Una Sicilia sempre più povera e spopolata, servono riforme e non un Governo "chiuso nel suo Palazzo Reale).
I dati hanno la freddezza dei numeri. In Sicilia oltre un milione di persone, su quasi 4 milioni e mezzo di abitanti, è sulla soglia di povertà. I redditi di cittadinanza, che certificano in maniera notarile questo stato di esclusione da un modello di società del lavoro, sono oltre 700mila.
In questo momento ci sono centinaia di migliaia di famiglie monoreddito, vista la scarsa opportunità di lavoro delle donne siciliane, che vivono con 1.100/1.200 euro mese. Queste famiglie vengono oggi tassate da una tassa piatta che si scarica sul loro potere di acquisto di beni e servizi. Si chiama inflazione e pesa sulle famiglie siciliane per una quota del 15%. Si perdono in pratica 180 euro al mese. Se non arrivavano alla quarta settimana del mese ora si mette a rischio la terza.
Questo ha fatto crollare il commercio dei beni e dei servizi non ritenuti di strettissima necessità, con ripercussioni enormi sul terziario dell’isola, con via Roma a Palermo, via Etnea a Catania, via Garibaldi a Messina, che sono piene di botteghe sfitte e vuote. A breve quel milione di poveri, che ci dà il triste primato su questa dinamica sociale, è l’unico dato in fortissima crescita, soprattutto dopo due anni di pandemia e quasi uno di guerra.
In tutto questo scenario economicamente e socialmente devastante, la politica isolana complessivamente sembra refrattaria, chiusa nel suo Palazzo Reale. La Sicilia ha bisogno di riforme urgenti e improcrastinabili, che bisognano di maggioranze larghe, ma nel Palazzo questa parola è scomparsa da tempo. È come se la politica avesse un glaucoma, e vedesse la realtà di famiglie e imprese come ombre indistinte, senza il loro carico di umanità, di problemi e di non rinviabili soluzioni. Cosa può fare in Governo di minoranza o maggioranza relativa episodica? Può galleggiare senza navigare.
E l’elezione diretta condanna, diversamente dal Governo nazionale che è parlamentare, a volte a una crisi strutturale permanente. Il Governo Musumeci negli ultimi due anni ha vissuto su minacce di dimissioni continue. E questo Governo, appena iniziato, ha già ventilato due volte la parolina che serve a far spaventare gli eletti. Il problema è che quelli spaventati per il loro futuro non sono gli eletti, ma gli elettori.
Ci sono generazioni che fuggono, con il loro patrimonio di investimenti in capitale umano, ci sono interi paesi che si svuotano. Facciamo acqua da tutte le parti. E lì in quello stagno d’acqua malmastra la papera della politica siciliana è intenzionata a galleggiare. Senza uno scatto di reni, uno slancio di idee e di ambizioni collettive, solo interessi di singole persone, senza capacità di mediare, senza cultura politica. La Sicilia è povera, poverissima Sicilia.
Cosi è se vi pare.