Sono diverse le criticità che emergono dal rapporto Istat sul benessere equo e sostenibile 2023
È stato pubblicato nei giorni scorsi da parte dell’Istat il rapporto sul benessere equo e sostenibile 2023, che da undici anni consente di tracciare un quadro generale del mondo del lavoro in Italia. Il BES offre uno spaccato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese,
attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori suddivisi in 12 domini.
Preoccupanti, senza mezzi termini, i dati che provengono dalla Sicilia. Sono diverse, infatti, le criticità che emergono dalle tabelle: dallo scarso livello di occupazione femminile al tasso di popolazione che non partecipa attivamente al mercato del lavoro. Spazio anche per lo smart working, che non pare apprezzato dai manager siciliani. I dati evidenziano più in generale anche un mondo del lavoro sommerso, collocando la Sicilia al secondo posto in Italia dietro soltanto alla Calabria. Ma andiamo per step nell’analisi.
Istat, il 32,6% dei siciliani non partecipa al mercato del lavoro
I dati, è opportuno sottolinearlo, fanno riferimento al 2023 e sono ancora influenzati dall’ondata post Covid. Il 32,6% dei siciliani non partecipa attivamente al mercato del lavoro, non essendo impiegato, non
ricercando un impiego o risultando invisibile alle classifiche perché lavoratore in nero. Questo il dato forse più complesso da sbrogliare per la Sicilia nelle tabelle del BES. Si tratta di una statistica più che doppia rispetto alla media nazionale del 14,8% e dieci volte superiore alla situazione florida vissuta, per esempio, dalla provincia di Bolzano, dove la percentuale è del 3,5%.
Prendendo in considerazione la fascia d’età tra 20-64 anni e da qui la popolazione abile e arruolabile al
lavoro, a livello nazionale il tasso di occupazione è superiore al 66%; in Sicilia si ferma invece al 48,7%.
Andando ancora più in profondità, drammatica risulta la situazione del lavoro al femminile. La Sicilia, con il 61%, è l’ultima regione italiana che consente l’impiego alle donne madri nella fascia d’età 25 – 49 anni.
Istat, in Sicilia indicatore sicurezza occupazionale al 6,4%
In Valle d’Aosta questa percentuale è dell’87,2%. Non solo le donne (peggio se madri, ndr) faticano oltre ogni previsione a trovare un impiego: dalle tabelle emerge come proprio il lavoro non risulti affatto percepito come stabile o soddisfacente. In più, vi è anche paura di poterlo perdere e non trovarne un altro uguale: in Sicilia l’indicatore dell’insicurezza occupazionale è del 6,4%, davanti c’è solo la Basilicata con una percentuale vicina al 9%. Se a livello nazionale la media di soddisfazione per il lavoro svolto è del 51,7%, nell’Isola il dato si ferma poi al 45%.
La Valle d’Aosta risulta anche in questo caso la prima regione in Italia con un dato che si attesta al 61,7%. C’è chi stavolta se la passa peggio ed è la Campania: qui sono soddisfatti il 41% degli occupati.
E se l’Isola è in scia con il resto del Paese per lavoratori sovra-istruiti rispetto alle mansioni che svolgono,
con le altre regioni paga invece lo scotto dello smartworking. In tutta Italia sono stati il 12% dei lavoratori a richiedere di poter lavorare a distanza così da conciliare meglio vita privata e lavorativa; addirittura il 15,6% in Lombardia.
Istat, in Sicilia la percentuale più elevata di lavoratori con contratto a termine
In Sicilia ci si attesta invece sotto il 7%, con i manager che sembrano voler mantenere il
controllo costante sui propri lavoratori. Quello del controllo sui dipendenti è un tema che può parzialmente essere compreso – al netto delle sfumature sulla stabilità generale del mondo del lavoro a queste latitudini – anche dai dati che fanno riferimento ai contratti a termine. In Sicilia, rispetto a una media italiana del 18%, è presente la percentuale più elevata di lavoratori con contratto a termine: quasi un siciliano su tre. Contratti che, nel tempo, non diventano mai indeterminati: Isola ferma al 18% rispetto al 31% del Veneto.
Una ulteriore riflessione, infine, la merita poi il fenomeno del lavoro nero. La Sicilia (con dati in questo caso fermi però al 2021, ndr) è infatti al secondo posto in Italia per occupazione irregolare. Un dato che decresce a livello nazionale (dall’11,3% del 2021 al 10,8% del 2022), ma che invece rimane stabile nell’Isola (16%), al penultimo posto nella classifica davanti solo alla Calabria (20%) e in linea con una situazione preoccupante che riguarda tutto il Sud, fermo al 15,6% contro l’8,9% del Nord e l’11,7% del Centro.
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