In spiaggia sventola bandiera… rossa - QdS

In spiaggia sventola bandiera… rossa

In spiaggia sventola bandiera… rossa

Gabriele D'Amico  |
sabato 27 Maggio 2023

La Liguria, con “appena” 350 km di costa ha conquistato due nuove bandiere blu, salendo da 32 a 34. La Sicilia ne colleziona appena 11, gli stessi dello scorso anno

La stagione balneare siciliana 2023 sarà caratterizzata ancora una volta da più bandiere rosse che bandiere blu. Se da un lato abbiamo bellissime spiagge in grado di affascinare i turisti di tutto il mondo, come le undici che possono fregiarsi del prestigioso premio della Foundation for Environmental Education (Fee), dall’altro lato abbiamo circa 390 chilometri di costa inibita alla balneazione, vale a dire circa il 24% del litorale siciliano.

Divieti di balneazione in essere perché la costa è eccessivamente inquinata, perché è soggetta all’immissione di scarichi di depuratori o perché non è messa in sicurezza. E oltre il danno, la beffa. Come ogni anno, nonostante l’enorme costa (tra le più estese d’Italia, 1.637 km, con 1.152 km di coste dell’isola maggiore cui vanno aggiunti i 500 km circa delle isole minori) la Sicilia è sempre tra le regioni con meno bandiere blu proprio perché deve fare i conti con il mare inquinato, con depuratori che non depurano e stabilimenti balneari poco sostenibili.

Bandiere blu, Sicilia un passo indietro

I Comuni che quest’anno potranno mettere in mostra la loro Bandiera blu targata Fee saranno gli stessi undici che l’hanno potuto fare lo scorso anno: Alì Terme, Roccalumera, Furci Siculo, Santa Teresa di Riva, Lipari, Tusa, Menfi, Marina di Modica, Ispica, Pozzallo e Ragusa.

Dall’altro lato dell’Italia c’è invece la Liguria: 34 bandiere blu, due in più rispetto allo scorso anno, distribuite su una costa di 350 chilometri. Praticamente con meno di un quarto di costa la riviera ligure ha il triplo delle bandiere blu siciliane. In totale sono 226 le località rivierasche e 84 gli approdi turistici che potranno fregiarsi, in questa trentasettesima edizione, del riconoscimento della Fee. Un dato nel complesso positivo dato che 226 Comuni italiani, per complessive 458 spiagge, corrispondono a circa l’11% delle spiagge premiate a livello mondiale.

“Anche quest’anno registriamo un notevole incremento dei Comuni che hanno ottenuto il riconoscimento della Bandiera Blu, ben 226 con 17 nuovi ingressi – ha dichiarato Claudio Mazza, presidente della Fondazione Fee Italia -. Una progressione che cresce di anno in anno: basti pensare che nel 1987 – primo anno – i Comuni Bandiera Blu in Italia sono 37, nel 1997 arrivano a 48, nel 2007 a 97, nel 2017 diventano 164, fino ad arrivare a oggi, con sempre più località che si avvicinano al percorso facendo una chiara scelta di campo per la sostenibilità”. Analizzando i risultati ottenuti dall’Italia in questa edizione, si nota un trend di crescita delle località Bandiera Blu rispetto al precedente anno: 16 in più rispetto ai 210 dello scorso anno con 17 nuovi ingressi e un Comune non confermato.

Subito dopo la Liguria, che con 34 riconoscimenti è la prima regione italiana, c’è la Puglia che quest’anno è salita a 22 bandiere blu con quattro nuovi Comuni. Seguono con 19 bandiere la Campania e la Toscana, entrambe con un nuovo ingresso, e la Calabria con due nuove Bandiere Blu. Le Marche salgono a 18, con un nuovo ingresso. La Sardegna conferma le sue 15 località, l’Abruzzo resta a 14, la Sicilia a 11, il Lazio a 10. Rimangono invariate anche le 10 bandiere del Trentino Alto Adige. L’Emilia Romagna vede premiate nove località con un’uscita e un nuovo ingresso; sono riconfermate le nove bandiere del Veneto. La Basilicata conferma le sue cinque località; si registrano due nuovi ingressi in Piemonte che ottiene cinque Bandiere; il Friuli Venezia Giulia conferma le due dell’anno precedente. La Lombardia sale a tre Comuni Bandiera Blu, con due nuovi ingressi, il Molise conquista due Bandiere con un nuovo Comune.

