Come accade spesso, giornali, radiotelevisioni e giornalisti hanno la tendenza a far vedere solo una parte del problema
Cos’hanno in comune i taxi e le spiagge? Hanno in comune l’esigenza di nuove forme di regolamentazione, che vadano incontro alle necessità del libero mercato e dell’utenza, senza penalizzare chi ha vissuto ed ha investito in un settore nel quale, quando le attività hanno avuto inizio, vigevano altre disposizioni.
Come accade spesso, giornali, radiotelevisioni e giornalisti hanno la tendenza a far vedere solo una parte del problema, evitando accuratamente di mostrare il problema per intero, nell’occulto tentativo di acquisire consensi “al buio” verso questa o quella teoria, più o meno reale o realmente interessata, ma palesemente incompleta, almeno nella sua narrazione.
Nel caso in specie, l’informazione main stream tende a metterci di fronte a due questioni: per i taxi il fatto che, soprattutto nelle grandi città, quelli in funzione sono palesemente insufficienti rispetto alle esigenze dell’utenza; per le spiagge che, soprattutto in alcune zone, i prezzi di “un’estate al mare” sono diventati proibitivi, cosa che penalizza una parte dei cittadini, soprattutto nel pieno di una situazione economica che cresce, sì, ma che ancora presenta un alto tasso di disoccupazione.
Alla prima rappresentazione ed alla seconda manca un pezzo del ragionamento, che riguarda gli investimenti personali o aziendali che i tassisti, da una parte, ed i gestori degli stabilimenti balneari, dall’altra, hanno fatto nelle rispettive attività.
Di questo aspetto non parla nessuno, mentre si parla dei costi di acquisto delle licenze in un sistema contingentato, ormai si superano i 100 mila euro l’una, e della altrettanto limitata disponibilità di coste, che nei fatti determina egualmente una sorta di contingentamento, salvo che, in entrambi i casi, non si riapra il mercato.
Le soluzioni alle osservazioni dei rappresentanti delle varie posizioni possono essere diverse ed in parte condivisibili, tuttavia non può non prendersi in considerazione ciò che rappresenta il valore della licenza, per i tassisti, ed il valore dell’attività commerciale, per i gestori dei lidi.
Chi quantifica queste cifre? Chi le paga, posto che sono arrivate a tali valutazioni perché qualcuno ci ha investito somme importanti? Credo che per svolgere un ragionamento che punti verso l’auspicata liberalizzazione, si debba si guardare certamente agli interessi dell’utenza e del mercato, ma si debba pure tenere conto delle ragioni di chi vi opera da sempre, avendoci impegnato la propria vita ed i propri soldi. Mi rendo conto che rendere agevole un simile percorso non è affatto semplice, ma lo diventa ancor meno se si nascondono strumentalmente alcuni degli elementi che lo caratterizzano.
Sarebbe come nascondere ad un cittadino che usa il treno che i vagoni hanno bisogno di una motrice, perché da soli non riescono a muoversi.
Personalmente sono per la libera concorrenza e per la liberalizzazione del mercato, sulla base di regole che garantiscano l’utenza, soprattutto in materia di sicurezza e di professionalità dei gestori delle attività di cui si è detto.
Tuttavia non si può ignorare che questo nuovo disegno normativo non viene realizzato su un foglio bianco, ma su un foglio parecchio pasticciato, sul quale nascondere qualche tratto di matita non serve a risolvere il problema, bensì a complicarlo ulteriormente.
Se non si provvede a stabilire nuove disposizioni regolamentative, tenendo conto della realtà di partenza e dei costi, per lo più stratificati, che ha determinato lo status quo, si rischia di aprire una prateria all’abusivismo, alle furbizie, all’evasione fiscale, all’abbassamento dei livelli di sicurezza e di professionalità, non solo nei settori in questione.
I problemi non si risolvono ignorando il fatto che, fino ad oggi, il valore della vendita della licenza dei taxi o della concessione di tratti di costa costituisce una sorta di liquidazione per i rispettivi gestori, né si risolve fingendo di non sapere che le licenze di taxi in uso sono state acquistate e non messe a bando e la stessa cosa è accaduto per gli stabilimenti balneari. Insomma, in simili circostanze, l’abilità della politica non risiede nell’omissione di elementi di valutazione, ma nella sua capacità di saper mediare tra interessi contrapposti.
In ogni caso, però, bisogna partire dalla verità, non certo dalle omissioni o dalle solite spiacevoli furbizie all’italiana, che rappresentano l’anticamera di quanto di peggio si è sempre verificato nel nostro Paese.