Il tasso di utilizzo del congedo di paternità presenta un trend di crescita, passando dal 19,23% del 2013 al 48,53% del 2018 e attestandosi al 57,60% nel 2021.
In Italia la cura dei figli resta appannaggio delle donne, ma sempre più padri non rinunciano al tempo per i figli a causa del lavoro. Il tasso di utilizzo del congedo di paternità, infatti, è cresciuto in quasi 10 anni più di 38 punti percentuali e aumentano in Italia anche le dimissioni volontarie tra i padri per esigenze di cura dei figli.
I nuovi dati sul congedo paternità
I nuovi dati dimostrano che un cambiamento culturale è in atto. “Sebbene il lavoro di cura dei figli rimanga in Italia un appannaggio prevalentemente femminile, i padri hanno iniziato a riappropriarsi del loro ruolo in famiglia e non vogliono più rinunciare al tempo speso con i figli a causa degli impegni lavorativi”, spiega Antonella Inverno, responsabile di politiche per l’infanzia e l’adolescenza di Save the Children Italia che fa il punto della situazione in occasione della Festa del Papà.
Nel 2021, 155 mila neopapà hanno usufruito del congedo di 10 giorni. Tra il 2020 e il 2021, dunque, aumentano i padri che si dimettono per difficoltà a conciliare il lavoro con la cura del bambino/a, per ragioni legate ai servizi di cura (+43,9%) o all’organizzazione del lavoro in azienda (+66,2%).
Insomma sono sempre di più i padri che sentono il bisogno di essere più presenti nella vita dei figli e si scontrano con le stesse rigidità del mondo del lavoro che finora hanno ostacolato le madri lavoratrici.
Più congedi di paternità, ecco chi lo richiede
Il primo segnale positivo viene dalla crescita, seppure lenta e graduale, del numero dei papà che richiedono i congedi di paternità. Alla sua introduzione, nel 2012 il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi garantisce 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.
Il tasso di utilizzo del congedo di paternità presenta un trend di crescita, passando dal 19,23% del 2013 al 48,53% del 2018 e attestandosi al 57,60% nel 2021.
I padri che hanno chiesto il congedo di paternità nel 2021 sono stati 155.845, su un totale di 400 mila nascite.
Si tratta di un trend che non potrà che essere positivo anche nei prossimi anni – spiega Save The Children – se si considera che questo tipo di congedo esclude i lavoratori autonomi e parasubordinati, e che fino all’agosto del 2022 mancavano i decreti attuativi che avrebbero permesso la sua fruizione anche ai padri lavoratori del settore pubblico.
Ci sono però alcune disuguaglianze significative: ad usufruirne di più sono i padri che lavorano in imprese più grandi, con contratti a tempo indeterminato e a tempo pieno. A parità di caratteristiche individuali e sociali, c’è’ poi una differenza di circa 17 punti percentuali a favore di chi risiede al Nord del Paese rispetto a chi vive al Sud.
Sta aumentando anche il numero di padri che usufruiscono dei congedi parentali facoltativi, rispetto ai quali dal 2022 sono state introdotte diverse novità con l’applicazione della Direttiva europea del 2019, che aveva come obiettivo quello di colmare il divario di responsabilità di cura tra uomini e donne e favorire la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
Le novità in tema di congedo per i papà
Tra il 2022 e il 2023 sono state introdotte alcune novità per quanto riguarda i congedi per i papà lavoratori. Si tratta di misure di adeguamento alla direttiva, ma concentrate esclusivamente sui congedi parentali, usufruibili in via alternativa da neo-mamme e neo-papà.
Lavoratori dipendenti
Congedo di paternità obbligatorio per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati): prevede per il padre lavoratore (dipendente pubblico o privato) l’astensione obbligatoria di 10 giorni dal lavoro, che possono essere usufruiti tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto. Se ne ha diritto anche in caso di adozione e affidamento. I giorni diventano 20 in caso di parto gemellare o plurimo. Durante il congedo, il padre ha diritto a un’indennità del 100% della sua retribuzione. Viene riconosciuto anche un giorno facoltativo in più di congedo di cui il papà può usufruire in alternativa alla mamma.
Congedo parentale per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati): è un periodo di astensione facoltativa che il padre lavoratore può prendere per occuparsi del suo bambino o della sua bambina nei primi mesi e anni di vita (entro i 12 anni del bambino).
Il congedo parentale può essere richiesto dai genitori per un periodo massimo di 10 mesi: il padre lavoratore ha diritto per un periodo massimo di 3 mesi (non trasferibili alla madre) a cui può aggiungere altri 3 mesi, se non utilizzati dalla madre (questi 3 mesi sono infatti fruibili in alternativa tra i due genitori).
In totale il padre può quindi prendere 6 mesi di congedo con indennità (elevabili a 7 nel caso in cui si astenga dal lavoro per almeno per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi). In questo caso il periodo di congedo cumulativo tra i due genitori si estende a 11 mesi.
Iscritti gestione separata
Congedo parentale per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata: dal 2022 il padre ha diritto a 3 mesi di congedo parentale indennizzato, non trasferibile all’altro genitore, da usufruire entro il 12° anno di vita del figlio (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento). Ulteriori 3 mesi di congedo (indennizzato) spettano al padre, se non ne usufruisce la madre.
Lavoratori autonomi
Congedo parentale per i lavoratori autonomi: dal 2022 (Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105) è stata introdotta la possibilità di poter fruire di 3 mesi di congedo parentale con indennità, da utilizzare entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.
Rimangono invariate le regole relative ai congedi di paternità per lavoratori autonomi, iscritti alla Gestione Separata e liberi professionisti.
Queste categorie di lavoratori possono usufruire di un periodo di astensione dal lavoro solo in presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità: quando la madre del bambino sia deceduta o gravemente inferma, in caso di abbandono da parte della madre o affidamento esclusivo al padre.
La petizione “Genitori #allapari”
Dai dati emerge che il congedo parentale, facoltativo e retribuito al 30%, è usato soprattutto dalle madri. Le retribuzioni maschili tendono ad essere più alte, dunque per non perdere una quota importante di reddito sono le donne a rimanere a casa.
Nei giorni scorsi la neo eletta segretaria del Pd Elly Schlein ha proposto un congedo paritario di tre mesi, definendolo “una misura che aiuterebbe il lavoro delle donne redistribuendo anche il carico di cura”. La premier Giorgia Meloni si è detta molto d’accordo sul tema del sostegno alle madri lavoratrici e alla natalità, “priorità assolute del governo”.
Intanto oltre 85 mila persone hanno firmato la petizione su Change.org “Genitori #allapari: aumentiamo il congedo di paternità”, diretta alla ministra della Famiglia, Natalità e Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella.
Si chiede di aumentare, nella prossima legge di bilancio, la durata del congedo di paternità portandolo a tre mesi con piena retribuzione sul modello spagnolo che prevede 16 settimane pienamente retribuite.
L’Italia è infatti ancora il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la durata del congedo di paternità.