, ma il portafogli del cittadino dovrebbe avere le idee chiare in proposito, visto che la cosiddetta acqua del sindaco arriva a costare, secondo una media ponderata calcolata da Altroconsumo, fino a 330 volte meno dell’acqua imbottigliata. Adesso che la crisi continua ad incedere fino a toccare i livelli dell’economia reale, forse il gusto può essere accantonato per pensare al risparmio. Intanto il volume di interessi attorno l’acqua in bottiglia, nonostante qualche lieve contrazione del mercato pari al -4% tra il 2007 e il 2008, continua a fare registrare cifre da record per le imprese, soprattutto in Sicilia, dove i canoni di concessione delle sorgenti, questione analizzata in una recente inchiesta del Quotidiano di Sicilia, permettono emungimenti di acqua a costi vantaggiosissimi, cioè 400 mila euro di canone a fronte di un giro d’affari di 23 milioni di euro nel 2006.
“I siciliani sono fortunati – ha dichiarato Patrizia Brischetto, Centro Studi Economia Applicata all’Ingegneria – perché possono godere di acqua sana e potabile viste le ottime sorgenti di cui dispone l’isola”. Non sembrano pensarla allo stesso modo i diretti interessati che consumano abbondantemente l’acqua del supermercato, permettendo alle imprese che operano nel settore in Sicilia di sognare una quota di mercato, valutato dagli esperti di Beverfood, che potenzialmente sarebbe pari a 800 milioni di litri d’acqua. Un settore che promette una espansione stratosferica, perché, se è vero che il consumo procapite nell’isola è 160 litri contro i 190 della media nazionale, bisogna anche aggiungere che il 59,7% degli isolani non si fida dell’acqua di rubinetto, toccando la percentuale più alta del paese secondo gli ultimi dati Istat. Tali considerazioni, facendo le debite proporzioni, portano al risultato finale che 113 litri procapite non sarebbero indirizzati al consumo in casa, ma potrebbero essere in buona parte smaltiti attraverso l’acquisto di acqua minerale. Un vero e proprio invito a nozze per i distributori di acqua in bottiglia che proseguono negli investimenti e continuano l’offensiva pubblicitaria nella speranza di aumentare sempre maggiormente la quota di mercato siciliano in loro possesso.
Ma la domanda da porsi resta intimamente legata alle motivazioni che spingono quel 59% di siciliani a non fidarsi dell’acqua di rubinetto. “Non credo che la diffidenza dei siciliani – ha spiegato Brischetto – possa essere ricondotta a questioni di salute, ma probabilmente a fattori di gusto”. Parere confermato anche da una delle ultime ricerche del Centro europeo di ricerca acque minerali, realizzata in collaborazione con le Università napoletane Federico II e la Seconda Università, che certifica come le acque italiane godano di buona salute, anche se bisognerebbe prestare attenzione ad alcuni fattori antropici, comunque entro le norme di legge. In Sicilia continua a tenere banco il problema dei nitrati, oggetto di una interrogazione al ministero dell’Ambiente dello scorso gennaio a cura di Nicola Cristaldi, in quanto nel territorio di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, erano stati riscontrati dall’Arpa valori superiori a quelli consentiti dal decreto legislativo 31/2000. I nitrati nello stomaco si trasformano in nitriti e nitrosammine, composti che favoriscono il cancro. Gli esperti consigliano l’acqua con una concentrazione di nitrati uguale o inferiore a 10 milligrammi/litro per la prima infanzia, mentre la soglia massima consentita dalla legge italiana per l’acqua potabile arriva a 45 milligrammi/litro. Secondo un rapporto Legambiente Ecosistema Urbano, gli acquedotti di Catania, Palermo e Siracusa hanno una concentrazione di nitrati comunque sostenibile, rispettivamente 12 mg/l, 10,2 mg/l e 25 mg/l, valori che pur essendo a norma di legge italiana, superano di gran lunga i parametri consigliati dall’Organizzazione mondiale della sanità, che fissano la quota ultima a 5 mg/l. A questi dati, comunque, non fanno eccezione neanche le acque in bottiglia, visto che un’indagine Altroconsumo del 2000 certificava che in 5 campioni su 39 brand di acqua in bottiglia erano stati rinvenuti nitrati superiori a quelli consigliati dall’Oms a bambini e donne in gravidanza.