Attività sanitaria, quando non si può detrarre l’Iva - QdS

Attività sanitaria, quando non si può detrarre l’Iva

Attività sanitaria, quando non si può detrarre l’Iva

martedì 27 Giugno 2023

La Corte di Cassazione con ordinanza 13279 del 15 maggio 2023 interviene sull’articolo 10 del Dpr 633/1972. Rimborso non consentito per acquisto di beni e servizi finalizzati a prestazioni esenti

ROMA – Lo ha confermato la Corte di Cassazione con Ordinanza n. 13279 del 15 maggio 2023: la detrazione dell’Iva è esclusa nel caso in cui l’attività svolta sia esente da Iva ai sensi dell’articolo 10 del Dpr 26 ottobre 1972 n. 633.

Non solo, se l’attività svolta, come quella di cui alla controversia oggetto della citata sentenza (si trattava di attività sanitaria di cui all’articolo 10, comma 1, punti 18 e 19), è esente, non è possibile nemmeno chiedere all’ufficio il rimborso dell’Iva pagata ai fornitori e non potuta detrarre (o detratta parzialmente con l’applicazione del prpo-rata) per il divieto stabilito agli articoli 19, comma 5, e 19 bis del medesimo Dpr 633/72.

I Supremi Giudici, confermando quanto già affermato diverse volte dalla Giurisprudenza, compresa quella unionale, hanno sottolineato che, conformemente a quanto stabilito dalla VI Direttiva Cee del 17 maggio 1977 (n. 77/388/Cee), la detrazione non è consentita in caso di svolgimento di attività esenti, senza che tale limitazione possa essere ritenuta contrastante con i principi fondamentali dell’Iva. Peraltro, sempre secondo quanto evidenziato dalla Cassazione in Sentenza, «In tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’Iva., non ammessa in detrazione ai sensi dell’art. 19 del Dpr n. 633 del 1972, perché imputabile ad operazioni esenti, è deducibile dal reddito imponibile, rappresentando pur sempre un costo collegato ad operazioni che producono un ricavo» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11514 del 7.9.2001, Rv. 549204 – 01) e che «In tema di imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, l’indetraibilità dell’Iva imputabile ad operazioni esenti poste in essere nell’ambito dell’attività propria del contribuente, prevista dall’art. 19 del Dpr 26 ottobre 1972, non si traduce in una doppia imposizione dell’Iva, in quanto l’imposta non ammessa in detrazione è deducibile dal reddito imponibile, rappresentando pur sempre un costo collegato ad operazioni che producono un ricavo» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22243 del 21.10.2009, Rv. 610027 – 01)» (cfr. Cass., n. 20435 del 2021 cit.).

Gli stessi Giudici, nell’accogliere l’appello dell’Amministrazione Finanziaria contro una sentenza di merito di secondo grado favorevole al contribuente, hanno concluso affermando che, in tema di Iva, nelle fattispecie per le quali vengono in considerazione operazioni esenti dall’imposta, ai sensi dell’art. 10 del Dpr n. 633 del 1973, come le prestazioni sanitarie riconducibili nei nn. 18 e 19 della suddetta norma, è esclusa la detrazione dell’Iva versata in rivalsa per l’acquisto di beni o servizi finalizzati alle prestazioni sanitarie esenti, e, qualora si tratti di contribuente che esegua tanto prestazioni non esenti, quanto prestazioni esenti, la detrazione spetta nei limiti del pro-rata, secondo la disciplina dettata dagli art. 19, comma 5, e 19-bis del Dpr n. 633 del 1972.

Nei limiti della indetraibilità dell’Iva, versata in rivalsa, all’operatore non spetta il diritto al rimborso.
Giova ricordare che le attività esenti, ex articolo 10, vanno nettamente distinte dalle operazioni “non imponibili” ex articolo 8, 8 bis e 9 del citato Dpr 633/72.

In caso di operazioni non imponibili, al contrario di quelle esenti, infatti, la detrazione è consentita, per cui, in questi casi, a fronte dell’aliquota “zero” delle operazioni attive (principalmente esportazioni, operazioni assimilate alle esportazioni, servizi internazionali e cessioni intracomunitarie), la detrazione è ammessa, dando luogo ad un credito fisiologico corrispondente all’imposta pagata a monte, spendibile (ossia recuperabile dal contribuente) con la compensazione orizzontale, con quella verticale, oppure con il rimborso. Non si dimentichi, peraltro, che proprio per limitare il crearsi di ingenti e fisiologici crediti d’imposta (che spesso non è facile recuperare con i sistemi precedentemente detti) lo stesso articolo 8, lettera c), del Dpr 633/72, e le successive disposizioni sull’argomento (l’ultima delle quali l’articolo 12 septies del Dl 34/2019 convertito con la Legge n.58/19) consente agli “esportatori abituali” (coloro i quali, in presenza delle condizioni richieste dalla legge, ossia avere effettuato e registrato nell’anno precedente operazioni costituite per almeno il 10% da operazioni “non imponibili”) di acquistare “senza Iva”, seguendo però le specifiche disposizioni che, a partire dal 2020, rendono più stringenti le norme sulla detta non imponibilità onde di evitare evasioni d’imposta ed altre azioni fraudolente.

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