Ieri la presentazione del rapporto sul divario tra Nord e Mezzogiorno, che si è allargato ulteriormente. Pil 2007-2019, un crollo del 10% nel Meridione. Differenze abissali sulle retribuzioni
ROMA – Differenze di sviluppo economico che a livello territoriale nell’ultimo decennio si sono ancor più allargate. Costante diminuzione del peso economico del Mezzogiorno. Crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile. E ancora, riduzione dell’accumulazione di capitale, minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese, dove si sono concentrati i flussi migratori. È la fotografia scattata dal rapporto “Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico”, curato dagli economisti della Banca d’Italia, presentato ieri durante un evento dell’istituzione di Via Nazionale.
La caduta del Pil nel Mezzogiorno molto più intensa che al Nord
L’economia nazionale è stata segnata a partire dal 2007 dalla doppia crisi finanziaria del 2008-2009 e dei debiti sovrani del 2012-2013, a cui è seguita una fase di crescita modesta che non ha consentito un pieno recupero dei livelli di attività economica precedenti. In questo contesto, il Mezzogiorno si è caratterizzato in negativo, con una caduta del PIL assai più intensa che al Centro Nord durante le crisi, e un recupero più contenuto nella fase di ripresa. Nel complesso, la perdita di prodotto registrata tra il 2007 e il 2019 è stata pari al 2% nel Centro-Nord e al 10% nel Mezzogiorno.
Il settore privato meridionale si è ulteriormente contratto
Secondo lo studio di Bankitalia, il settore privato meridionale, già fortemente sottodimensionato, si è ulteriormente contratto: al Sud sono accentuati i tratti tipici del sistema produttivo nazionale, tra i quali il ruolo preponderante di micro imprese e di attività a controllo familiare, nel complesso poco dinamiche e meno in grado di sfruttare le nuove tecnologie digitali. Queste caratteristiche, unite a fattori di contesto sfavorevoli come i tempi elevati delle procedure di recupero dei crediti per via giudiziale, si traducono in maggiori difficoltà ad accedere al credito e ad altre forme di finanziamento.
Nel complesso i livelli di impiego della forza lavoro, già tra i più bassi di Europa, sono ulteriormente diminuiti, come è diminuita la qualità media dell’occupazione; nel settore privato rimane alta l’incidenza del lavoro irregolare ed è maggiore l’instabilità dei rapporti lavorativi. Secondo i dati dei conti territoriali, che includono una stima delle ore lavorate e delle retribuzioni della componente irregolare, nel 2019 la retribuzione oraria lorda media per il totale dell’economia era di circa il 16% inferiore a quella del Centro Nord. Lo scarto è interamente riconducibile al settore privato, dove il differenziale raggiungeva circa il 28%.
Pesano pure i ritardi nelle infrastrutture e nella qualità dei servizi
Sulle difficoltà economiche del Mezzogiorno pesano pure gli ampi ritardi nella dotazione di infrastrutture e nella qualità nei servizi pubblici erogati sia dagli enti locali, prosegue Bankitalia, sia dallo Stato attraverso le proprie articolazioni periferiche. Tali divari riflettono in parte una carenza di risorse che si è aggravata nel decennio precedente lo scoppio della pandemia, durante il quale la politica di bilancio nazionale è stata in prevalenza orientata al consolidamento dei conti pubblici.
Rileva anche la definizione ancora parziale dei livelli essenziali delle prestazioni nell’erogazione dei servizi pubblici e di adeguati meccanismi perequativi volti a garantirne il soddisfacimento. Al contempo, gli indicatori disponibili su efficienza, efficacia e correttezza dell’azione amministrativa nel Mezzogiorno appaiono significativamente peggiori della media italiana.
Le priorità della politica economica
Alla luce di questo, le priorità di politica economica andrebbero orientate verso due obiettivi principali. Il primo riguarda il miglioramento della qualità dell’azione pubblica, anche facendo leva sulle ampie risorse disponibili grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza e agli altri programmi nazionali ed europei in corso. Secondo l’analisi dovrebbe comprendere un assetto più efficace della governance degli interventi pubblici, un deciso potenziamento nella qualità degli input – umani e tecnologici – della Pubblica amministrazione, nonché un orientamento più forte al conseguimento dei risultati, anche ricorrendo a meccanismi incentivanti.
In secondo luogo appare necessario un rafforzamento dell’iniziativa privata, attraverso la riduzione dei gap infrastrutturali del Mezzogiorno, lo sfruttamento del potenziale di sviluppo delle sue agglomerazioni urbane e, conclude Bankitalia, un innalzamento qualitativo del tessuto produttivo.