Nonostante le gravissime carenze della sua Zona industriale, Catania continua ad attrarre capitali, con importanti investimenti di Enel Green power e StMicroelectronics
Miopia, incapacità, incompetenza, strafottenza… Ci sono tanti aggettivi per descrivere l’atteggiamento della politica degli ultimi 40 anni nei confronti della zona industriale di Catania, un bacino che vale un quarto del pil dell’intera isola. Scontato il peccato originale che ha spinto gli amministratori di 60 anni fa a realizzare una zona produttiva in un’area chiamata Pantano D’Arci che già dal nome doveva far capire in quale vicolo cieco ci si era infilati per via delle innumerevoli alluvioni che sistematicamente hanno interessato la zona, nessuno, o pochi in verità, nel corso dei decenni che si sono succeduti si è reso conto che quell’area, considerata solo e sempre una appendice della città, era il vero polmone produttivo di mezza Sicilia.
Si è quindi andati avanti con interventi tampone, con milioni spesi in interventi idraulici non risolutivi, con mea culpa battuti in petto da tutti i politici a ogni nuova alluvione della zona, con i torrenti incanalati in alvei irrisori, con canali mai puliti con attenzione ogni anno all’approssimarsi della stagione delle piogge, con interventi irrisori per la regimentazione delle acque, per non parlare delle strade, dell’illuminazione carente o in alcuni tratti inesistente e della sicurezza.
Nonostante questo disastro causato anche da una frammentazione delle competenze tra Asi, Irsap e Comune, finalmente recentemente la dirigenza è stata assegnata quasi del tutto al Comune, con una quota marginale di responsabilità della Regione e qualcosa si è cominciata a vedere. Ma si procede sempre troppo lentamente, con alcune marce del gambero, e ritorni al passato, per di più oggi con un vuoto istituzionale che ha colpito il Comune capoluogo, dovuto alla questione del commissario non commissario.
Eppure l’inserimento dell’area sviluppo industriale di Catania nella Zes segna un passo fondamentale e importante perché la zona industriale diventi davvero volano di investimenti e produttrice di nuovo lavoro per i tanti giovani che non vogliono andare via. Per il prof. Rosario Faraci, docente all’Università di Catania di Economia e gestione delle imprese “è tempo che la città, i suoi ambienti sociali e culturali, i giovani delle scuole e dell’Università si interessino di più della zona industriale di Catania…La sentano parte integrante del territorio”.
Cosa intende il professore? Che un’area che già vanta multinazionali come la St, la Pfizer ed Enel green power e tante altre non può essere lasciata sola in questa sfida con altre aree del Mediterraneo e del Nord. Deve essere supportata e sentirsi parte integrante de tessuto urbano, per produrre quella ricchezza che in passato è mancata anche per la miopia, per non dire la sciatteria e la poca capacità, di una classe politica volta più al proprio tornaconto che al bene comune.
Saranno i prossimi anni quelli della vera svolta? Solo i fatti lo diranno… ma intanto ci sono segnali positivi che dimostrano come, nonostante l’incuria e il pressappochismo, le grandi multinazionali restano interessate a un’area dalle enormi potenzialità, con un aeroporto che nel 2022 è tornato ai livelli pre-pandemia, sfondando di nuovo il tetto dei 10 milioni di passeggeri, destinato secondo i piani dell’Enac a svolgere il ruolo di “Hub del Mediterraneo”.
E infatti la Zona industiale, pur con tutti i limiti sopracitati, ha attirato nuovi importanti investimenti. Su tutti si segnalano quelli di Enel Green power, che ha programmato una spesa di 600 milioni di euro per realizzare la più grande fabbrica del sole d’Europa – quella Giga factory celebrata recentemente anche dalla presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen – che a regime permetterà di produrre celle fotovoltaiche ad eterogiunzione (l’ultimo ritrovato tecnologico in termini di cattura dell’energia solare) per una capacità pari a 15 volte quella attuale. Creerà almeno mille posti di lavoro.
Non solo rinnovabili. Un altro big player dell’industria punta ancora sull’area di Pantano d’Arci: è la StMicroelectronics, che ha previsto un investimento di 730 milioni in cinque anni con 700 nuovi occupati. Il colosso statunitense punta a costruire un impianto integrato per la produzione di substrati in carburo di silicio (Sic) così da supportare la crescente domanda che arriva dai settori industriali, in particolare quello dell’automotive, che puntano sempre di più sull’elettrificazione.
In questo quadro suona come una nota stonata l’occasione persa di Intel, che avrebbe potuto ulteriomente dare nuova linfa a un’area che vive in un perenne contrasto tra la laboriosità delle imprese e l’inefficienza dei soggetti deputati alla tutela del territorio.
