Costruire il Ponte per fare tutto il resto - QdS

Costruire il Ponte per fare tutto il resto

Costruire il Ponte per fare tutto il resto

mercoledì 03 Luglio 2024

L’estratto di un intervento dal titolo “Appunti sul Ponte sullo Stretto di Messina” datato 9 aprile 2000

In relazione al dibattito in corso a livello nazionale, pubblichiamo l’estratto di un intervento dal titolo “Appunti sul Ponte sullo Stretto di Messina” datato 9 aprile 2000 ed effettuato nel corso di un incontro organizzato nell’Auditorium de Le Ciminiere di Catania.

Continua dal QdS del 19/6/2024

Naturalmente esso va inquadrato in tante altre cose che vanno fatte al di qua ed al di là dello Stretto. Ma queste altre cose si faranno se si farà il Ponte. Chi chiede che queste altre cose vengano fatte prima, come precondizione, chiede un approccio irrealistico, che non si è mai verificato. Questo è il metodo dell’immobilismo.

Leggo su un libro giapponese di qualche anno fa questo commento: “Mentre in Italia si continua a parlare del Ponte sullo stretto di Messina, i giapponesi hanno costruito il Silikan Tunnel, un gigantesco cordone ombelicale sottomarino lungo 54 km, poggiato sul fondo del mare fino a una profondità di 300 metri, che congiunge Houshu, l’isola di Tokyo, con l’Hokkaido, la grande isola settentrionale che confina con le isole Cumili. Hanno realizzato 11 Km di straordinari ponti sospesi sul mare interno di Seto ed hanno completato l’aeroporto intercontinentale di Osaka, costruito su un’isola artificiale sull’oceano”.

E lasciatemi concludere con un altro pensiero del grande lombardo Carlo Cattaneo che, negli ultimi anni, dedicò tanta attenzione al Sud ed in particolare alla Sicilia e Sardegna, concentrandosi soprattutto su strade e ferrovie: “Purtroppo vi è chi collocando la felicità delle genti non nel moto, come è il desiderio dell’universo natura, ma nella quiete della fossa, vorrebbe che le cose umane fossero tutte con inviolabile norma prefinite. Vorrebbe adunque un magisterio d’arte che numerasse i fili d’ogni tessuto; vorrebbe un’architettura che comandasse anzitempo a tutte le combinazioni della vita; vorrebbe un grado di dovizia perpetuo nelle famiglie; una filosofia di sillogismi perenni, ai quali attingere tutti i particolari della scienza; un dizionario infine nel quale s’impietrisse perfino la parola; sicchè un’inesorabile predestinazione aggravasse tutti i pensieri e tutte le speranze dell’uomo. Ma infelice quella generazione che si proponesse d’essere in tutto come furono i suoi padri! Poiché, quando quelli avessero pure sfolgorato d’ogni valore e d’ogni gloria, i figli, finché nulla aggiungessero alle loro imprese, rimarrebbero tanto da loro degeneri, quanto l’inerzia è diversa dall’opera, quanto l’immobilità è diversa dal moto…. Quindi è necessità, necessità morale, che ogni generazione inalzi i suoi templi e i suoi archi, e modelli le sue sculture, e apra nuove vie per alpi e per lagune, e inarchi nuovi ponti non solo ormai sui fiumi, ma sui laghi, ma sui mari, e non solo sopra lo specchio delle aque, ma fin per disotto ai tetri loro gorghi. È mestieri che a forza d’ardimenti e di temerità l’uomo si trovi di repente dubitoso e smarrito a fronte d’immediati ostacoli, affinché il genio allora si svegli, e si avvegga di sé, e affronti con nuovi pensamenti la vecchia natura. E perché questa salutevole palestra delli animi dia nervo a tutto un popolo, e diffonda perfino nell’ultima famigliola il polso d’una vita sollecita e intesa, bisogna che tutta la legione delle arti utili si rinovelli a ora a ora dietro i quotidiani della scienza…”.

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