La confessione del 30enne palermitano ritenuto l'autore dell'incidente: "Non ero lucido", scatta il trasferimento in carcere.
C’è la confessione di Giuseppe D’Amico, il palermitano di 30 anni che tre giorni fa in via Beldiletto a Milano ha travolto e ucciso il coetaneo Juan Carlos Quinga Guevara, di origini ecuadoriane, che sopraggiungeva in monopattino, per poi fuggire senza prestare soccorso.
Il giovane, così come riportato dai colleghi del quotidiano “Leggo”, in occasione dell’interrogatorio che si è svolto ieri avrebbe ammesso le proprie responsabilità.
Incidente mortale, il Gip: “Nessuna umanità”
Il giovane, in base alle sue parole, si sarebbe messo alla guida ubriaco dopo aver bevuto della birra e dopo aver assunto della sostanza stupefacente, non essendo quindi pienamente lucido al volante. Sempre D’Amico, inoltre, avrebbe la patente sospesa da maggio 2022.
Dettagli confermati anche dall’ordinanza emessa dal Gip di Milano, Tommaso Perna, che ha convalidato l’arresto del 30enne siciliano. “L’indagato – si legge nel testo – ha ampiamente mostrato di non essere in grado di rispettare alcuna prescrizione e regola di civile convivenza, oltre che giuridica e, prima ancora, di banale umanità.“
L’autore del sinistro mortale è stato portato in carcere con l’accusa di omicidio stradale, omissione di soccorso e guida sotto effetto di stupefacenti.
La ricostruzione dell’incidente mortale
Secondo la ricostruzione dell’impatto, Juan Carlos Quinga Guevara stava attraversando le strisce pedonali a bordo del monopattino quando sarebbe stato travolto fatalmente dal mezzo in arrivo. Giuseppe D’Amico, al momento dell’incidente, si trovava a bordo dell’auto in compagnia di un’amica.
Questa, inizialmente, si sarebbe attribuita la responsabilità di quanto avvenuto, volendo dichiarare di essersi trovata alla guida dell’auto al posto del 30enne. Tuttavia, in seguito, lo stesso D’Amico avrebbe rifiutato la “proposta” dell’amica, decidendo quindi di fornire l’esatta dinamica dei fatti agli inquirenti.