Qualcosa si muove
Sebbene la Zona industriale continui a versare ampiamente in condizioni indecorose, alcuni interventi sono stati effettuati da quando la gestione è passata sotto la supervisione del Comune. Come ha comunicato l’Amministrazione a Confindustria, sono stati portati a termine il rifacimento delle strade nell’area Zic con fondi, 1,5 milioni, del Patto per Catania (lavori peraltro conclusi nel 2020). Inoltre sono stati effettuati interventi di riqualificazione degli impianti di pubblica illuminazione con orientamento al risparmio energetico, telecontrollo e sicurezza territoriale. Conclusi anche i lavori di messa in sicurezza e innovazione della Via Anfuso. In corso di realizzazione c’è invece la riqualificazione dei tratti della rete idrica potabile ed industriale e relativo telecontrollo. Un’altra opera già partita è quella relativa al – Centro Servizi integrati per le Imprese e alla Caserma provinciale dei Carabinieri. In corso di progettazione c’è invece la riqualificazione, il potenziamento e le nuove tecnologie della rete viaria della zona industriale con rifacimento delle sedi stradali dei blocchi sud e rifacimento della rete di pubblica illuminazione e ripristino della funzionalità dei canali di raccolta delle acque meteoriche.Le opere sono state finanziate con i 10 milioni stanziati dalla Regione.
Resta da capire a che punto si è con la rotonda che dalla tangenziale collega l’aeroporto. Sono anni che l’opera è in corso di realizzazione con fondi dell’Anas. Stupefacente la lentezza di questi lavori che comunque, fnalmente, dovrebbero essere davvero in dirittura d’arrivo. Ma il condizionale in questi casi è d’obbligo.
Rosario Faraci, ordinario di Economia all’Unict
“Tutta la città si occupi della Zona industriale”
“È tempo che la città, i suoi ambienti sociali e culturali, i giovani delle scuole e dell’Università si interessino di più della zona industriale di Catania. La sentano come parte integrante del territorio e non come una appendice del tessuto urbano a caratterizzazione aziendale”. Lo sostiene il prof. Rosario Faraci, docente all’Università di Catania di Economia e Gestione delle imprese. Faraci senza usare mezze frasi dice chiaramente che la ripresa economica e sociale della città passa anche e soprattutto attraverso una maggiore attenzione delle istituzioni verso l’area produttiva dell’area della Sicilia orientale, che con la Zes può essere un nuovo trampolino di lancio per una economia solida che dia prospettive future alle nuove generazioni. “Questa nuova attenzione della città – ha aggiunto il professore – servirebbe da pungolo per la politica”.
“La zona industriale – ha proseguito – è un importante polmone economico della Sicilia, vale almeno il 15% di tutto il Pil regionale, al suo interno vi operano aziende multinazionali come STM ed Enel Green Power che sono tra i più importanti datori di lavoro nell’isola. Altri ne potrebbero arrivare”.
Cosa si fa per attrarli?
“Oltre all’impatto economico, c’è anche quello sociale. Per i flussi giornalieri di persone e mezzi verso e dalle fabbriche e dai magazzini, la zona industriale è un grande generatore di traffico veicolare giornaliero sulla tangenziale di Catania. Ci sono efficaci alternative di trasporto pubblico ad oggi? Non mi risulta. Altre alternative per la logistica industriale? Al momento, ci sono solo programmi (vedi Interporto) ma non immediate soluzioni. E non dimentichiamo che lo stato di degrado delle strade interne all’area di Pantano d’Arci genera valanghe di ‘costi impropri’ per lavoratori, fornitori, clienti, autotrasportatori e corrieri: disagi legati alla impossibilità a programmare tempi di carico, scarico e consegna merci, disagi legati alla manutenzione straordinaria dei veicoli danneggiati dalla irregolarità del manto stradale, disagi per incidenti più seri, disagi legati ai ritardi temporali causati dall’impraticabilità delle strade durante il maltempo e via discorrendo. E oltre ai disagi, i rischi. Ritengo dunque che ci sia più di un buon motivo perché la politica a tutti i livelli si occupi dell’area industriale di Catania con più senso di responsabilità”.
