Maria Rachele Ruiu, portavoce dell’Associazione Pro vita e Famiglia
ROMA – “Se vuole ripartire, l’Italia deve scommettere sulla vita”. Sono le parole di Maria Rachele Ruiu, portavoce della manifestazione “Scegliamo la vita” che si terrà il 20 maggio a Roma e membro del consiglio direttivo di Pro vita e famiglia onlus. Un’associazione che, come si legge sul sito, “opera in favore dei bambini, delle madri e dei padri, difende il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sostiene la libertà e priorità educativa dei genitori”. Dalla sua nascita schierata contro aborto, fine vita, legalizzazione delle droghe leggere e quasi tutte le battaglie identitarie della sinistra italiana.
Dottoressa Ruiu, la leva fiscale pensata dal Governo è sufficiente da sola ad operare una svolta sulla denatalità o serve altro?
“La denatalità è un problema sistemico con due radici. Una è certamente quella economica e in questo senso, i passi che stanno facendo in avanti, fino a poco tempo fa non ci sono stati. Il Covid ci ha fatto capire che la famiglia è il perno su cui si poggia la nostra società. È necessario per questo attuare delle misure che la sostengono. È necessario permettere ai ragazzi di arrivare prima nel mondo del lavoro in modo che possano costruire una famiglia prima dei 50 anni. È necessario armonizzare il lavoro e la maternità, perché in Italia una donna non è libera di scegliere di essere madre quando lavora perché rischia o di perdere il lavoro o di dover fare la fatica di lasciare un bambino di tre mesi a casa. Allora si dovrebbe pensare ad un congedo per la famiglia e permettere alle donne di essere madri e lavoratrici. Sono anni che si vota contro la natalità quindi, giustamente, adesso ci vuole una rivoluzione. Non basta quello che stanno facendo, però finalmente c’è uno sguardo sulla questione”.
Il decennale calo della curva demografica italiana è solo una questione economica e lavorativa o anche culturale?
“La seconda radice del problema è proprio quella culturale. Oggi, in Italia, sembra quasi che offrire la possibilità di nascere a un bimbo sia peggio di offrire la possibilità che venga eliminato. C’è uno sguardo delle donne sulla natalità da nutrice. La caratteristica percepita è la solitudine: tu vuoi un figlio e ti arrangi perché è un problema tuo. C’è la sensazione che il problema dell’inverno demografico o l’articolo 31 della costituzione siano problemi o articoli romantici. Ma il problema è fondante. Il fatto è che oggi c’è l’ideologia, che purtroppo ha segnato il nostro Paese, che mettere al mondo i figli non conviene ed è un sacrificio inutile. Certamente ci sono dei sacrifici, però ne vale la pena. Perché tuo figlio ti insegna ad amare”.
Il 20 maggio ci sarà una manifestazione sulla natalità organizzata Pro Vita e famiglia: di cosa si tratta?
“È una manifestazione che si chiama scegliamo la vita e sarà a Roma. Ci sarà un corteo da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni in Laterano, dove finiremo con un concerto. Già l’anno scorso avevamo organizzato questa manifestazione per chiedere alla politica di aiutare i giovani a mettere al mondo i figli ma anche per dire ai giovani che l’Italia, se vuole ripartire, deve puntare sulla natalità scommettendo sulla vita. L’anno scorso c’erano 30 mila persone, speriamo che ce ne sia qualcuna in più quest’anno”.