Sulla Sicilia sventola bandiera rossa

Con l’arrivo della stagione estiva arriva puntuale anche il decreto dell’assessorato alla salute siciliano che individua tutti i divieti di balneazione da mettere in essere per salvaguardare la salute dei cittadini. Nonostante un piccolo miglioramento rispetto all’anno scorso, ancora la percentuale di costa vietata a causa dell’inquinamento è circa il 2,8%: su 1600 chilometri di litorale, 45 sono talmente inquinati da risultare dannosi per chi ci entra in contatto.

La provincia più inquinata di Sicilia è quella palermitana, che conta oltre 21.600 metri di costa con divieto di balneazione dovuto alla forte presenza di batteri e altri inquinanti. Ma non finisce qui, perché i divieti di balneazione non sono stati disposti solo per quanto riguarda l’inquinamento.

Dal provvedimento regionale sono infatti colpiti anche tutti quei tratti interessati da immissioni di scarichi di depuratori, canali o torrenti. Questa categoria di divieti ha colpito oltre 44,3 mila metri di costa. Anche in questo caso la provincia con più litorale vietato è Palermo, con quasi 17 chilometri di litorale toccati dal provvedimento. In totale sarebbero circa 90 i chilometri dove sventola bandiera rossa a causa dell’inquinamento o degli scarichi dei depuratori. Un numero enorme che riduce di molto le possibilità di assegnazione delle bandiere blu, dato che i tratti interessati da questo tipo di provvedimenti sono sostanzialmente sempre gli stessi di anno in anno.

Chilometri a cui si devono aggiungere anche i divieti temporanei, quelli delle zone portuali e industriali e quelli dovuti a ordinanze sindacali, della protezione civile o della capitaneria di porto emesse per motivi di sicurezza. E non parliamo certo di pochi chilometri: ben 299, per un totale di 389 chilometri di costa inibita alla balneazione in Sicilia per la stagione balneare 2023. Insomma, su oltre il 24% del litorale siciliano sventola bandiera rossa.

Come si fa ad ottenere l’ambita Bandiera blu (e perché l’Isola non sfonda)

In Sicilia ci sono più bandiere rosse che blu perché la maggior parte della costa non risponde, evidentemente, ai criteri premio della Fee. Il primo di questi criteri è “l’assoluta validità delle acque di balneazione secondo regole più restrittive di quelle previste dalla normativa nazionale sulla balneazione (solo quelle classificate come “eccellenti” negli ultimi quattro anni)”.

Praticamente per quattro anni consecutivi i rilievi dell’Arpa e delle Asp dovrebbero segnare uno stato “eccellente” delle acque di balneazione (il migliore stato che si può registrare). Peccato che nel 2022 sparse per le coste ne abbia trovato 16 con superamenti dei valori soglia dello Standard di Qualità Ambientale come Media Annua. Le sostanze più trovate sono Arsenico e Cromo.

Un altro criterio della Fee per ottenere il riconoscimento di bandiera blu, che in Sicilia, va detto, va rispettato anche perché è previsto per legge, è quello di effettuare “regolari campionamenti delle acque nel corso della stagione estiva”. Campionamenti che ogni anno il Dasoe (dirpartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato alla Salute siciliano) dispone alle varie Asp di effettuare prima dell’inizio della stagione balneare successiva e su cui si basano i divieti di balneazione.