Antonello Biriaco, presidente di Confindustria Catania
“Lontani dalla normalità infrastrutturale che chiede chi vuole investire da noi”
“Il nuovo commissario e il nuovo sindaco che verranno devono occuparsi maggiormente dei problemi della zona industriale, a maggior ragione adesso che è stata riconosciuta tra le Zes”. Un messaggio forte e chiaro alla politica locale e regionale arriva dal presidente di Confindustria Catania, Antonello Biriaco che non lascia spazio alle interpretazioni e ai tanti alibi, sull’abbandono dell’area produttiva, delle tante classi dirigenti che si sono succedute nei palazzi della politica nel corso degli ultimi decenni. Biriaco va già duro per raffigurare cosa è accaduto in tutti questi lustri persi a causa della politica di istituzioni spesso assenti, che hanno giocato anche a scaricabarile per quella moltitudine di competenze di vari enti che alla fine è stata utilizzata come scusa per il degrado dell’area produttiva della città. Ora qualcosa sembra stia cambiando e anche il rappresentante degli industriali parla e spera che si sia imboccata la strada giusta.
“Dobbiamo ammettere – esordisce Biriaco – che il Comune, con l’accorpamento delle competenze in materia di gestione della zona industriale, ha stilato recentemente un cronoprogramma di interventi che va verso il giusto iter. Ovviamente ci auguriamo che venga rispettato in toto”. “Noi – ha aggiunto – abbiamo avuto sempre una interlocuzione diretta con tutti gli ex assessori comunali che hanno mostrato una capacità di interloquire in maniera diretta e costruttiva. Ma da qui a dire che i problemi dell’area industriale sono risolti si farebbe peccato. Si tratta di problemi atavici e difficili da risolvere, partendo dal peccato originale di avere insediato una zona produttiva in un pantano, quello denominato D’Arci. Ma su alcuni allagamenti, alcuni dei quali molto violenti, che si sono registrati negli anni, se ci fosse stato un adeguato sistema di drenaggio e di pompaggio delle acque non ci sarebbero strati i disastri che abbiamo registrato. Quindi è arrivato davvero il momento di cambiare rotta perché siamo ancora ben lontani da quella normalità infrastrutturale che chiede un imprenditore che viene ad investire da noi”.
“Dobbiamo constatare – ha proseguito Biriaco – che nonostante l’errore enorme iniziale di frammentare le competenze che ha costretto per decenni quest’area a vivacchiare, ora finalmente è stato deciso di trovare un unico ente interlocutore e gestore e le cose sembra stiano andando meglio. Per questo Confindustria lancia un chiaro messaggio ai nuovi amministratori catanesi che verranno per dire che bisogna adesso cambiare davvero pagina nella gestione dell’area”. “Certo qualcosa – aggiunge – è stata fatta. Nelle strade più trafficate dove ci sono gli insediamenti più importanti, le strade sono state rifatte. Lo stesso per l’illuminazione. Ma è ancora troppo poco per sostenere che l’abbandono e il degrado sono alle spalle”
La Cisl avanza il sospetto che il mancato insediamento della Intel a Catania possa essere stato deciso anche per l’abbandono della zona industriale. Confindustria che ne pensa?
“Di ufficiale non c’è nulla. Noi comunque grazie alla recente istituzione della Zona economica speciale, adesso abbiamo maggiori attrazioni e le grosse multinazionali stanno investendo. Basti ricordare che nella nostra zona c’è la più grande e importante fabbrica di pannelli solari d’Europa, quella della Enel Green power. Per non parlare del nuovo stabilimento della St. Ci sono in ballo investimenti per miliardi di euro. Tutto questo purtroppo non coincide col nostro sistema infrastrutturale che è obsoleto e non adeguato alle sfide del futuro. Per questo Confindustria sollecita il nuovo sindaco che verrà ad avere quelle priorità sulla zona industriale che vale il 13 per cento del Pil dell’intera Sicilia”.
“Sarebbe ripetitivo superfluo e inutile ripetere che, alla luce del nostro territorio che sta diventando molto attrattivo, sarebbe opportuno e cosa buona e giusta pianificare una risoluzione graduale di tutti i problemi. Ma noi lo ribadiamo perché un’area industriale che è ridiventata appetibile non deve essere frenata dal disinteresse di una classe politica che invece deve pensare al bene comune”.
