Ex Asu, l’ultimo capitolo di una storia senza fine - QdS

Ex Asu, l’ultimo capitolo di una storia senza fine

Ex Asu, l’ultimo capitolo di una storia senza fine

martedì 20 Febbraio 2024

Con l’approvazione della Finanziaria regionale è stata promessa una svolta, ma non tutti i dubbi sono stati fugati. Numerose le perplessità avanzate dai sindacati, che hanno parlato di “ostacoli evidenti” alle stabilizzazioni

PALERMO – Il processo di stabilizzazione degli Asu sembra ormai essere prossimo a una conclusione definitiva. L’approvazione della Finanziaria, infatti, con il reperimento dei fondi necessari, permetterà la stabilizzazione di circa 3.700 Asu su tutto il territorio regionale. Una svolta celebrata con grande soddisfazione da parte della Giunta regionale: “Un provvedimento – ha affermato l’assessore regionale alla Famiglia, alle Politiche sociali e al Lavoro Nuccia Albano – che darà dignità lavorativa a tante famiglie che per circa trent’anni hanno vissuto nell’incertezza. Una Legge di stabilità che elimina parte del precariato, garantendo, al contempo, servizi fondamentali ai siciliani. Il Governo Schifani ha ancora una volta dimostrato che tutti insieme possiamo lavorare concretamente per una Sicilia migliore”.

Gli Asu fino a giugno con 36 settimanali

C’è però una sorta di limbo che dovranno attraversare ancora questi lavoratori. Gli Asu, distribuiti tra Comuni ed enti pubblici regionali, resteranno nel bacino di appartenenza con 36 ore settimanali fino al 30 giugno, quindi potranno così scegliere se continuare con il contratto attuale o passare a un contratto a tempo indeterminato a 30 ore settimanali. Se il programma iniziale, infatti, era di proporre la stabilizzazione a 24 ore settimanali, con un emendamento del Governo regionale in fase di approvazione della Finanziaria è stato previsto un monte orario di stabilizzazione a 30 ore.

“Dopo aver messo in sicurezza gli ex Pip, oggi è il momento degli Asu. Raggiungiamo un obiettivo che rende la nostra Regione più solida e ordinata, riconoscendo dignità e diritti a migliaia di lavoratori siciliani”. Così è intervenuto anche l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone: “Avevamo assunto precisi impegni sulla lotta al precariato storico, oggi dimostriamo ancora una volta di saper mantenere la parola data. Ai sindacati e ai lavoratori avevamo chiesto qualche settimana di pazienza per reperire le risorse necessarie alla stabilizzazione dei 3700 lavoratori Asu e questo è il risultato raggiunto dal governo Schifani”.

I sindacati non hanno mostrato lo stesso entusiasmo dei rappresentanti istituzionali: “Questa legge, purtroppo, non prevede il superamento delle criticità di alcuni enti che non potranno di fatto provvedere a stabilizzare, permangono infatti ostacoli evidenti” hanno scritto da Usb Sicilia. Inoltre, si pone il dubbio rispetto alla effettiva possibilità di prosecuzione fino a giugno delle attività così come fatto negli ultimi anni. Il sindacato è dunque preoccupato che quanto fatto in Aula possa venire impugnato al ministero del Lavoro, a Roma.

Chiamati in origine Lsu, Lavoratori socialmente utili

Un lungo percorso, quello di questi lavoratori, chiamati in origine Lsu, Lavoratori socialmente utili. Questa particolare categoria trova fondamento in una normativa nazionale risalente ai primi anni Ottanta, definita compiutamente nel Decreto legislativo n. 81/2000. I Lavoratori socialmente utili erano soggetti che si trovavano in uno stato di inoccupazione, che sono stati inseriti nelle Amministrazioni locali a supporto del personale già in servizio. In tal modo, avrebbero ricevuto una formazione professionale per il reinserimento nel mondo del lavoro. Quella che doveva essere una parentesi formativa, quindi, è diventata una lunga storia di proroghe, eliminando dunque ogni carattere di temporaneità all’istituto.

Al contrario, i lavoratori sono stati utilizzati in sempre più settori, e sempre più ore settimanali. Senza diventare, però dipendenti: gli Asu sono “retribuiti” tramite un sussidio, attualmente di importo pari a circa 600 euro lordi al mese, per un orario di venti ore settimanali, senza tredicesima, né Tfr e senza alcuna contribuzione previdenziale.

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