La fotografia dell’isola nel report Nomisma-Coop: tra ricadute Covid, guerra e caro energia, i prezzi sono alle stelle. Palermo, Catania e Messina sono tra le città italiane più colpite
PALERMO – La vita sta diventando sempre più costosa, soprattutto in Sicilia. Molte famiglie si trovano costrette a fare i conti per arrivare a fine mese, mese per mese. È un quadro che emerge con chiarezza dai numeri del rapporto Coop 2022 e da Nomisma, società che realizza ricerche di mercato e consulenze, rivolgendosi ad imprese, associazioni e istituzioni pubbliche.
A giugno 2022, Palermo, insieme a Bolzano, sono le provincie con il tasso di inflazione su base annua più alto della penisola, arrivato al +9,7%. Subito a seguire, troviamo Catania, appena sotto al +9,6%; al quinto posto, Messina, al +9,2%. Si tratta di circa due punti percentuali in più rispetto alla media nazionale, che si ferma al +7,8%, e di oltre 3 punti percentuali rispetto alle città meno costose d’Italia, che sono Lodi, che si ferma al +6,2%, Cuneo, a +6,4%, e Campobasso, a +6,5%.
Si tratta di una situazione che è esplosa a seguito, prima dell’emergenza sanitaria, delle restrizioni necessarie per cercare di limitare la diffusione del Covid 19, con tutte le conseguenze economiche note a tutte, e dopo, dalla guerra in Ucraina, che ha portato al caro energia, che si è abbattuto su tutti i settori economici e sui consumatori finali. Un circolo vizioso, quindi, che ha portato ad un aumento dei prezzi e ad una contrazione della domanda di beni. È indicativo come l’inflazione registrata a 2022 sia la più alta dal 1985, quando era arrivata a +9,2%.
La conferma di questi dati arriva anche dall’Istat che da mesi ormai pone la Sicilia tra le regioni con il maggior tasso di inflazione. Sulla base dei dati resi noti relativi alle regioni e ai capoluoghi con più di 150 mila abitanti, ed elaborati dall’Unione Nazionale Consumatori, c’è stato un rincaro annuo per la famiglia media di 1.757 euro, che in percentuale si traducono in un valore medio del 9,4%. In termini monetari, a Catania si spenderanno 1.965 euro in più, mentre a Palermo si spenderanno 1.946 euro in più a famiglia.
Si tratta di una differenza di oltre 200 euro rispetto alla media italiana, che non sono pochi per famiglie che si trovano già a dover tenere ben sotto controllo i cordoni della borsa per arrivare a fine mese. Messina, invece, nonostante una percentuale ben alta, del 9%, si pone perfettamente nella media nazionale nella traduzione dei numeri in denaro sonante.
Ancora più significativo, l’andamento degli ultimi 12 mesi: nel 2021 la media nazionale si fermava a +1,9%. E ancora non è dato sapere quale sarà l’andamento nei prossimi mesi. Se si distingue per settore, quella di oggi è l’inflazione più alta dal 1980 per abitazione, acqua, elettricità, gas e combustili vari, dal 1984 per i trasporti, dal 1986 per prodotti alimentari e bevande, dal 1995 per mobili e casa, dal 2011 per abbigliamento e calzature.
L’aumento dell’inflazione si abbatte naturalmente principalmente sulle classi meno abbienti, andando ad approfondire ulteriormente la voragine che divide i ricchi dai poveri. Se da una parte cresce il mercato del lusso, anche grazie ai social media, che presentano una immagine della vita piuttosto patinata e distante dalla realtà di molti, nella penisola la classe media è sempre più in difficoltà, con stipendi fermi ormai da anni e una capacità d’acquisto sempre più ridotta: ben 24 milioni di italiani che nel 2022 hanno sperimentato almeno un disagio, mentre l’area della povertà vera e propria è enormemente cresciuta, giungendo a ben 6 milioni nell’ultimo anno.
Ben il 48% degli intervistati per il rapporto Coop dipinge il futuro come instabile e precario, dichiarando la propria intenzione di austerità per le grandi spese (non si comprano le auto, né gli elettrodomestici, si rimanda a data a destinarsi l’acquisto della nuova casa) sia per le piccole rinunce al superfluo di tutti i giorni. Se la stagione estiva è stato per alcuni momento di “relax” anche consumistico, i più avveduti (68%) non si sono lasciati prendere dalla sbornia estiva e hanno già avviato il loro personale programma di risparmio, il 17% dichiara invece l’intenzione di farlo con l’arrivo dell’autunno.
D’altronde anche lavorare non basta più e il lavoro è sempre più povero; nel rapporto tra costo della vita e stipendi medi, l’Italia è il fanalino di coda tra le principali economie europee. Gli italiani vivono con un salario mediamente più basso del 33% rispetto a quello dei tedeschi, che hanno un costo della vita equiparabile al nostro, mentre guadagniamo come gli spagnoli che hanno un costo della vita del 19% inferiore. Parlando di cifre e non di percentuali, sono 900 mila in Italia oggi i lavoratori che guadagnano meno di 1.000 euro al mese, il doppio rispetto a 15 anni fa. Quel che è certo è che la vita è sempre più cara per i siciliani.
L’inflazione continua a salire e per molte famiglie questo significa ritrovarsi alla soglia della povertà, quando fino a pochi mesi fa riuscivano a sbarcare il lunario.