Purghe e carcerazioni rischiano di compromettere i negoziati di adesione
BRUXELLES – I ventotto stati membri dell’Unione europea hanno chiesto alla Commissione europea di esaminare se occorra “tagliare o riorientare i fondi di pre-adesione” versati alla Turchia. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.
Correndo il rischio di irritare il governo islamico-conservatore di Recep Tayyip Erdogan, Tusk ha inoltre sottolineato che “la Turchia deve rispettare tutti gli stati membri nelle relazioni con l’Ue” e a questo riguardo ha menzionato l’esempio dell’Unione doganiera di cui Ankara rivendica una modernizzazione, un cantiere che gli europei rifiutano per ora di aprire a causa dei complicati rapporti con Ankara.
“Noi vogliamo mantenere la porta aperta per Ankara, ma le realtà attuali fanno sì che questo sia difficile”, ha riconosciuto Donald Tusk.
Anche i leader europei, a cominciare da Angela Merkel, avevano chiesto una riduzione o un “riorientamento” dei finanziamenti legati ai negoziati di adesione, per evidenziare contrasti con Ankara.
Tuttavia vari Paesi europei hanno vissuto episodi di gravi tensioni con la Turchia dal fallito colpo di stato del luglio 2016, a cui Ankara ha risposto con vaste purghe e decine di migliaia di carcerazioni. Durante la recente campagna elettorale in Germania, Merkel aveva gettato un sasso nello stagno annunciando che avrebbe proposto agli omologhi europei una sospensione dei negoziati di adesione.
La maggior parte degli altri responsabili europei non vuole respingere in modo così definitivo un partner strategico, visto che la Turchia è essenziale per contenere i migranti o lottare contro il terrorismo jihadista.
“Dobbiamo entrambi evitare una rottura e intrattenere un dialogo molto fermo e molto esigente”, ha sottolineato il presidente francese Emmanuel Macron.
Svariati miliardi di euro sono previsti nel bilancio dell’Ue, sul periodo 2014-2020, per aiutare il governo turco a mettere in atto riforme che punto a un riavvicinamento con l’Ue, in particolare per migliorare la governance e la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali.
Tuttavia, a causa di un blocco quasi completo dei negoziati da anni, meno di 400 milioni di euro sono stati stanziati per questi progetti.