Forum con Roberto Lagalla, assessore regionale Istruzione e Formazione professionale
Assessore come pensa di rivedere il sistema della formazione professionale in Sicilia?
“Quello di cui questo assessorato dovrebbe prendersi cura è il percorso educativo complessivo dei giovani siciliani, dalla scuola materna fino all’Università, passando anche dalla formazione professionale sostitutiva dell’obbligo scolastico. Come strategia di assessorato abbiamo scelto di lavorare a stretto contatto con l’assessorato al Lavoro, alle Politiche sociali e alla Famiglia, costituendo un tavolo tecnico permanente al quale siedono settimanalmente tanto i capi di gabinetto dei due assessori quanto i dirigenti generali dei due assessorati. Questo per far sì che la programmazione delle attività possa essere coordinata e riesca a risolvere lo strabismo che ha fatto sì che in Sicilia, sul tema della formazione professionale, si sia confusa la premessa con l’obiettivo. L’obiettivo era quello della crescita delle competenze e del traghettamento verso il mondo del lavoro e, invece, sembra diventato quello di mantenere in vita un sistema non idoneo a garantirne il raggiungimento. Gli enti di formazione hanno una loro funzione specifica e i lavoratori il diritto a una tutela sociale, ma questo non può diventare l’obiettivo primario dell’azione dell’assessorato né del concetto di formazione”.
Quanti sono, attualmente, i formatori?
“A oggi vi sono 8.500 formatori: il censimento lo stiamo riavviando con la speranza che, nel prossimo futuro, di albi non si debba più parlare, perché i formatori, che devono rispondere a esigenze sempre crescenti e differenziate in termini di risposta formativa, dovranno essere reclutati attraverso requisiti da fissare all’interno dell’accreditamento. L’adeguamento e l’aggiornamento non hanno interessato tutti, il livello qualitativo non sempre è stato eccellente. Ciò ha contribuito a determinare lo scollamento tra la formazione e il lavoro, ripetendo costantemente gli stessi corsi. Esistono invece altri segmenti, come le energie rinnovabili, il turismo relazionale, l’agroalimentare, il recupero di antichi mestieri artigianali e tutta una serie di esigenze rappresentate dal mondo della produzione che fino a oggi non hanno sempre trovato risposta nella formazione”.
Si darà più spazio alle esigenze delle imprese, a ciò che il mercato del lavoro richiede?
“Esiste un’esigenza dell’impresa che guarda a competenze professionali sempre più specialistiche, talmente specialistiche che per qualunque sforzo si faccia, non sempre il modello formativo tradizionale è in condizioni di soddisfarle. Stiamo pensando a promuovere corsi di formazione ideati direttamente dalle aziende secondo loro necessità, da noi approvati e finanziati, finalizzati all’erogazione da parte dell’azienda di contratti di apprendistato. Se questo contratto dovesse trasformarsi in una assunzione a tempo indeterminato, è nostra intenzione procedere a una restituzione parziale dei costi sostenuti dall’azienda per i contratti di apprendistato. Nell’immediato abbiamo fatto partire la formazione per l’obbligo formativo sostitutivo a quello scolastico (avviso 1/2018), a fine febbraio contiamo di rimettere in moto la formazione tradizionale, attraverso un bando a catalogo, dove le qualifiche professionali siano state aggiornate anche rispetto alle proposte del mondo dell’impresa e della produzione. Categorie che abbiamo incontrato come partenariato economico sociale il 18 gennaio, chiedendo loro di proporre l’inserimento qualifiche professionali, attraverso uno specifico format. Contiamo anche di ridefinire i criteri che attengono alla qualità del processo formativo, i criteri di accreditamento, di rivedere la legge 24/76 e le linee programmatiche del fondo sociale europeo e su questa revisione fare partire, auspicalmente entro la fine del 2018 o l’inizio del 2019, il bando destinato alla formazione in azienda”.
Cosa si farà per i dipendenti degli enti di formazione che non sono preparati a insegnare le nuove materie?
“C’è una platea di 8.500 persone: di questi 1.800 sono sportellisti per l’impiego e sono di competenza dell’assessorato al Lavoro. I formatori sono 6.700 circa. Di questi, il 53% sono formatori, il 47% amministrativi. Tale bacino sarà richiamato verso le attività formative tradizionali che abbiamo inserito nel bando, e a questo personale che sarà stato riassorbito saranno indirizzate attività di riqualificazione e di aggiornamento, che renderemo obbligatorie per gli enti di formazione. Per la restante quota che non sarà riassorbita, stiamo lavorando a una forma di prepensionamento, in accordo con il ministero del Lavoro, che attende i dati del censimento e per questo abbiamo già accantonato 30 milioni di euro. Gli amministrativi e i tecnici (circa 500) dovrebbero essere riconvertiti nell’industria digitale. Per i restanti 1.000/1.500 stiamo pensando, insieme all’ufficio scolastico regionale, a un’importante azione legata al mondo della scuola per l’allungamento del tempo scolastico nelle ore pomeridiane, soprattutto nelle aree a maggiore rischio di dispersione scolastica regionale. La legge sul diritto allo studio è una priorità per questo Governo, però occorrono i soldi. È necessario lavorare alla legge subito dopo l’approvazione del bilancio 2018. Richiederò in quella sede un’implementazione delle voci di bilancio, che sono destinate al mantenimento dei diritti essenziali degli studenti siciliani: non possiamo continuare a essere l’ultima regione italiana per numero di borse di studio destinate agli universitari”.
Che controlli avvengono sull’edilizia scolastica in Sicilia e com’è possibile adeguarla alle norme?
“Soltanto 1.000 istituti circa su 4.000 hanno una certificazione antisismica. Abbiamo necessità di accertare la capacità statica di questi edifici e lo stiamo facendo attraverso un bando già esitato di circa 30 milioni di euro. Hanno risposto 1.200 scuole, ne mancano 1.800 per le quali stiamo preparando un secondo bando. Avremo disponibili entro l’anno circa 300 milioni di euro per l’adeguamento delle strutture scolastiche, tra trasferimenti statali, risorse regionali del Po Fesr che, se tutti tempestivamente impegnati, consentiranno un riqualificazione significativa delle scuole. Gli Enti locali non sono in condizione di progettare, sia per la strutturazione dei propri uffici tecnici, ma soprattutto per la mancanza di risorse da destinare alla progettazione. Stiamo cercando di trovare soluzioni coinvolgendo sia il Provveditorato alle opere pubbliche che il Genio civile, attraverso l’assistenza tecnica di neolaureati da assumere con contratti di apprendistato, per aiutare i Comuni a fare i progetti. L’idea è quella di fare un bando col fondo sociale europeo, per una attività di apprendistato destinata a giovani laureati in ingegneria e architettura, ottenendo il duplice risultato di creare lavoro e di aiutare i Comuni a realizzare i progetti di ristrutturazione e manutenzione delle sedi scolastiche”.