Catania, viaggio tra incompiute e palazzi abbandonati - QdS

Catania, viaggio tra incompiute e palazzi abbandonati

Catania, viaggio tra incompiute e palazzi abbandonati

Giuseppe Bonaccorsi  |
sabato 11 Febbraio 2023

Quasi tutti al palo i tanto sbandierati progetti per il recupero degli antichi edifici della sanità del ‘900, dal Vittorio Emanuele all’Ascoli Tomaselli. E che fine ha fatto il Museo Egizio?

CATANIA – Talvolta dove entra la politica dell’interesse e del disinteresse una città muore. Catania è una di queste, dilapidata e costretta a inginocchiarsi al cospetto di una politica che negli ultimi trent’anni l’ha letteralmente stravolta e impoverita con decisioni talvolta assurde che ne hanno causato pochi anni fa un dissesto finanziario lacrime e sangue. Ha ragione da vendere oggi l’arcivescovo metropolita di Catania, mons. Renna quando invita la politica catanese una volta per tutte ad assumersi le proprie responsabilità, allontanando dal palazzo i mercanti del tempio e coloro che hanno pendenze giudiziarie o si sono distinti per le tante promesse mai mantenute. Dal pulpito di piazza Stesicoro per la festa della Patrona il capo della chiesa catanese ha spronato i cittadini ad essere promotori del rinnovamento attraverso la chiamata elettorale di fine maggio. Tutto ciò mentre la politica procede verso la sua campagna elettorale, ma non sono esclusi colpi di scena.

Non basta tanto per rendersi conto di come questa città sia stata abbandonata al suo destino da una classe dirigenziale apatica e volta più al tornaconto personale. Basta non andare lontani e vedere quante promesse finora non sono state mantenute, cominciando dal riscatto di Librino, citta nella città, quartiere da 70mila abitanti. Da decenni si parla di progetti di recupero e integrazione del quartiere nel tessuto sociale che conta, ma tutto è rimasto immobile come prima. Nessuna novità, nessun cambiamento degno di nota. Tante le magagne di questa città, ma se ci soffermiamo sulle incompiute quello che stride maggiormente è come a Catania negli ultimi decenni si siano moltiplicate le opere, annunciate faraoniche, e poi finite nel dimenticatoio o nel vortice di procedure burocratiche che sembrano non finire mai.

Il Ferrarotto esempio del degrado

Testimonianza di questo abbandono sono ad esempio gli enormi edifici dell’ex sanità catanese. La città è disseminata da nord a sud di opere dismesse, di enormi aree che potrebbero diventare un volano per l’economia cittadina, che al contrario languono in mezzo a erbacce, sporcizia, spazzatura. E spesso sono diventati autentici hotel di disperati come sino a qualche anno fa era diventato l’ex palazzo delle Poste ora abbattuto per far posto alla nuova Cittadella Giudiziaria, anche questa opera che procede, però, molto a rilento.

Apriamo il nostro giro dall’Ascoli Tomaselli. Una volta uno dei fiori all’occhiello della sanità catanese che aveva voluto questo ospedale nella zona nord, oggi è ridotto a un cumulo di edifici malmessi e depredati di tutto dai vandali e ladri di ferro e rame. Sotto la sindacatura di Enzo Bianco si era tentato un recupero attraverso la stipula di una convenzione tra il Comune, la Regione e il Tribunale per farne la nuova sede del tribunale civile, ma successivamente, anche per le forti opposizioni dell’Ordine degli avvocati, non si fece nulla. Sotto le direttive dell’ex governatore Nello Musumeci, è stata stipulata una convenzione con l’Università di Catania per farne campus per le discipline scientifiche e sanitarie e per alloggi per gli studenti.

Che fine ha fatto il campus universitario

L’accordo in comodato d’uso tra la Regione e l’Università ha riguardato anche una consistente porzione dell’ospedale Vittorio Emanuele che per oltre 100 anni è stato il centro di riferimento della sanità cittadina e soprattutto dei quartieri centrali. Da quattro anni gli enormi padiglioni del vecchio nosocomio sono abbandonati, alcuni addirittura con dentro alcuni macchinari ormai inservibili. Anche in questo caso la convenzione con la Regione prevede la nascita di un campus per le discipline umanistiche, vista la vicinanza con la limitrofa Facoltà di lettere. Una parte del vecchio Ove invece è stata destinata a sede del museo della città, le cui procedure sono state avviate sotto la governance di Nello Musumeci. Ma anche in questo caso stiamo ancora parlando di progetti ancora sulla carta perché si attendono i finanziamenti del Pnrr.

Un accordo tra la Regione e l’Asp e la Regione e l’Ersu riguarda invece il vecchio Santo Bambino. Qui oltre ad uffici dell’azienda provinciale sanitaria locale, alcune aree dei grandi edifici di primi novecento di dovrebbero diventare alloggi dell’Ersu.

Andiamo alla nota più dolente, inspiegabile: il Ferrarotto. Per questo ex centro sanitario, sede della storica clinica cardiologica universitaria, al momento non esiste alcun progetto di recupero e alcuni edifici sono oggi dimora di numerosi extracomunitari. In un primo tempo si era detto che l’enorme agglomerato ex sanitario potesse ospitare una delle centrali della polizia, poi anche questa ipotesi è stata scartata. Quindi, se vogliamo tracciare un bilancio di tutti i progetti che abbiamo elencato ancora non ne è partito concretamente neanche uno. L’unica opera che il pubblico finora è riuscito a far decollare riguarda la nuova piazza che sorgerà entro un anno nell’ex area del demolito ospedale Santa Marta. Nelle idee della Regione c’è anche il recupero del pregevole palazzo settecentesco del Vaccarini, il cui prospetto si affaccia sulla nuova piazza. Secondo il piano generale l’edificio deve diventare la nuova sede della Sovrintendenza. Ma campa cavallo. L’unica novità è che l’opera è stata assegnata e dovrebbe essere realizzata in poco più di 365 giorni.

L’ex mulino Santa Lucia hotel di disperati

Ma il degrado e l’abbandono in cui si trovano molte strutture non finisce qui. Che fine ha fatto il progetto di recupero dell’ex Mulino Santa Lucia che si trova di fronte al porto? Silenzio assoluto. E poi ciliegina sulla torna il famoso museo egizio, fiore all’occhiello delle due ultime sindacature? Nell’ultima consiliatura l’ex assessore Barbara Mirabella aveva garantito che era ormai questione di qualche mese per l’apertura del primo piano dell’ex monastero dei Padri Crociferi. Poi i fatti si sanno come sono andati. La Mirabella si è dimessa per tentare la scalata alle regionali, lo stesso ha fatto Pogliese. Il vicesindaco Roberto Bonaccorsi, costretto a tirare la baracca da solo, infine è andato via alla nomina del commissario regionale che poi ha avuto vicissitudini tali da portare alla nomina di un nuovo commissario. Del museo Egizio? Nessuna parola, nessuna novità. Cosa direbbe l’uomo di strada? “I soliti cosi i’ Catania…”.

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