Mignosi: “Recuperare questi ragazzi attraverso un percorso punitivo ma non di afflizione”
Relativamente allo stupro accaduto lo scorso 7 luglio a Palermo sembra a opera di sette giovani, tutti con età compresa tra i 17 e i 22 anni, il QdS ha affrontato con la pedagogista dottoressa Elena Mignosi, Professoressa Associata del Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione di UniPa, uno degli aspetti che si cela dietro questa orrenda tragedia, quello della povertà educativa e fragilità sociale di chi, se la magistratura lo confermerà, la ha generata e commessa.
Dottoressa Mignosi, quanto è successo è sintomo di un problema più ampio di quanto si può percepire?
“Senza dubbio siamo in presenza di un problema che non riguarda solo la città di Palermo ma si tratta di un problema profondamente culturale e sociale che riguarda l’intera società italiana. Voglio citare un documentario realizzato nel 2009 da Lorella Zanardo dal titolo ‘Il corpo delle donne’ che è ancora oggi molto attuale perché tratta di un lavoro che affronta il concetto di oggettivizzazione estrema del corpo femminile”.
La reazione sui social è stata smisurata…
“Sì ma non solo. Ci sono decine di migliaia di commenti che esprimono un giudizio positivo all’azione di questi ragazzi nei siti che si occupano di ‘porno-violenza’. Sono l’evidente sintomo di una gravissima situazione nelle relazioni di genere. Proprio nelle settimane precedenti al fatto di cui stiamo parlando, il Tribunale di Roma ha assolto il gruppo di ragazzi che ha perpetrato una violenza sessuale nei confronti di una giovane donna con la motivazione che ‘frequentando siti porno non hanno avuto la percezione che la donna non fosse consenziente’. Questa grande eco morbosa, pensiamo all’enorme diffusione del video dello stupro, ha voluto fare leva sulla parte ‘barbarica’ dell’individuo, scatenando rabbia e frustrazione che ha trasformato questi ragazzi in mostri, in individui diversi da noi. Che sia chiaro, io come donna ho provato un forte senso di nausea e disgusto nel leggere questi commenti. Siamo in presenza di una forte diseducazione. Viviamo in una società in cui l’educazione sentimentale, quella emotiva, quella sessuale – perché ciò non ha nulla a che vedere con il sesso – non esistono e questo trasforma la donna in un ‘pezzo di carne’. Questa gogna mediatica ha inoltre scatenato moltissime aggressioni nei confronti di questi ragazzi, che hanno fatto sicuramente una cosa gravissima e disgustosa che va assolutamente sanzionata, invocando pene e soluzioni capitali. È evidente che i sentimenti ‘forcaioli’ che oggi alimentano tutta l’Europa hanno la meglio e sembra che l’umanità abbia perso il lume della ragione”.
Si tratta di ragazzi molto giovani…
“Anche questo è un dato che va valutato. Sono giovani tra i 17 e i 22 anni, che sono trattati come criminali incalliti ma hanno un’età che permetterebbe loro di essere recuperati. Non posso non pensare a Nelson Mandela e alla filosofia dell’Ubuntu, al suo ‘Tribunale della Riconciliazione’ in cui carnefice e vittima sono uno davanti all’altro e il carnefice chiede perdono alla sua vittima vedendola come persona, non come un pezzo di carne”.
Cosa dobbiamo fare? Quale strada dobbiamo imboccare adesso? Da dove dobbiamo ricominciare?
“È necessario recuperare questi ragazzi attraverso un percorso punitivo, ma non di afflizione, con un concetto concreto di rieducazione. Io credo che ci sia bisogno di trovare degli spazi d’incontro e rieducazione emozionale che partano dalla famiglia per recuperare quella capacità empatica che oggi manca e proprio per questo è necessario che siano coinvolti anche i genitori. Ovviamente c’è anche da migliorare il percorso educativo istituzionale che può contribuire moltissimo in questo percorso. I nostri ragazzi devono riscoprire il bello dello stare assieme, di comprendersi vicendevolmente, di trattarsi alla pari. Questo ci permetterà di recuperare quel sistema valoriale che oggi è sconfitto. Purtroppo da questo punto di vista l’Italia è molto indietro. La scuola oggi, e non è colpa degli insegnanti, è principalmente basata su un sistema competitivo che non permette agli studenti di vivere esperienze formali con gli altri. Siamo in presenza di un vuoto che è necessario colmare e a questo si aggiunge il problema specifico del rapporto tra uomo e donna, tra i generi che nel nostro Paese non è mai stato affrontato con finalità di soluzione”.