Senza una “magistropoli” giustizia non più credibile - QdS

Senza una “magistropoli” giustizia non più credibile

Senza una “magistropoli” giustizia non più credibile

Salvo Fleres  |
mercoledì 12 Aprile 2023

Dopo il “caso Palamara” e simili, la magistratura italiana non potrà più rivendicare alcun primato etico

Dopo il “caso Palamara” e simili, la magistratura italiana non potrà più rivendicare alcun primato etico, soprattutto se non saprà mondarsi dal suo interno.
Dall’altro lato, i partiti, se non interverranno immediatamente con l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta, capace di fare chiarezza sulle dichiarazioni dell’ex capo dell’ANM e con una profonda ed equilibrata riforma del settore, perderanno il primato della politica e della democrazia, facendo perdere al popolo il diritto alla libertà e alla giustizia.

Tuttavia, mentre il Paese si dibatte tra le maglie del Covid e soprattutto del dopo Covid, in cui gli scandali emersi rappresentano soltanto la punta di un iceberg ben più profondo, si sta cercando di rimettere in piedi quel poco che resta dell’economia nazionale.

Le opportunità sembrano stentare, il tempo scorre inesorabilmente e l’Europa ci mette in allarme, soprattutto in due ambiti importantissimi dello Stato, tra loro fortemente interconnessi: la burocrazia e le infrastrutture, che riescono ad andare avanti solo quando si deroga alle disposizioni che ne regolano il funzionamento, conclamando l’incapacità del legislatore di saper ben interpretare le esigenze di una società che corre molto più di chi la governa.

Chi è, però, quel cittadino o quella impresa che si sente sereno se è la giustizia a non funzionare? Chi si sente pronto ad investire i propri soldi in un clima di incertezza normativa?
Chi si sente di sbloccare l’organizzazione di un ufficio, una cura ospedaliera, l’uso di un farmaco, un’opera pubblica, un progetto urbanistico, ecc. se la magistratura non funziona, anzi, se funziona sulla base di principi che non hanno nulla a che fare con la giustizia, con il diritto, con la legge?
Chi si sente sereno nell’avviare una qualsiasi attività se la legittimità del suo operato potrebbe essere valutata non in base alle previsioni normative, ma in base alla corrente alla quale appartiene il Giudice chiamato a giudicare o il Pubblico ministero incaricato di condurre le indagini?
Giustizia, burocrazia, infrastrutture, appalti, pubblica amministrazione, servizi, competenza, terzietà, indipendenza, merito, insieme a tanti altri, rappresentano i diversi aspetti della vita di un Paese sia nel rapporto tra i poteri costituzionali che ne dovrebbero disciplinare l’attività, sia nei rapporti tra i medesimi ed in quelli con e tra i cittadini.

In una situazione come questa non può esserci un prima e un dopo, perché tutto deve essere contestuale e per essere tale non può non pensarsi ad una profonda riforma dell’assetto istituzionale e costituzionale, che non può essere affidato al Parlamento, men che meno a quello composto di nominati e transfughi, che rispondono solo ai sondaggi ed alle rispettive oligarchie, anche quando sono privi di credibilità.

Nel momento in cui si sente l’esigenza di dover cambiare le regole del gioco, perché quelle vecchie hanno dato adito a vizi di ogni genere, è necessario pensare ad una nuova Assemblea Costituente, eletta con un sistema proporzionale, composta da personalità di alto prestigio e di notevole competenza, che in 12/18 mesi, al massimo, vari un testo da sottoporre a referendum popolare.
Può sembrare strano, ma non è una novità, in democrazia si fa così, nonostante qualcuno potrebbe averlo dimenticato: anche l’Italia del dopoguerra fece così.

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