Antagonista fuori dai partiti
Negli Stati Uniti, chi non ha la possibilità finanziaria di acquistare un’auto nuova, ne cerca una usata. Dove comprarla? Vi sono negozi di vendita in qualunque punto delle città americane. La questione è di acquistare un’auto sicura, cioè un “usato garantito”. Chi vende l’usato garantito è di solito una concessionaria solida, che appunto protegge l’acquirente da eventuali successivi guasti.
L’introduzione che precede ci serve come metafora per le prossime elezioni regionali siciliane di novembre di quest’anno.
Nello scorso periodo vi è stato un affastellamento di notizie e informazioni riguardo tutte le possibili candidature. A oggi ve ne sono quattro: Dino Giarrusso, Claudio Fava, Cateno De Luca e Nello Musumeci. Quest’ultimo ha motivato la sua ricandidatura per il secondo mandato in quanto presidente uscente. Si tratta di una motivazione ragionevole, che, però, deve fare i conti con i partiti della coalizione e soprattutto con gli elettori siciliani.
Ricordiamo che nelle scorse elezioni regionali del 2017, Nello Musumeci fu eletto con 830.821 voti, pari al 39,85 per cento dei votanti, i quali sono stati 46,76 per cento dell’intero corpo elettorale. Un elettore su due si è disinteressato alla vicenda e ha consentito a chi, invece, è andato a deporre la scheda nell’urna, di raddoppiare, di fatto, il valore del suo voto. La questione non è nuova perché, anche nelle precedenti elezioni, vi è stata un’astensione notevole.
La responsabilità di tale astensione è del ceto politico, che è di livello sempre più basso, da un canto, e dell’incultura dei cittadini che, facendo spallucce di fronte all’interesse generale, creano un danno alla collettività e anche a loro stessi, dall’altro.
Perché non va a votare tanta gente? Probabilmente perché ritiene che il proprio suffragio sia inutile, dal momento che il voto organizzato dai portatori è efficace e consente di fare eleggere i mediocri.
Purtroppo la Costituzione stabilisce che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge (articolo 3). Però tale uguaglianza non dovrebbe esserci nel momento in cui viene eletta una classe dirigente, rappresentata dai parlamentari e dai consiglieri regionali e comunali.
È inconcepibile che ignoranti e disoccupati vengano eletti al Parlamento nazionale o ai Consigli regionali e comunali. È inconcepibile che tanta gente che non ha studiato, che non ha letto, che non ha fatto scuola politica, di colpo assuma il ruolo di dirigente, cioè di colui che deve governare gli altri.
Ma come si può governare qualcun altro se non si possiedono le necessarie competenze, se non si sono acquisiti i saperi, se non si hanno cognizioni di organizzazione, se non si è letto il libretto di René Descartes (1596-1650) “Discours de la méthode”? Eppure è così, lo vediamo e lo constatiamo: il seggio parlamentare è diventato un posto di lavoro, peraltro molto ben remunerato e quindi appetito da 945 cittadini e cittadine.
Per fortuna (bisogna darne il merito al M5s) la legge costituzionale ha tagliato tale numero, riducendolo a 400 deputati e 200 senatori, 600 in tutto.
Ora, le elezioni del 2023 (che forse si faranno quest’anno) costituiranno il momento in cui i cittadini, quasi tutti, dovranno scegliere altri cittadini con le qualità per andare a occupare i 600 scranni. Non sappiamo se l’ignoranza generale di gran parte del Popolo italiano consentirà agli elettori di capire bene chi sia meritevole di diventare parlamentare.
E veniamo a Nello Musumeci. Fino a oggi i candidati concorrenti non sembrano in condizione di raccogliere più suffragi di lui, né è venuto fuori qualche altro antagonista capace di vasti consensi e con probabilità di diventare il prossimo presidente.
Si auspica la candidatura di una donna, ma ancora oggi essa non emerge.
Se le cose dovessero rimanere in queste condizioni, Nello Musumeci rappresenterebbe “l’usato garantito”. Tuttavia, ci auguriamo che con una resipiscenza, gli attuali partiti scelgano una figura super partes, fuori dai beceri giochi di sempre, con un’alta moralità e un’altrettanta alta capacità di gestire una Regione che ha un bilancio di 17 miliardi e 12 mila dipendenti.
Ci vogliono adeguati attributi per un compito così gravoso. C’è chi li ha e chi non se li sogna.