Violenza di genere, solo 1 donna su 3 trova la forza di denunciare - QdS

Violenza di genere, solo 1 donna su 3 trova la forza di denunciare

Violenza di genere, solo 1 donna su 3 trova la forza di denunciare

venerdì 05 Agosto 2022

Report dell'associazione D.i.Re: “Quella subìta più frequentamente è psicologica”

ROMA – Nel 2021, in Italia, le donne vittime di violenza e stalking sono aumentate del 3,5% rispetto al 2020. È quanto emerge dal report dell’associazione D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, che riunisce in un unico progetto più di 83 organizzazioni femminili attive nei centri antiviolenza.

Le caratteristiche della donna che si rivolge a un centro antiviolenza D.i.Re sono consolidate negli anni: quasi la metà (46%) delle donne accolte ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni.

Pochissime le donne sotto la maggiore età: le percentuali sono costantemente sotto l’1%; in lieve aumento, negli ultimi due anni, la percentuale di donne oltre i 60 anni: nel 2021 e nel 2020 sono l’8% circa vs il 6,6% nel 2019. A livello regionale, per quanto riguarda la Sicilia, si viaggia su percentuali dal 9% all’11%.

Un dato che si incrocia con la fotografia scattata dall’Istat, in cui emerge come in Sicilia ci siano solo lo 0,05 case rifugio ogni 10 mila donne vittime di violenza. Un numero troppo piccolo per un fenomeno, quello dei maltrattamenti in ambito familiare, che sta crescendo in maniera preoccupante. I centri antiviolenza, invece, sono poco più: con un tasso che cresce allo 0,10.

La violenza psicologica la più frequente

Le forme di violenza esercitata sulle donne sono multiple e di varia natura e sono consolidate nel tempo, a conferma della struttura della violenza maschile sulle donne. La più frequente è quella psicologica, violenza subita dalla grande maggioranza delle donne, seguita da quella fisica. Almeno 1 donna su 3 subisce violenza economica, mentre la violenza sessuale e lo stalking sono perpetrate in un numero di casi più basso.

Il maltrattante è quasi sempre il partner oppure l’ex partner

Le statistiche relative all’indicatore sulla relazione del maltrattante con la donna non lasciano dubbi: il maltrattante è quasi sempre il partner oppure l’ex partner. Questo significa che nel 79,8% dei casi (82,3% nel 2020) la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna. Se a questo dato si aggiunge la percentuale dei casi in cui l’autore è un familiare si arriva alla quasi totalità (90,9% vs 92,3% nel 2020).

Nonostante si registri una lieve flessione (meno di due punti percentuali) per quanto riguarda i partner e gli ex-partner, nulla cambia di fatto. Si tratta di violenze agite prevalentemente da persone in forte relazione con la donna, dirette ad esercitare e a mantenere una relazione improntata al controllo e alla sopraffazione sulla partner.
Molto raramente, invece, è un conoscente, un collega o un amico e quasi mai un estraneo. Nell’anno 2021 emerge, tuttavia, un incremento a favore di amici e conoscenti (1,6% in più).

L’età del maltrattante è compresa prevalentemente (40,9%) nella fascia tra 30 e 59 anni e quasi nulla è la percentuale di giovani sotto i 18 anni. Il lieve decremento rispetto al 2020 (44,4%) nella fascia 30-59, riguarda in particolare la flessione della fascia di età compresa tra i 40 e i 49 anni. La percentuale alta di “non rilevato” (45% circa) per questo dato risiede nella centralità della donna nel percorso di uscita dalla violenza.

Una donna su tre (31,9% tra disoccupate, casalinghe e studentesse) è a reddito zero, in linea con il 2020 (32,9%) e il 2019 (33,8%). Il 37% (tra occupate e pensionate) può contare su un reddito sicuro. Nella fattispecie, in Sicilia solo il 20% delle donne risulta occupata mentre il 24% è disoccupata.

Il problema della mancata denuncia

Resta, infine, il problema della mancata denuncia. Soltanto il 28% delle donne accolte decide di denunciare, percentuale che rimane sostanzialmente costante negli anni. Ma per l’associazione non è un dato che stupisce: “La vittimizzazione secondaria da parte delle Istituzioni che entrano in contatto con le donne (servizi sociali, forze dell’ordine, tribunali ecc.) continua a frenare l’avvio di un rapporto di fiducia con le donne che intendono rivolgersi alla giustizia. L’attività dei centri si sostiene per gran parte sul lavoro volontario delle attiviste, di cui solo il 33, 3% è retribuito, anche a causa della scarsità e non strutturalità dei fondi”.

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