Punto dolente per la Sicilia è il terzo criterio della fondazione che assegna le bandiere blu: “efficienza della depurazione delle acque reflue e della rete fognaria allacciata almeno all’80% su tutto il territorio comunale”. Per quanto riguarda i sistemi fognari e depurativi in Sicilia “la situazione è drammatica”. A raccontarlo è stato il sub commissario ormai uscente per la depurazione Riccardo Costanza proprio sulle colonne di questo giornale. “In molti casi – ha spiegato – troviamo depuratori spenti, che non funzionano o funzionano solo sulla carta ma in realtà non depurano o sono abbandonati”. I dati di questa situazione li ha dati ancora una volta l’Arpa che nel suo ultimo rapporto ha trovato 390 depuratori attivi. Peccato che su questi solo 151 avevano l’autorizzazione allo scarico.

“Nel corso delle 428 ispezioni effettuate – si legge nel rapporto – sono stati prelevati 352 campioni, di cui 222 (63%) risultano conformi e 130 (37%) non conformi”. Un’attività di controllo che “ha determinato 154 sanzioni amministrative e 19 comunicazioni all’Autorità Giudiziaria”.

Una situazione che ha determinato multe per infrazioni comunitarie da 40 milioni annui all’Italia e che si sta cercando di risolvere con l’investo record da due miliardi di euro del commissario straordinario per la depurazione che sta attuando 67 interventi in Sicilia, di cui 11 completati, 23 in corso, nove in gara e altri 20 in attesa di autorizzazione. Una corsa che è sempre più ad ostacoli: oltre a quelli burocratici c’è il fatto che lo scorso 10 maggio è scaduto il mandato triennale della terna che gestisce la Struttura del Commissario unico per la depurazione, che sta attuando in tutta Italia circa 100 interventi per un costo di oltre 3 miliardi di euro.

“Il fatto che non si sia ancora formalizzata la nomina di una nuova terna – ha denunciato la Commissione referente per le opere pubbliche di Ance nazionale – mediante decreto del presidente del Consiglio dei ministri su proposta dei ministri dell’Ambiente e del Sud, mette a rischio la prosecuzione dei numerosi cantieri in corso, ma anche l’avvio delle nuove gare che erano in procinto di essere pubblicate, ciò a causa della mancata nomina del nuovo Commissario. Con l’aggravante, ha aggiunto la Commissione, che se gli avvisi non saranno pubblicati entro il 30 giugno, l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti renderà obbligatorio l’adeguamento di tutti i documenti di gara alle nuove norme. In pratica, si dovrebbe rifare daccapo l’intero iter. Tutto questo mentre l’Italia è sottoposta a procedure di infrazione dell’Ue, per lo più a causa della carenza di depurazione proprio in Sicilia, per le quali paga ogni giorno a Bruxelles una multa di 106mila euro al giorno”.

Altro criterio su cui si sta lavorando ma che ancora è lontano dall’essere rispettato è quello della “raccolta differenziata e della corretta gestione dei rifiuti pericolosi”. In Sicilia attualmente la raccolta differenziata è al 50%, vale a dire che sul totale dei rifiuti prodotti metà viene differenziato e quindi sottoposto ai controlli per essere avviato a riciclo, l’altra metà viene raccolto dalle strade e portato in discariche siciliane sull’orlo della saturazione o nei termovalorizzatori olandesi al costo monstre di 380 € a tonnellata. Una situazione che paga anni di politiche volte a favorire i padroni delle discariche in Sicilia, che per altro spesso sono noti alle cronache giudiziarie, che non hanno guardato alla salvaguardia dell’ambiente e alla gestione circolare del rifiuto. In barba alle norme Ue: anche su questo fronte la Sicilia potrebbe essere soggetta, dal 2030, ad un’ennesima infrazione comunitaria.