Maurizio Attanasio (segretario generale Cisl Catania) e Pietro Nicastro (segretario generale Fim Cisl Sicilia)
“Sospettiamo che Intel non sia venuta anche per colpa del degrado dell’area”
C’è un tarlo che rode nella testa del segretario generale della Cisl, Maurizio Attanasio e in quella del segretario generale della Fim Cisl Sicilia, Pietro Nicastro. Un pensiero perenne che porta sino alla nota vicenda della Intel, colosso internazionale che aveva messo gli occhi su Catania per aprire un grosso insediamento tecnologico nella Etna valley. Poi la questione si sa come andò. Ci si è messa di mezzo anche la politica – allora ministro allo Sviluppo Economico era Giancarlo Giorgetti – e alla fine la Intel optò per un grosso terreno alle porte di Torino. E’ stata una scelta logistica, magari decisa su pressioni del governo per scippare l’insediamento alla Sicilia. Oppure dietro ci sono anche altre vicende che portano direttamente al degrado della nostra area produttiva. Comunque lo scippo è stato molto duro e amaro anche per i sindacati come la Cisl che oggi avanzano il sospetto che la Intel alla fine abbia deciso per un lido al nord perché la zona industriale catanese è nel degrado e nell’abbandono.
Centianai di posti di lavoro “in fumo”
Sarà così? Probabilmente nessuno lo saprà mai, ma il tarlo resta. E i sindacati insistono perché sulla vicenda non è stata fatta chiarezza sino in fondo. “Sospettiamo che uno dei motivi perché Intel avrebbe preferito un sito al nord anziché il nostro sarebbe collegato al degrado della nostra area industriale – spiegano i segretari Attanasio e Nicastro. Un’area che non rispecchia i canoni che erano stati richiesti dagli emissari del grande colosso potrebbe essere stata al centro della decisione finale. Ora se questa vicenda fosse andata proprio come si vocifera in ambienti sia istituzionali che industriali, la politica che finora ha governato dovrebbe fare un enorme mea culpa per la perdita di un nuovo insediamento che avrebbe significato per Catania centinaia di nuovi posti di lavoro da aggiungere a quelli decisi da St ed Enel green power”.
“Purtroppo – ha proseguito il segretario Nicastro – nonostante i passi avanti con l’affidamento al Comune della gestione unica dell’area, continuano ad esserci alcuni punti che continuano ad essere abbandonati. E mi riferisco anche ai territori circostanti i grandi colossi produttivi che sono abbandonati e pieni di erbacce che d’estate diventano benzina per gli incendi. Per questo tutto il piano deve essere monitorato con cadenza periodica altrimenti, torno a ribadire, molte aziende non investiranno mai in questo territorio”.
Sulle iniziative che sono state adottate dopo l’accordo sulla gestione unica dell’area Attanasio aggiunge: “Al Comune di Catania è arrivato un altro finanziamento da 10 milioni di euro che va ad aggiungersi ai dieci precedentemente stanziati dalla Regione. Con i venti milioni in cassa, secondo un programma ben definito, dovrebbero essere realizzate alcune opere, come la caserma dei carabinieri, la pubblica illuminazione in diverse zone, la rete idrica e alcuni tratti stradali. Con i fondi del finanziamento regionale saranno aperti i cantieri, entro marzo-aprile per il rifacimento di alcune strade a blocco Giancata, blocco Terrazze e passo Martino oltre ad altre arterie vicine alla St. L’unico problema a momento riguarda il rischio idraulico. A tutt’oggi manca ancora un piano sul superamento di tutte le problematiche che si verificano ad ogni alluvione. Nessuno, né il Comune, né l’Asi e neanche la Regione ha finora commissionato uno studio sul dissesto idrogeologico. Noi invece siamo dell’opinione che il rischio maggiore che corre la zona industriale non è tanto quello delle strade dissestate e poco illuminate, ma quello delle continue alluvioni. Per questo diciamo basta agli interventi tampone. Qui ci vuole un piano dettagliato e molto ampio che risolva una volta per tutte una delle piaghe maggiori dell’intera zona produttiva. Se non si fanno questi interventi continueremo a dare la colpa dal meteo anziché prendercela con chi 60 anni fa fece l’errore di insediare un insediamento produttivo in una zona chiamata Pantano D’Arci”.
Il segretario Cisl punta il dito anche contro l’Irsap per l’assenza di interventi nelle aree di sua competenza. “La zona maggiormente malmessa del polo si trova nelle vicinanze della grande azienda di produzione di pannelli solari della Enel green power. Il nostro sindacalista di base della Enel green – ha concluso Attanasio – ha più volte denunciato la pericolosità di alcuni tratti della strada che portano allo stabilimento, denunciando anche l’assenza di segnaletica e di illuminazione. I dieci milioni che sono arrivati dovrebbero servire proprio per questa zona dell’area. Speriamo che intoppi burocratici non rallentino tutto. per questo la Cisl ha chiesto di individuare un organismo che si incarichi di organizzare una conferenza di servizi per tentare gli stilare un progetto legato al problema idraulico e un altro sulla raccolta delle acque reflue. Senza la soluzione di queste problematiche la nostra zona industriale continuerà ad essere periferia”.