Il Postalmarket della politica - QdS

Il Postalmarket della politica

Il Postalmarket della politica

Giovanni Pizzo  |
lunedì 01 Maggio 2023

I colori diventano il massimo ardire del Logos politico, tra poco parleremo di nuance e pigmentazioni, la realtà diventa come un album delle elementari in cui le figure sono già disegnate da altri.

All’inizio ci fu Craxi con il giubbotto e la sahariana, e lo spot con il garofano, poi arrivò il campione delle televendite, Silvio Berlusconi. Lì la politica svoltò con simbologie, uso del corpo, i completi Caraceni, le corsette in tuta con dietro i collaboratori. La provenienza di tutta sta roba, questo modo di produrre politica più con immagini e simboli che riflessioni, è fondamentalmente americana.

Negli Stati Uniti la pubblicità è l’anima del commercio, ed anche la politica vive in questa visione commerciale. Moro e Berlinguer erano diversi ovviamente, le convergenze programmatiche dell’uno erano dense di analisi, e le tesi morali dell’altro poggiavano su pregnanti visioni della società italiana.

Oggi tutto questo è scomparso, perché è mutato il corpo sociale. La classe operaia non è andata in paradiso, ma vive un purgatorio terreno fatto di impoverimento del potere di acquisto. Il ceto medio è consunto, l’opinione pubblica è liquida, giornali non si vendono perché non si leggono, e tutti si fanno un’opinione à la carte.

In questo quadro di scivolamento culturale arriviamo all’intervista di Vogue, e qui l’America torna.
Il problema di tutti, maggioranza e opposizione è ingraziarsi l’amministrazione USA, visto che l’orso russo è quello che è. Per cui vestiti morbidi, succhi di frutta, completi Armani italiana style per chi governa, figli portati in viaggio, come icone familiari tradizionali, e figli auspicati per chi tradizionale non è.

Ma il lavoro, il salario, gli investimenti, le tasse, i fondamentali dell’economia?

Non si portano più, tanto l’economia non avendo moneta, ed avendo un super debito non la gestiamo noi. Per cui parliamo d’altro, di merito o di diritti a poco costo, i grandi temi, le visioni del mondo, sono state ingoiate dalla globalizzazione, che come un enorme Bimbi ci cucina un pastone mainstream.
Per cui oggi ci accontentiamo di sapere cosa hanno mangiato i nostri leader e che camicetta hanno indossato.
I colori diventano il massimo ardire del Logos politico, tra poco parleremo di nuance e pigmentazioni, la realtà diventa come un album delle elementari in cui le figure sono già disegnate da altri.

Alla politica attuale resta solo di colorare. Questo e non altro è il prodotto politico da vendere, qualcuno più arancione e qualcuno più nero. E per gli elettori, assenti e un po’ distratti, ordinare dal catalogo Postalmarket è l’unica chance.

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