L'ex governatore della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, dovrà risarcire le casse dell'Ente regionale per le azioni illecite commesse.
L’ex governatore siciliano, Raffaele Lombardo, dovrà risarcire le casse della Regione per la nomina e la successiva riconferma di Patrizia Monterosso come segretario regionale dell’Ente, poiché le azioni sono ritenute “illecite”.
Si tratta del verdetto emesso dai giudici delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, presieduti da Biagio Virgilio, che hanno confermato la condanna al fondatore dell’Mpa. Lombardo è stato condannato a risarcire la somma di 52mila euro.
Per la vicenda la Procura della Corte dei Conti aveva disposto la citazione in giudizio per 14 ex amministratori regionali per un danno erariale di 893.942 euro.
Condanna Lombardo, gli altri soggetti coinvolti
Erano stati citati in giudizio, insieme a Lombardo, gli ex assessori Alessandro Aricò, Accursio Gallo, Beppe Spampinato, Daniele Tranchida, Amleto Trigilio e Marco Venturi.
Con Rosario Crocetta anche Mariella Lo Bello, Vania Contrafatto, Giovanni Pistorio, Bruno Marziano, Baldo Gucciardi e Luisa Lantieri.
Parte della richiesta – circa 576mila euro – è andata in prescrizione. Oltre a Raffaele Lombardo i giudici della Corte d’appello avevano condannato anche l’ex presidente Rosario Crocetta a risarcire 106mila euro.
Gli ex assessori della giunta Lombardo (Aricò, Gallo, Spampinato, Tranchida, Trigilio, Venturi) dovranno pagare a testa 8mila e 600mila euro. Gli ex assessori di Crocetta (Lo Bello, Contrafatto, Pistorio, Marziano, Gucciardi e Lantieri) dovranno sborsare 17.750 euro ciascuno.
L’origine del procedimento
Il procedimento era nato dopo varie segnalazioni e, in particolare, a seguito di una denuncia del Dirsi, il sindacato dei dirigenti regionali.
Nell’atto di citazione la Procura argomenta “l’evidente fondatezza” dell’esposto, “agevolmente constatabile da una serena lettura della normativa di riferimento”.
Si tratta della “legge Brunetta” che vincola la nomina di un soggetto esterno alla Pubblica amministrazione all’assenza di “professionalità equivalenti” nei ruoli interni, della quale le giunte di Lombardo e di Crocetta avrebbero operato una “rimozione”.