Gli altri criteri che la Fee richiede per assegnare le bandiere blu sono: “vaste aree pedonali, piste ciclabili, arredo urbano curato, aree verdi; spiagge dotate di tutti i servizi e di personale addetto al salvamento, accessibilità per tutti (abbattimento delle barriere architettoniche); ampio spazio dedicato ai corsi d’educazione ambientale, rivolti in particolare alle scuole ed ai giovani, ai turisti e residenti; diffusione dell’informazione su Bandiera Blu, pubblicazione dei dati sulle acque di balneazione; strutture alberghiere, servizi d’utilità pubblica sanitaria, informazioni turistiche, segnaletica aggiornata; certificazione ambientale e/o delle procedure delle attività istituzionali e delle strutture turistiche presenti sul territorio comunale; presenza d’attività di pesca ben inserita nel contesto della località marina”.

A Catania è rebus sui dati

Durante il conteggio dei chilometri di costa inibiti alla balneazione per questa stagione balneare, che abbiamo effettuato attraverso gli allegati al decreto del dirigente generale del Dasoe, Salvatore Requirez, numero 334 del 4 aprile 2023, ci siamo imbattuti in due documenti contenenti i dati dell’Asp di Catania sostanzialmente incompleti. Per ogni provincia costiera, infatti, sono stati inseriti nel decreto cinque allegati diversi con i dati delle rispettive Asp. In ogni allegato sono specificati i punti (con tanto di coordinate di inizio tratto e di fine tratto e metraggio) da inibire alla balneazione. E ogni allegato si differenzia dall’altro in base al motivo per cui il divieto deve entrare in essere.

Dunque, grazie a questo decreto, ogni provincia dovrebbe avere i suoi metri di costa vietata per inquinamento, per immissione di scarichi di depuratori, per motivi di sicurezza, per la presenza di aree portuali e industriali. Eppure, in due documenti con dati dell’Asp di Catania sono assenti i metraggi. In particolare, si tratta dell’allegato al decreto che individua “i tratti di mare e di costa interessati da immissioni – canali, torrenti, fiumi, depuratori” e quello che individua i “tratti di mare e di costa sottoposti ad interdizione per ordinanze emesse per motivi di sicurezza”.

Mentre nel secondo sono indicate, oltre alla denominazione del tratto, anche le coordinate di inizio e fine tratto, nel primo gli unici dati indicati sono la denominazione del tratto di costa e la coordinata di inizio tratto. “Così come negli anni precedenti – ci spiegano dall’Asp di Catania – sono state indicate le coordinate di immissione, come peraltro cita la stessa tabella. Ci sarà stato sicuramente un difetto di comunicazione”.

Dal Dasoe, invece, ci fanno sapere che l’Asp etnea ha fatto “il minimo richiesto dal ministero” a differenza delle altre e che tutti i dati che ha pubblicato “sono quelli che hanno inviato le varie Asp dell’Isola. A volte – continuano – nei tratti di costa non lineari è difficile conteggiare i metri, quindi vengono inserite solo le coordinate”. Ma in questo caso non si parla di tratto di costa, bensì di un singolo punto dato che le coordinate inserite individuano solo il punto di immissione dello scarico, piuttosto che del torrente. In questo caso, come si fa ad individuare i metri di mare e di costa compromessi da quello specifico scarico?

“Vale una distanza di 200 metri a sinistra e 200 metri a destra del punto individuato”, ci fanno sapere dal Dasoe. Una distanza legislativa, che non abbiamo modo di sapere se tenga conto dell’effettivo impatto sulla costa. In ogni caso, adesso tutti i Comuni Siciliani sono obbligati a indicare con ordinanza e con segnaletica verticale i tratti inibiti alla balneazione della stagione balneare. Hanno tempo fino alla fine di maggio. “Dopo questa data – spiega il Dasoe – intorno al 10 giugno, procederemo in automatico a denunciare i Comuni che non hanno ancora messo i cartelli di divieto di balneazione all’autorità giudiziaria”.

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