Dpr 633/1972: i funzionari hanno facoltà di eseguire ispezioni ma previa autorizzazione della Procura della Repubblica. Gli uffici hanno il potere di controllare le dichiarazioni dei contribuenti e riscuotere i versamenti omessi
ROMA – Secondo quanto disposto dagli articoli 51, Dpr n. 633/1972, e 31, Dpr n. 600/1973, gli uffici, avvalendosi le diverse modalità d’indagine previste dalla legge, hanno il potere di controllare le dichiarazioni dei contribuenti e riscuotere i versamenti omessi; accertare e riscuotere le imposte e le maggiori imposte dovute; vigilare sull’osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli obblighi stabiliti dalle singole leggi fiscali; provvedere alla irrogazione delle sanzioni amministrative e alla presentazione del rapporto all’autorità giudiziaria competente nel caso di violazioni costituenti reato.
Il successivo art. 52 dello stesso Dpr n. 633/1972, in materia di Iva (ma al quale fanno anche riferimento altre norme riguardanti altri tributi, principalmente le imposte dirette), tra le altre attività d’indagine, prevede che i funzionari degli uffici finanziari hanno facoltà di eseguire accessi, ispezioni, verificazioni e ricerche per “l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni”.
Ed è proprio il citato articolo 52 che, dopo avere previsto la possibilità dell’accesso nei locali aziendali, ha ipotizzato anche l’accesso in locali diversi da quelli dichiarati dal contribuente, compresa l’abitazione, imponendo, comunque, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica in questi ultimi casi.
Intanto, così come previsto proprio nel primo comma del medesimo articolo, tutte le volte in cui si debba accedere presso locali che siano anche abitazione, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è sempre necessaria.
Poi, in base al secondo comma, per accedere in locali diversi da quelli indicati nel primo comma, occorre che tale accesso abbia luogo solo in caso di gravi indizi di violazioni e solo per reperire documentazione; ed inoltre, per eseguire tale tipo di accesso, è indispensabile l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.
Quest’ultimo, ossia l’Autorità Giudiziaria, è deputato sia a verificare l’esistenza delle condizioni che legittimano questa forma di accesso particolarmente invasivo e delicato (una sorta di perquisizione presso un’abitazione), e poi per controllare che vengano rispettate le norme che, come nel campo penale, vanno rispettate per accedere in locali che godono di una speciale tutela, come appunto l’abitazione.
Recentemente la Corte di Cassazione (Ordinanza n. 33399 del 30 novembre 2023) ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate riguardante la regolarità, o meno, di un accertamento fondato sul risultato di una autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica per il reperimento di documentazione presso il domicilio di un terzo soggetto.
In quel caso, il, tutto aveva avuto origine da una “delazione anonima” ricevuta dalla Guardia di Finanza e fatta da un ex dipendente delle aziende verificate.
Ma, secondo i Supremi Giudici, la semplice delazione da parte di un soggetto non può assumere il carattere di grave indizio di violazione richiesto espressamente dal secondo comma dell’articolo 52 del Dpr 633/72, condizione la quale deve sempre essere valutata ed eventualmente ritenuta esistente dall’Autorità Giudiziaria prima di concedere l’autorizzazione del qua.
Per questo motivo, ritenendo non regolare la procedura di accertamento operata dall’Ufficio sulla base dell’autorizzazione concessa dal Giudice (peraltro appositamente impugnata presso il Giudice Ordinario), La Cassazione, come già detto, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.