L’elaborazione dati Istat dell’Unc: nell’Isola registrato un +9,4% contro il +7,9% della media italiana. In media le famiglie siciliane spenderanno 1.757 euro in più in un anno
PALERMO – La vita è sempre più cara per i siciliani. L’inflazione continua a salire e per molte famiglie questo significa ritrovarsi alla soglia della povertà, quando fino a pochi mesi fa riuscivano a sbarcare il lunario.
In Sicilia rincaro medio annuo di 1.757 euro a famiglia
La Sicilia registra, secondo i dati resi noti dall’Istat relativi alle regioni e ai capoluoghi con più di 150 mila abitanti, ed elaborati dall’Unione nazionale consumatori, un rincaro annuo per la famiglia media di 1.757 euro, che in percentuale si traducono in un valore del 9,4%.
L’isola, che si pone ben sopra la media italiana, ferma al 7,9%, che si traduce in un aggravio di 1.717 euro, è seconda soltanto al Trentino Alto Adige, che sale al 9,7% e a ben 2.521 euro di aumento di spesa. La regione in cui sarà possibile risparmiare di più è il Molise, fermo al 6,9% e 1.263 euro, insieme alla Puglia, con il 7,9% e 1.279 euro di spesa in aggiunta. Le regioni più costose, insieme al Trentino Alto Adige, sono la Lombardia, (7,7% e 2.001 euro) e il Veneto (8,5% e 1.946 euro).
A Catania 1.954 euro in più, a Palermo 1.946
Se si guarda alle singole città, invece, su un totale di 32 città prese in considerazione, Catania e Palermo danno del loro peggio, ponendosi al secondo e terzo posto, in termini percentuali, segnando, rispettivamente, aumenti del 9,9% e del 9,8%, dietro soltanto a Bolzano, che sale al 10%. In termini monetari, a Catania si spenderanno 1.965 euro in più, mentre a Palermo si spenderanno 1.946 euro in più a famiglia.
Si tratta di una differenza di oltre 200 euro rispetto alla media italiana, che non sono pochi per famiglie che si trovano già a dover tenere ben sotto controllo i cordoni della borsa per arrivare a fine mese. Messina, invece, nonostante una percentuale ben alta, del 9%, si pone perfettamente nella media nazionale nella traduzione dei numeri in denaro sonante.
La città in cui i rincari saranno minori, a livello nazionale, è Campobasso, con 1.263 euro, seguita da Catanzaro, con 1.326 euro, e Bari, a 1.354 euro. Le città più costose si trovano tutte nel Nord della penisola: Bolzano, in cui il rincaro si concretizzerà in 2.658 euro, Trento, con 2.486 euro e Milano, con 2.199 euro. Al quarto posto Bologna (+8,6%, +2.145 euro), poi Brescia (+8,1%, 2.136 euro), in sesta posizione Ravenna (+8,8%, +2.127 euro), poi Verona (+9,1%, 2.118 euro), Padova (+8,7%, +2.025 euro) e Firenze (+8,6%, +2.006 euro). Chiude la top ten Perugia, +8,6%, pari a 1.976 euro.
“Al di là dell’impercettibile calo su giugno, quando l’inflazione media nazionale è arrivata all’8%, sale il carrello della spesa, colpendo i consumi obbligati non rinviabili. Un record pari al +9,1% di cui avremmo fatto volentieri a meno” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.
L’inflazione a +7,9%, secondo i dati elaborati dall’Unc, significa, per una coppia con due figli, una stangata complessiva, in termini di aumento del costo della vita, pari a 2.625 euro su base annua, ma di questi ben 769 se ne vanno solo per prodotti alimentari e bevande e 795 per il carrello della spesa.
Per una coppia con un figlio, la mazzata totale è pari a 2.437 euro, 694 euro solo per cibo e bevande, 721 per il carrello della spesa. In media per una famiglia il rialzo annuo è di 2.036 euro, 564 euro per mangiare e bere, 585 per il carrello. Il record spetta alle famiglie numerose con più di 3 figli, con una batosta pari a 2.946 euro, 919 solo per il cibo, 944 per i beni alimentari e per la cura della casa e della persona. Una condizione molto preoccupante.
Per molte famiglie si tratta di un rincaro ben superiore alle entrate familiari di un intero mese, e il rischio è che molti si ritrovi a dover logorare pesantemente quel margine di risparmio necessario per superare i possibili imprevisti che si presentano.