Il rapporto fra occupati e pensionati in Italia, malissimo in Sicilia

Il rapporto fra occupati e pensionati in Italia, la Sicilia è messa malissimo

Il rapporto fra occupati e pensionati in Italia, la Sicilia è messa malissimo

Redazione  |
sabato 18 Novembre 2023

Cgia ha condotto uno studio sul rapporto fra occupati e pensionati in Italia. Il Sud male e la Sicilia è messa malissimo: i dati

Dall’ultimo studio condotto dagli uffici di Cgia (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato) emergono dei dati peculiari per quanto concerne la proporzione di popolazione occupata e pensionati. Normalmente dall’analisi si rileva un rapporto sul territorio nazionale di 1:1, ma al Sud le statistiche cambiano drasticamente.

I numeri per la precisione in Itali sono i seguenti: numero di pensioni erogate 22.772.000, numero di occupati 23.099.000; nelle regioni del Sud e delle Isole le pensioni pagate ai cittadini sono 7.209.000, mentre gli addetti sono 6.115.000. Un risultato preoccupante che dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare.

Migliorare il rapporto occupati e pensionati

Cgia ha precisato nella sua relazione: “Come riequilibrare il sistema? Soluzioni miracolistiche non ce ne sono e ancorché fossero disponibili i risultati li avremmo non prima di 20-25 anni. Tuttavia, con sempre meno giovani e sempre più pensionati il trend può essere invertito in tempi medio-lunghi solo allargando la base occupazionale. Come? Innanzitutto portando a galla una buona parte dei lavoratori ‘invisibili’ presenti nel Paese. Stiamo parlando di coloro che svolgono un’attività in nero che, secondo l’Istat, ammontano a circa 3 milioni di persone che ogni giorno si recano nei campi, nelle fabbriche e nelle abitazioni degli italiani a svolgere la propria attività lavorativa irregolare. È altresì necessario incentivare ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, visto che siamo fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione femminile (pari al 50 per cento circa)”.

Inoltre, bisogna rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica (aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori, etc.) e allungare la vita lavorativa delle persone (almeno delle persone che svolgono un’attività impiegatizia o intellettuale). Da ultimo è necessario innalzare il livello di istruzione della forza lavoro che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’Ue. Secondo la confederazione se non si agirà in questo modo in tempi relativamente brevi, fra qualche decennio la sanità e la previdenza rischiano di implodere.

Entro 2027 si dovranno “sostituire” quasi 3 milioni di addetti. Purtroppo, non c’è molto tempo; dalla lettura delle statistiche demografiche/occupazionali emergono tendenze molto preoccupanti. Tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. Insomma, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età.

Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “sostituire” una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori. Negli ultimi 5 anni la popolazione italiana in età lavorativa (15-64 anni) è scesa di oltre 755 mila unità e solo nel 2022 la contrazione è stata pari a 133 mila. Con più anziani sono a rischio l’immobiliare, i trasporti e la moda. Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone.

Va altresì segnalato che con una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, facendo così “felici” molti istituti di credito.

Occupati e pensionati: la situazione nera della Sicilia

Milano, Roma, Brescia le realtà più virtuose. Messina, Napoli e Lecce, invece, le più squilibrate. A livello provinciale nel 2022 la realtà territoriale più virtuosa d’Italia è stata Milano (saldo dato dalla differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati uguale a +342 mila).

Seguono Roma (+326 mila), Brescia (+107 mila), Bergamo (+90 mila), Bolzano (+87 mila), Verona (+86 mila) e Firenze (+77 mila). Male, come richiamato più sopra, i risultati delle province del Mezzogiorno. Tra tutte, solo Cagliari (+10 mila) e Ragusa (+9 mila), presentano un saldo positivo. Le situazioni più squilibrate, invece, riguardano Palermo (-74 mila), Reggio Calabria (-85 mila), Messina (-87 mila), Napoli (-92 mila) e Lecce (-97 mila).

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