Utilities, al Sud fatturato da cinque miliardi di euro - QdS

Utilities, al Sud fatturato da cinque miliardi di euro

Utilities, al Sud fatturato da cinque miliardi di euro

mercoledì 22 Giugno 2022

Presentato il Rapporto di Utilitalia e Svimez che valuta gli impatti economici ed occupazionali delle imprese di acqua, ambiente ed energia nelle regioni del Mezzogiorno.

NAPOLI – È stato presentato a Napoli il Rapporto Sud di Utilitalia e Svimez, che valuta gli impatti economici e occupazionali del settore delle utilities (ambientale, idrico ed energetico) nelle regioni del Mezzogiorno, e in particolare gli impatti relativi agli investimenti finanziabili dal Pnrr per contribuire al superamento del service divide, oltre all’influenza degli effetti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche.

Le opportunità

Nel 2020 il valore della produzione (fatturato) dei servizi di pubblica utilità del Mezzogiorno ha sfiorato i 5 miliardi di euro (dati relativi a un campione di 241 aziende del Sud), che corrispondono al 21% dell’intero fatturato prodotto su scala nazionale dalle aziende attive nei due settori considerati (idrico e servizio ambientale). Il valore della produzione complessivamente attivato dalle utilities attive nel Sud qui considerate è pari, in valore assoluto, a circa 11 miliardi di euro su scala nazionale. Per ogni euro di produzione realizzato nel Sud da parte delle utilities esaminate se ne attivano, in Italia, circa 2,2. In Sicilia, nello specifico, il lavoro delle utilities attiva complessivamente a livello nazionale un aumento del valore della produzione pari a 2,3 miliardi di euro, e 12,5 posti di lavoro per ogni milione di euro prodotto.

L’attivazione in termini di valore aggiunto nelle otto regioni meridionali è direttamente correlata all’ampiezza della produzione realizzata nel medesimo territorio. In termini di incidenza sul Pil, si va da un valore minimo dello 0,5% in Calabria a un massimo dell’1,6% in Puglia. In sei regioni su otto del Mezzogiorno, l’attivazione di valore aggiunto, calcolata sul Pil regionale, è uguale o superiore al punto percentuale. Sono valori che indicano come, a fronte di un numero complessivamente esiguo di aziende, la loro capacità propulsiva appare comparativamente elevata.

Le aziende meridionali sono importanti attivatori di produzione e occupazione anche per le regioni del Centro-Nord. Nelle regioni del Sud, infatti, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities locali si attivano dai 7 ai 10 addetti; accanto a questi, si creano da 2 a 3 posizioni lavorative aggiuntive nelle regioni del Centro-Nord. In altri termini, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities meridionali, in media una quota prossima al 30 per cento del valore dell’attivazione di occupazione interna alle regioni meridionali va a beneficio delle regioni centro-settentrionali.

Le informazioni strutturali più recenti di fonte ufficiale (ISTAT, al 2019) individuano in quasi 290 mila gli addetti nel comparto delle utilities, di cui oltre 93 mila sono impiegati nelle unità locali situate nelle regioni meridionali, e le restanti nel Centro-Nord. Il peso relativo del Mezzogiorno sull’Italia è dunque pari al 32%, nettamente maggiore di quanto è dato osservare in riferimento ad altri indicatori economici (la quota del Pil meridionale su quello nazionale, ad esempio, arriva al al 22%). In termini di occupati, il peso relativo delle utilities sul totale dell’industria raggiunge l’8,9% nel Sud, ed è pari al 4,5% nel Centro-Nord.

