Ieri un importante confronto sul tema della parità dei sessi e della violenza contro il genere femminile. L’impegno dell’Ateneo palermitano verso una vera parità, anche sul fronte professionale
PALERMO – “La legislazione, tutto sommato, fa il suo, ma le donne non sono incoraggiate a fare carriera e spesso si fermano a un livello intermedio, perché pensano di avere più difficoltà a conciliare con i compiti di cura. Poi, esiste una legittimazione differente, poiché si pensa che gli uomini debbano fare carriera, mentre le donne devono lavorare, ma non c’è bisogno che arrivino ai vertici perché trascurerebbero i figli”. Con questa dichiarazione, data in esclusiva al nostro giornale, la Prorettrice all’Inclusione, Pari opportunità e Politiche di Genere, Beatrice Pasciuta ha parlato del confronto intitolato “Come si riconosce una relazione violenta?”, svoltosi ieri a Palazzo Steri, sede dell’Università di Palermo. Una questione quantomai attuale, la violenza sulle donne, di cui si è esaminato un aspetto importante. Perché la violenza può assumere molti aspetti: basti pensare per esempio alle molte donne che non hanno una fonte di reddito autonoma dal partner maschile, condizione che aiuta l’uomo violento a condizionarle ancora di più.
Nonostante la legislazione stia promuovendo una maggiore parità di diritti nel mondo del lavoro, questi sforzi non sono sufficienti. Il motivo è spiegato dalla stessa prorettrice: “Certamente, tutto passa attraverso una maggiore consapevolezza di tutti gli attori, non solo delle donne e degli uomini”.
Il tema della violenza sulle donne, trattato all’Università pochi giorni dopo la Giornata dell’8 marzo, ha incluso anche interventi che hanno spiegato questo aspetto della nostra società, spesso non sottolineato come si dovrebbe, come ha ammesso anche il primo dirigente della Polizia di Stato, Divisione Anticrimine della Questura di Palermo, Rosaria Maida.
Quali sono i segnali di un partner violento?
Ma quali sono i segnali che indicano la presenza di un partner violento nella coppia? Secondo Alessandra Kustermannn, presidente Svs Donna Aiuta Donna (centro antiviolenza), i segnali sono nove: l’indifferenza, il ricatto, l’umiliazione, la manipolazione, la gelosia, il controllo, l’intrusione, l’isolamento e l’intimidazione.
Secondo l’Istat, “il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila)”. Numeri esorbitanti, che richiedono un ripensamento dell’intera società sul rapporto uomo-donna in un mondo in continua evoluzione che impone sforzi notevoli a tutta la società italiana.
La posizione dell’Università di Palermo
In questo quadro, è chiara la posizione dell’Università di Palermo, illustrata ancora una volta dalla prorettrice in esclusiva al nostro giornale: “Stiamo facendo tanto per quanto riguarda le pari opportunità, perché significa mettere tutti nelle stesse condizioni, ma senza essere tutti uguali, perché ognuno è diverso. Dobbiamo capire le specificità e dobbiamo provvedere con strumenti che mettano tutti in condizione di camminare bene e fino in fondo. Noi stiamo facendo tutta una serie di iniziative, che sono tante. Abbiamo istituito un Centro di studi sulle politiche di genere di Ateneo per mettere a sistema e potenziare le iniziative sui gender studies. Abbiamo un dottorato di ricerca sugli studi di genere istituito due anni fa. Abbiamo approvato il Codice di condotta contro le violenze, le molestie e le discriminazioni di genere. Quest’ultimo vincola tutto il personale docente, quello amministrativo e il corpo studenti a rispettare alcune regole. Poi, abbiamo lo sportello antiviolenza e la consigliera di fiducia nell’avvocato Claudia Petrotti, che è esterna all’Ateneo e che ha il ruolo di ascoltare, recepire e trasmettere tutti quei comportamenti di zona grigia. Questi comportamenti non arrivano alla Polizia, ma richiedono il nostro intervento per impedire che avvengano tragedie”.
Nel corso dell’incontro è intervenuto anche il rettore dell’Università, Massimo Midiri, che ha definito l’appuntamento di ieri “un’occasione per riflettere sulle questioni di genere, sugli stereotipi, sui problemi legati al gender gap, oggi al centro delle politiche sociali europee e nazionali e, purtroppo, della cronaca quotidiana. Confidiamo che l’incontro venga assorbito dal maggior numero possibile di nostri studenti e che sia colto come opportunità di diffondere una consapevolezza aggiornata su questioni oggi cruciali per la vita civile e culturale di ciascuno”.