Istat: nelle città settentrionali si contano 147 passeggeri per abitante contro 27 nel Mezzogiorno. Nei centri meridionali ancora altissima la percentuale di vetture inquinanti
PALERMO – Nel Sud Italia si continua a disdegnare l’uso dei trasporti pubblici locali (tpl). Secondo i dati proposti dall’Istat nel report Ambiente appena pubblicato, nel 2021 ha continuato a crescere il divario tra il Mezzogiorno e il resto della penisola, soprattutto rispetto al Nord. Se nelle grandi città del Nord l’utilizzo dei tpl si attesta sui 147,3 passeggeri per abitante, al Centro si scende a 118,2, e ad appena 27,4 nel Meridione. E questo nonostante sia stata registrata, nel 2021, una lieve ripresa della domanda, a livello nazionale, del 4,3%, dovuta principalmente agli incrementi registrati nei capoluoghi metropolitani (+3,8%), e negli altri capoluoghi principalmente del Nord, che arrivano al +6,1%.
Tale valore assume accezione negativa, invece, nei capoluoghi del Sud, che perdono, rispetto all’anno precedente, il 2,8%. Se la media nazionale della domanda di trasporti pubblici, quindi, è scesa del 45,6% rispetto al 2019, attestandosi su un valore di 104,3 passeggeri per abitante, nelle regioni del Mezzogiorno tale valore è sceso del 54,7%.
Perché al Sud non si usano i mezzi pubblici
Le motivazioni sono tante, e vanno dalle abitudini consolidate alla mancanza di infrastrutture che permettano l’abbandono del mezzo privato per i propri spostamenti. A esempio, tra i capoluoghi, ancora un quinto, al 2021, non avevano adottato o approvato il Piano urbano di mobilità sostenibile (Pums). Nella maggior parte dei casi, poi, i Pums coprono il solo territorio comunale del capoluogo, ignorando la possibilità di estendere il piano ai comuni limitrofi, per rispondere al meglio alle necessità dei bacini del pendolarismo.
I mezzi alternativi
A livello strettamente urbano, manca anche la possibilità di utilizzare in maniera agevole i mezzi alternativi. Se la rete delle piste ciclabili continua ad espandersi, toccando complessivamente i 5.300 km nell’insieme dei comuni capoluogo, oltre il 25% in più rispetto al 2016, Messina e Catania dispongono di meno di 10 km di percorsi, e altri sei capoluoghi, tutti nel mezzogiorno, ne sono del tutto privi. Oltre il 70% dell’infrastruttura ciclabile si concentra, infatti, nelle città del Nord, dove la densità raggiunge i 65 km per 100 km quadrati di superficie territoriale, quasi quattro volte il valore medio del Centro (17,7) e più di dieci volte quello del Mezzogiorno (6,3).
In termini di sostenibilità, comunque, il servizio di trasporto pubblico siciliano ha ancora tanto da fare per essere veramente una alternativa non inquinante all’uso del mezzo proprio. Il parco macchine in possesso delle maggiori città siciliane è, infatti, in buona parte costituito da mezzi a gasolio, ad alto tasso di inquinamento. Sempre secondo l’Istat, nel 2021 a Palermo quasi l’80% dei mezzi disponibili è alimentato a gasolio, con appena il 20% di mezzi a bassa emissione, elettrici o ibridi. Ancora peggio a Messina, dove i mezzi inquinanti coprono oltre l’80% della flotta. Un numero molto basso, se si pensa che la media delle città italiane, sebbene ancora non soddisfacente, sale comunque al 32%.
Unica eccezione positiva è Catania, che già nel 2021 registrava circa il 60% dei mezzi elettrici o ibridi, e ha visto, nel corso del 2022 e del 2023, l’acquisto, da parte del Comune, di numerosi mezzi elettrici. Sono stati, infatti, stanziati oltre 78 milioni di euro, provenienti dal Pnrr, che ad oggi hanno già portato all’acquisto di 36 mezzi elettrici. Si prevede, in un quadriennio, di giungere ad un totale di 100 autobus elettrici e 10 ad idrogeno, oltre alle necessarie infrastrutture di ricarica.