Dopo circa 30 anni, la Regione siciliana torna ad assumere. Ma è davvero necessario? L’intervista del QdS a Paolo Montera, segretario Cisl Funzione pubblica della Sicilia
Un ossimoro che non trova spiegazione, quello della Sicilia: centinaia di migliaia di lavoratori alle dirette dipendenze di enti pubblici eppure, all’atto pratico, negli uffici della pubblica amministrazione spesso le competenze e le professionalità necessarie per l’espletamento delle tante attività necessarie per l’amministrazione quotidiana.
Ed è così che, dopo circa 30 anni la Regione Siciliana torna ad assumere: è ormai necessario, secondo l’Amministrazione regionale, ringiovanire la pianta organica in una pluralità di uffici e settori. I bandi per la selezione del personale riguardano i centri per l’impiego, l’amministrazione regionale e il corpo forestale. Ulteriori selezioni saranno avviate anche per individuare esperti per il Pnrr da impiegare nella gestione dei fondi del Recovery Plan. In tutto verranno assunte 1.253 unità di personale. Uno squarcio per molti in attesa di una possibilità lavorativa, ma che trova poco fondamento nei numeri.
La Regione Siciliana, infatti, registra un numero di lavoratori tali da non poter giustificare la ulteriore spesa economica necessaria per nuovi dipendenti.
Tutto risalta ancora di più agli occhi se si confrontano i numeri isolani con quelli lombardi sulla base dell’osservatorio Inps per l’anno 2020, l’ultimo censito. Sono 15 miliardi l’anno i soldi spesi in Lombardia ogni anno per tutti i lavoratori che gravitano nella pubblica amministrazione, quindi parliamo di Comuni, ex Province, Regione, altri uffici dipendenti dallo Stato e forze dell’ordine. Quasi 10, invece, quelli spesi in Sicilia. Una differenza che non regge, se si pensa che in Lombardia la popolazione è doppia rispetto a quella isolana.
In Sicilia, sono 261.954 i dipendenti a tempo indeterminato, contro i 395.106 della Lombardia. Al contrario, in Lombardia si segnalano circa il doppio dei dipendenti siciliani a tempo determinato, ad indicare come le assunzioni nascano anche dalle effettive necessità del momento, alla ricerca delle competenze più adatte alla risoluzione della problematica del momento.
Addirittura, in alcuni settori la Sicilia scavalca la Lombardia: nelle amministrazioni locali (Regione, ex Provincia e Comuni), nelle forze armate, corpi di polizia e vigili del fuoco e nel servizio sanitario, per quanto riguarda i contratti a tempo determinato. In totale, le giornate lavorative in Sicilia svolte negli uffici che fanno capo alla pubblica amministrazione sono state 86 milioni contro i 132 milioni in Lombardia. Una proporzione che non funziona, e dimostra come tanto sia lo spreco e l’inefficienza in Sicilia.
L’intervista del QdS a Paolo Montera, segretario Cisl Funzione pubblica della Sicilia
La pubblica amministrazione a pezzi. “Serve formazione e riqualificazione”
I costi della pubblica amministrazione siciliana sono stati analizzati dal segretario generale della Cisl funzione pubblica della Sicilia, Paolo Montera, che ha commentato a 360 gradi ogni aspetto, dai presunti sprechi alle necessità.
Dove si annida la distorsione nella pubblica amministrazione siciliana?
“Generalmente i numeri non mentono. Innanzitutto, è giusto premettere che la nostra federazione non si occupa delle forze dell’ordine, tranne che per il corpo forestale, i cui organici sono peraltro sottodimensionati. Pertanto, le nostre risposte sono riferite a quelle che riteniamo le reali necessità della pubblica amministrazione in senso stretto e di nostra pertinenza. Importante, inoltre, aver ben chiaro quali siano i termini di paragone e quali gli obiettivi della ricerca. In tal senso, per esempio, se piuttosto che fare riferimento agli abitanti si guardasse alle competenze, gli stessi numeri si potrebbero leggere in maniera sensibilmente diversa. Per quanto riguarda la Regione Siciliana, infatti, in virtù della sua Autonomia e dello Statuto speciale, essa ha un pacchetto di competenze spesso esclusive e molto più ampio di quello della Lombardia, quindi la comparazione in termini soltanto di numeri può non bastare per avere un quadro preciso della situazione. Ciò che è certo e che possiamo toccare con mano quotidianamente è la carenza di organico di cui soffre la pubblica amministrazione regionale in Sicilia, anche a causa dello svuotamento degli uffici, soprattutto per ragioni anagrafiche e per via dell’allineamento al sistema pensionistico dello Stato, che in cinque anni ha determinato il pensionamento di ben 5.000 dipendenti”.
Il paradosso è che oggi moltissimi enti locali lamentano che non sono in grado di andare avanti perché mancano le figure tecniche. E allora ci chiediamo: tutto questo è frutto di logiche clientelari che hanno riempito nei decenni passati le pubbliche amministrazioni di impiegati che non sono preparati?
“È indubbio che ci sono stati anni in cui la politica ha usato la pubblica amministrazione come un bacino elettorale ma la questione qui è un’altra: il mondo si evolve e il lavoro pubblico deve fare altrettanto per restare al passo. Servono formazione e riqualificazione per il personale già in servizio ma soprattutto bisogna avviare il necessario ricambio generazionale. Si tratta di un tema a noi caro e su cui siamo molto attenti. E tra le cose più urgenti c’è sicuramente l’avvio della selezione dei 300 funzionari da impiegare in Regione e negli enti locali dell’Isola per la programmazione e la spesa dei fondi del Pnrr e di tutte le altre risorse nazionali ed europee che arriveranno. Non si comprende come mai non si sia ancora data applicazione a questa fondamentale norma approvata con l’ultima Finanziaria (l.r. 9/2021)”.
Si parla di concorsi per reclutare altri 1.200 impiegati a supporto dei Centri per l’impiego, eppure sappiamo che in Sicilia c’è il maggior numero di dipendenti di queste strutture rispetto che in tutte le altre regioni italiane. È evidente a detta sua anche qui una distorsione?
“Nessuna distorsione, i concorsi sono già stati banditi. Ma si tratta di una scelta nazionale: evidentemente lo Stato ha ritenuto che la Sicilia, che in materia di lavoro ha competenza esclusiva, tuttavia avesse bisogno di rinforzi nei Centri per l’impiego, realtà che, se messe nelle condizioni di lavorare al meglio, possono svolgere un ruolo fondamentale nella ripresa della regione. Piuttosto, servirebbero più ispettori del lavoro: la cui carenza è gravissima”.
Cosa serve, a suo giudizio, alle pubbliche amministrazioni siciliane per essere in grado di soddisfare le sfide del futuro, e parliamo di progettazione nel campo del Pnrr e soprattutto nell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro?
“Ciò che sta avvenendo nel resto d’Italia! In sintesi: un piano straordinario di assunzioni per una seria rigenerazione amministrativa, personale con competenze adeguate a portare avanti il percorso di digitalizzazione, dirigenti. Soprattutto dirigenti. Ben prima che si concluda la stagione del Pnrr le posizioni dirigenziali della Regione Siciliana si svuoteranno ancora di più e questo non è ammissibile in un periodo storico in cui serve gente competente e capace di assumersi la responsabilità di interi uffici e dipartimenti. Dobbiamo muoverci in questa direzione e, per questo, il primo passo da fare è sollecitare il Governo regionale a confrontarsi con quello di Roma per modificare l’Accordo Stato-Regione per il ripianamento del disavanzo e avviare il turnover, oggi praticamente bloccato”.