Spetterà alla Procura di Roma il delicato compito di decidere se accettare le richieste dell'avvocato D'Antona e "ricercare la verità" sulla fine tragica della picciridda dell'antimafia.
L’Associazione nazionale antimafie Rita Atria ha inviato un nuovo esposto alla Procura della Repubblica di Roma per chiedere l’apertura di un’indagine per “reato contro ignoti” al fine di fare chiarezza sulle circostanze della morte della testimone di giustizia, molto vicina al giudice Paolo Borsellino e deceduta in circostanze misteriose a Roma il 26 luglio 1992.
Lì la giovanissima Rita viveva dopo aver trovato il coraggio di denunciare gli orrori e la “quotidianità” della mafia siciliana, che aveva potuto osservare da vicino e affrontare in prima persona. Un coraggio che aveva trovato l’ammirazione del giudice Paolo Borsellino, quasi un padre per la giovane “picciridda dell’antimafia“, morta proprio pochissimi giorni dopo la strage di via d’Amelio.
Rita Atria, nuovo esposto per riaprire le indagini
L’avvocato Goffredo D’Antona, nell’interesse di Anna Maria Atria e dell’Associazione nazionale antimafie Rita Atria, ha chiesto alla Procura della Repubblica di Roma, nonché per opportuna conoscenza alla Procura Generale Capitolina, “la trasmigrazione della istanza di riapertura delle indagini notizia riguardante la morte della giovanissima testimone di giustizia Rita Atria, avvenuta in circostanze mai adeguatamente chiarite a Roma nel 1992, dal registro delle notizie non costituenti reato al registro delle notizie di reato contro ignoti“. Questo si legge in una nota divulgata dalla stessa Associazione Rita Atria nelle scorse ore.
Si tratterebbe di un atto propedeutico per permettere nuove indagini sul decesso della ragazza, ritenendo che queste possano fare emergere omissioni e criticità soprattutto relative alla gestione della protezione dei testimoni.
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I punti oscuri
Tante le circostanze da chiarire sulla morte di Rita Atria: dall’inspiegabile assenza di impronte digitali nell’alloggio da cui si sarebbe gettata Rita, alla sparizione di una rubrica telefonica presa da un ignoto commissario di polizia, fino all’orologio da uomo fotografato subito dopo il tragico evento ma non sequestrato e non repertato.
Una recente consulenza medico-legale, inoltre, avrebbe riconosciuto un tasso alcolemico nel corpo di Rita Atria “in misura incompatibile con alcuni elementi emersi dai rilievi del CIS”. Adesso sarà la Procura di Roma ad avere il delicato compito di decidere di “ricercare la verità”, accogliendo le richieste del nuovo esposto.