L’ennesima mazzata per un Comune che si stava lentamente trascinando fuori dal dissesto finanziario. I cittadini temono nuovi aumenti dei tributi e un ridimensionamento dei servizi
TAORMINA (ME) – Proprio quando il Comune sembrava avviato a risollevarsi dallo stato di default finanziario, un anno dopo la dichiarazione di dissesto, la crisi energetica internazionale rischia adesso di far ripiombare la Perla nello spettro del fallimento.
Una fattura di quasi 590 mila euro è stata recapitata nei giorni scorsi a Palazzo dei Giurati per la fornitura elettrica di un solo trimestre, da maggio a luglio di quest’anno, così come avvenuto in tanti altri Comuni del Belpaese. “Senza un intervento dello Stato a sostegno dei Comuni che stanno andando in grave sofferenza – ha detto il sindaco di Taormina, Mario Bolognari – c’è il rischio che i costi energetici facciano saltare i conti del 2022 e che a pagare siano ancora una volta imprese e famiglie”.
In questo modo il primo cittadino ha voluto lanciare un serio monito al Governo nazionale, di fronte a bollette che, per la sola energia elettrica, potrebbero arrivare a costare a Taormina almeno 2 milioni e mezzo l’anno. Costi che Palazzo dei Giurati faticherà a sostenere, in quello che è già stato considerato l’anno zero per le casse comunali.
Appena lo scorso giugno era stato approvato il cosiddetto Schema di bilancio stabilmente riequilibrato 2021/2023 (delibera numero 148), un documento propedeutico alla ripartenza dell’Ente, dopo la dichiarazione di dissesto finanziario che il Consiglio comunale aveva deliberato il 22 luglio del 2021. Un passaggio storico che ha portato a Taormina un triumvirato di commissari regionali, nominati con lo scopo di ripianare la situazione debitoria che, dopo le dovute verifiche e l’avviso pubblico rivolto ai creditori, ha riconosciuto un passivo di circa 63 milioni di euro. Molto più dei 27 milioni in debiti fuori bilancio fino a tutto il 2020, che avevano contribuito alla dichiarazione di dissesto, dopo che la Corte dei Conti aveva deciso di bocciare il Piano di riequilibrio finanziario.
A gonfiare il debito taorminese da molti anni è sicuramente la contesa legate con la ex Impregilo, oggi WeBuild, che avanza richieste per circa 36 milioni di euro in diversi gradi di giudizio, scaturiti dopo la costruzione dei parcheggi Lumbi e Porta Catania, attorno a questioni inerenti alla regolare esecuzione dei lavori. L’altro grande cancro per le casse comunali è invece una pluriennale e risaputa incapacità di riscuotere i tributi – stimata al di sotto del 47% – che ha determinato un livello di residui attivi fino al 2020, che superano i 41 milioni di euro, ai quali bisogna sommare altri 7 milioni di euro da recuperare dall’evasione di tributi locali, per ciascun anno dal 2021 al 2025. Insomma, un lavoraccio per la società di recupero crediti incaricata dal Comune, la Sorget Spa, che ha iniziato a notificare la riscossione coattiva di Imu e Tari nei confronti di quasi trecento debitori, per almeno 6 milioni di euro.
Per un Comune già alle prese con grossi problemi di squilibrio economico dunque, lo spettro della crisi energetica, con i conseguenti rincari che iniziano a prendere forma, rischia davvero di far saltare nuovamente il banco e di portare la città al fallimento, con gravi ripercussioni nei confronti dei cittadini, ai quali verrebbero meno i servizi essenziali, oltre al continuo aumento dei tributi locali, del resto già visibilmente aumentato dopo il commissariamento dei bilanci.
La patata bollente passerà a breve nelle mani dei nuovi Governi, regionale e nazionale, ma per Taormina è quasi una questione di vita o di morte, se si considera anche che il caro energia sta mettendo contestualmente in ginocchio la principale economia del comprensorio, il settore ricettivo dove, secondo Federalberghi, è stata stimata la cifra record di 120 mila euro per struttura in costi energetici.
Twitter: @MassimoMobilia