Zecche positive a meningoencefalite su camoscio morto: rischi per l'uomo e i dettagli - QdS

Zecche positive a meningoencefalite su camoscio morto: rischi per l’uomo e i dettagli

Zecche positive a meningoencefalite su camoscio morto: rischi per l’uomo e i dettagli

Redazione  |
sabato 11 Maggio 2024

Zecche positive al virus della meningoencefalite (Tbe). Il 13 aprile il corpo di un camoscio è stato rinvenuto nei boschi di Rasura.

Zecche positive al virus della meningoencefalite (Tbe). Il 13 aprile il corpo di un camoscio è stato rinvenuto nei boschi di Rasura, in provincia di Sondrio e dalle analisi virologiche e sierologiche è stata riscontrata la positività. L’ATS della Montagna, proprio per evitare la diffusione di fake news, ha sottolineato che sono ancora in corso i test. La positività, infatti, è emersa solo sugli artropodi presenti sul camoscio e non sull’animale selvatico. In sintesi non è ancora noto se il camoscio sia deceduto per l’infezione. La notizia ha comunque generato apprensione. La malattia virale, infatti, può essere trasmessa pure all’uomo tramite la puntura di una zecca. Nell sito dell’Istituto Superiore della Sanità si possono trovare delle informazioni relative alla diffusione e all’origine del virus.

Meningoencefalite da zecche: cos’è e quando è stata identificata in Italia

La Tbe (Tick Borne Encephalitis) o meningoencefalite primaverile-estiva è una “malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, causata da un arborvirus appartenente al genere Flavivirus, molto simile ai virus responsabili della febbre gialla e della dengue. L’encefalite da morso di zecca è stata identificata per la prima volta in Italia nel 1994 in provincia di Belluno. Dal punto di vista epidemiologico, oggi la Tbe è presente in focolai endemici in molti Paesi dell’Europa centro orientale e settentrionale, Italia compresa. In particolare nel nostro Paese dal 1994 al 1999 sono stati identificati 35 casi di malattia in provincia di Belluno. Le zecche, e in particolar modo Ixodes ricinus e Ixodes persulcatus, operano sia come vettori che come serbatoi. Anche le zecche del genere Dermacentor (zecca del cane) ed Haemaphysalis possono trasmettere l’infezione” afferma l’ISS.

Come si trasmette il virus e sintomi

“Il virus trasmesso dalle zecche infetta diversi animali, selvatici o domestici, fra cui roditori, caprioli, ovini, caprini che contribuiscono al mantenimento del ciclo di trasmissione dell’infezione – continua l’Istituto -. Gli uccelli, molto probabilmente, contribuiscono a trasportare passivamente zecche infette anche a notevole distanza durante le loro migrazioni.

Dopo il morso di zecca infetta nell’uomo, nel 70% dei casi circa, si manifesta un’infezione senza o con sintomi poco rilevanti, che può passare inosservata. Nel restante 30% dei casi, dopo 3-28 giorni dal morso di zecca si ha una prima fase con sintomi similinfluenzali come febbre alta, mal di testa importante, mal di gola, stanchezza, dolori ai muscoli e alle articolazioni per 2-4 giorni. Poi la temperatura scende e in genere non ci sono ulteriori conseguenze. Nel 10-20% di questi casi, dopo un intervallo senza disturbi di 8-20 giorni, inizia una seconda fase caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale (encefalite, paralisi flaccida a esito mortale nell’1% dei casi).

Nei bambini e nei soggetti più giovani la Tbe mostra generalmente un decorso più mite, con progressivo aumento della severità al progredire dell’età”.

La profilassi specifica

“Il vaccino contro la Tbe, da tempo in uso in molti Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, è stato recentemente registrato anche in Italia con procedura di mutuo riconoscimento comunitario. Il vaccino è entrato in commercio nel nostro Paese all’inizio del 2006 – rivela l’ISS -. Il ciclo vaccinale di base prevede la somministrazione di tre dosi (all’età di 0, 1-3 mesi, 9-12 mesi) con richiami a cadenza triennale, per via intramuscolare, preferibilmente nella regione deltoidea. Esiste anche la possibilità di seguire un ciclo accelerato di vaccinazione, che però non garantisce gli stessi risultati del ciclo classico, in termini di risposta anticorpale” conclude l’Istituto Superiore di Sanità.

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