Guai a chi giudica i nostri figli per aiutarli a maturare ed a prepararsi ad “entrare in società”
I talent show sono tra i programmi con gli indici di ascolto più alti e con i più alti gettiti pubblicitari. Fin qui non c’è nulla di male, i palinsesti televisivi ed il mercato sono fatti così. Non appena vediamo comparire il volto truce di Rudy Zerbi o della “maestra” Celentano che umiliano qualche ragazzino in cerca della propria fortuna possiamo persino raggiungere l’orgasmo, e neanche questo è particolarmente grave, anche se dà parecchio fastidio per i toni che vengono usati. Il buonismo di Lorella Cuccarini o di Arisa ci fa imbestialire, perché a noi piace veder soffrire i concorrenti, in particolare quelli che hanno difficoltà a superare qualcuna delle prove che sono state loro assegnate. I processi calcistici, poi, ci consentono di dire a ruota libera le cose più incredibili, senza correre alcun rischio di sorta. Godiamo, come dei ricci nella stagione degli amori, quando sul volto di un attempato cantante, da anni messo da parte dal pubblico, scorre qualche lacrima di commozione o di gioia, per un pizzico di notorietà riconquistata. Amici, Italia’s Got Talent, X Factor, Master Chef Italia, ecc., ci mandano in solluchero sin da quando parte la sigla di testa o il promo che li presenta.
Il grande fascino del giudizio ci fa sbrodolare
Il grande fascino del giudizio ci fa sbrodolare, è proprio il caso di dirlo, quando ascoltiamo i giudizi sferzanti di chef stellati come Bruno Barbieri, Carlo Cracco, Joe Bastianich, Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Antonia Klugmann, che se la prendono con cuochi improvvisati o con discutibili personaggi dello spettacolo, pronti a farsi sbeffeggiare fino alla disperazione, pur di farsi rivedere dal grande pubblico.
Passando ai social, la prima cosa che facciamo ogni giorno, subito dopo aver pubblicato un nostro post, è controllare quanti like abbiamo collezionato e di quanto siano aumentati i nostri follower, ai quali ci dedichiamo con un sentimento profondo che sfiora l’amore. Abbiamo fatto del giudizio, più o meno istituzionalizzato e più o meno fondato, uno dei nostri passatempi preferiti, al quale dedichiamo ore ed ore della nostra giornata. Aspettiamo con ansia Porta a Porta, Quarto Grado, Amore Criminale o qualche altro talk, per poterci sostituire al claudicante sistema giudiziario italiano, anticipandone “per simpatia o antipatia” le appellabili sentenze, esprimendo inappellabili conclusioni, degne delle più insulse chiacchiere da Bar dello sport.
Non ci perdiamo neanche una puntata del “collegio”, in cui i ragazzi vengono spremuti come dei limoni e spesso umiliati, eppure, tutta questa nostra passione, volta al giudizio a qualunque costo, si ferma e cambia direzione nel momento in cui un Ministro, o anche una qualsiasi persona perbene e di buonsenso, armato solo dalla voglia di far funzionare meglio la scuola e l’istruzione in genere, sostiene che sarebbe opportuno premiare il merito, magari evitando che i meritevoli fuggano all’estero, e facendo in modo di sostenere chi parte da condizioni di svantaggio, introducendo, possibilmente, dei correttivi e dei supporti, come potrebbero essere gli “insegnanti tutor” o altro.
Insomma, possiamo giudicare tutto e tutti, in ogni occasione, possiamo farlo anche usando toni sferzanti, per gli altri, ma guai a chi giudica i nostri figli per aiutarli a maturare ed a prepararsi ad “entrare in società”, armati di un po’ di competenza e del senso logico necessario a non prendere fregature. Guai! I nostri figli non possono essere valutati! “Chi sono costoro che si permettono di farlo, solo perché sono dietro una cattedra”, affermano i genitori indignati, che minacciano di scendere in piazza o di rivolgersi al TAR. Per loro li dobbiamo lasciare nel limbo e nell’illusione delle promozioni facili, quanto inutili, perché giudicare quei ragazzi, imbottendoli di frasi fatte e luoghi comuni, vuol dire giudicare anche le rispettive famiglie ed i loro errori.
Scoprire di aver sbagliato qualcosa fa parecchio male
Le famiglie non vanno mai disturbate. Scoprire di aver sbagliato qualcosa gli fa parecchio male, cosa che vogliono assolutamente evitare a qualunque costo, soprattutto se, sulla falsa eguaglianza, ci hanno costruito una fortuna politica e speculazioni di ogni genere. Continuando così si favorisce il consolidamento di una alleanza viziosa e devastante tra studenti che non hanno voglia di studiare, docenti che non hanno voglia di insegnare e genitori che non vogliono essere disturbati. In una simile situazione, lo si voglia o non lo si voglia, chi sarà chiamato a giudicare e porre rimedio ai guasti provocati da una scuola che, per non farlo, promuove tutti, non sarà la scuola stessa, che perderà di prestigio e di autorevolezza, ma la vita, che però ha un gravissimo limite: non ha tutor, né esami di riparazione.