Le sfide per le utilities del Sud

Le sfide più importanti per le utilities del Sud sono legate essenzialmente alla riduzione del service divide, soprattutto nei settori idrico e ambientale. L’obiettivo è migliorare i servizi erogati anche nell’ottica di aumentare il grado di resilienza di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici. A tal proposito dal rapporto emergono alcune precise proposte: è necessario sostenere e potenziare lo sviluppo industriale delle utilities nel Sud Italia favorendo le gestioni industriali per superare i problemi derivanti dalla frammentazione; migliorare e semplificare la governance, per garantire rapidità ed efficacia nel processo di evoluzione industriale, incentivando la completa realizzazione degli investimenti, e semplificare i procedimenti autorizzativi; completare il processo di costituzione di una nuova Società dello Stato, che subentri ad Eipli, per garantire il riequilibrio della dotazione della risorsa idrica nel bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale; incentivare il processo di digitalizzazione del comparto; e, infine, programmare lo stanziamento di nuove risorse destinate alle regioni del Meridione ed assicurare la realizzazione degli investimenti.

Nelle regioni del Sud inoltre – e in particolare in Sicilia, in Puglia e in Basilicata – è presente il maggior potenziale di sviluppo delle rinnovabili da solare ed eolico d’Italia. Ad oggi la produzione di energia rinnovabile da queste fonti, al Sud Italia, è pari a circa il 30% della produzione nazionale (dati Terna): un valore che può crescere sensibilmente, contribuendo al raggiungimento dei target previsti dalla normativa europea.

Per la presidente di Utilitalia, Michaela Castelli, “l’unica strada percorribile per elevare il livello dei servizi pubblici al Sud è favorire una gestione industriale, ovvero una gestione unica che si occupi dell’intero ciclo dell’acqua come dei rifiuti. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord e quelle delle realtà industriali presenti nel Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini”.

Anche per il direttore generale della Svimez Luca Bianchi “il comparto delle utilities risulta essere uno dei canali di trasmissione più idonei a mettere a terra con profitto le risorse del Pnrr nel Mezzogiorno. La maggiore robustezza rispetto al resto dell’industria riscontrata nelle gestioni integrate idriche e dei rifiuti, così come la capacità progettuale e di governo del sistema dei Consorzi di Bonifica, sono gli elementi che lo studio mette in evidenza come leve cruciali per favorire la transizione digitale ed ecologica del Mezzogiorno. Puntare su modelli di governance che si sono rivelati efficaci anche al Sud, rafforzandoli nei territori in cui ancora non si sono insediate le gestioni industriali e concentrandovi le maggiori risorse per investimenti del Pnrr, può essere la soluzione per sopperire al deficit di capacità amministrativa che potrebbe compromettere l’efficacia del Prr nel Mezzogiorno”.

Le criticità

Il rapporto Utilitalia –Svimez non omette le storiche criticità che caratterizzano il Mezzogiorno. Il Sud sconta un ritardo infrastrutturale rispetto al resto del Paese dovuto soprattutto ad una rete idrica vetusta e ad una mancanza di impianti strategici per il riciclo e il trattamento dei rifiuti. La gestione dei servizi nelle regioni meridionali è spesso affidata agli enti locali, le cosiddette “gestioni in economia” (al Sud rappresentano il 26% della tipologia di affidamento) che hanno una scarsa capacità di investimento rispetto alle gestioni industriali. Nelle gestioni “in economia”, gli investimenti nel settore idrico sono pari a circa 8 euro annui per abitante contro una media nazionale di 49 euro. In Italia nel 2020 sono andati dispersi nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei capoluoghi di provincia/città metropolitana 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018); a titolo di esempio, la percentuale delle perdite totali in distribuzione è pari a circa il 68% a Siracusa, contro il 14% di Milano (Istat, 2022).

Passando ai rifiuti, in termini di obiettivi di raccolta differenziata raggiunti la situazione appare disomogenea, con sole due regioni del Mezzogiorno (Sardegna e Abruzzo) che superano l’obiettivo del 65%. Il nostro Paese in questi anni è stato oggetto di pesanti provvedimenti da parte dell’Ue per il mancato rispetto delle direttive europee sia per quanto riguarda la depurazione dei reflui (il 72% delle infrazioni riguarda le regioni meridionali), che ambientale.

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