I due finanziamenti sono stati revocati per la mancanza, entro il 31 dicembre scorso, di obbligazioni giuridicamente vincolanti.
Quasi 13 milioni e mezzo di euro. Con questa cifra la Regione Siciliana avrebbe dovuto migliorare i consumi energetici dell’ex Palazzo Esa – oggi sede a Catania del governo – e alcuni immobili di proprietà del Cefpas, il centro di formazione sanitaria. A quasi cinque anni dal decreto con cui i due interventi erano stati inseriti tra quelli che avrebbero beneficiato dei fondi europei del Po Fesr 2014-2020 destinati alla promozione dell’eco-efficienza delle strutture pubbliche, è arrivata la doccia fredda. I due finanziamenti sono stati revocati per la mancanza, entro il 31 dicembre scorso, di obbligazioni giuridicamente vincolanti, ovvero atti che l’Unione europea chiede vengano assunti per dimostrare che si stia facendo qualcosa di concreto per realizzare le opere per cui sono state stanziate le risorse. In entrambi i casi, invece, ciò che è stato fatto non è stato sufficiente a consentire di mantenere le risorse nel portafogli regionale.
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Una notizia che arriva quando l’Ars è in vacanza, ma che potrebbe comunque attirare critiche al governo Schifani. Anche se per metà di questa storia a guidare l’isola è stato l’ex presidente Nello Musumeci.
I finanziamenti revocati: al Cefpas raddoppiano i desideri
Ripercorrendo la vicenda che ha portato alla revoca del finanziamento da otto milioni di euro per gli immobili del Centro di formazione sanitaria della Regione, che si trova a Caltanissetta, si scopre che all’origine di tutto c’è uno stallo determinato dalla richiesta da parte dei vertici del Cefpas di rivedere il progetto.
Ottobre 2019
Era il 25 ottobre 2019 quando la Regione individuò i cinque interventi a cui dare la priorità di realizzazione. Oltre al Cefpas e all’ex palazzo Esa di Catania, 5,8 milioni di euro furono destinati al Castello Utveggio di Palermo, 950mila euro all’immobile ex Aeronautica di via Decollati a Palermo e oltre 20 per il patrimonio immobiliare del dipartimento regionale Beni culturali.
A inizio dell’anno successivo la Regione indisse una procedura per affidare il supporto alla progettazione definitiva. Questo servizio che venne aggiudicato dalla società 3 Periodico per circa 78mila euro. Dopo di ciò, però, non è accaduto più quasi nulla.
Marzo 2021
A marzo 2021, l’allora dirigente generale del dipartimento Energia, Antonio Martini, inviò una mail al rup Salvatore Pignatone per ordinare di “sospendere temporaneamente le procedure in essere sul progetto in oggetto in quanto sono in corso di definizione delle proposte da parte del Cefpas coerentemente con quanto già anticipato dallo stesso ente nelle precedenti interlocuzioni avute con il dipartimento nel corso dello scorso anno”. Così scrisse Martini, che si era insediato ai vertici del dipartimento a dicembre 2020, prendendo il posto di Calogero Foti, per qualche mese dirigente ad interim dopo il pensionamento dell’ex dirigente generale Tuccio D’Urso.
Da lì a qualche mese, dal Cefpas arrivò una comunicazione contenente il cronoprogramma dei lavori relativo al progetto del primo stralcio ma anche un nuovo quadro economico “per l’adeguamento alla normativa vigente dell’intero patrimonio immobiliare dell’ente, sugli edifici 7,8, 9 e 13”. La proposta faceva lievitare i costi a oltre 14 milioni e 850mila euro. “Modificava l’intervento con la previsione di differenti soluzioni tecnologiche per l’efficientamento e un numero maggiore di edifici rispetto agli originari previsti”, viene ricordato nella revoca del finanziamento. Nel decreto viene specificato anche che il Cefpas aveva chiesto di trasferire su di sé “il ruolo di stazione appaltante”
Nei due anni successivi, tuttavia, non è successo nulla e alla Regione non è rimasto che prendere atto che “nessuna obbligazione vincolante afferente i lavori, rappresentativi dell’opera principale oggetto dell’intervento, è stata assunta al 31 dicembre 2023 e che, dunque, è assente la condizione essenziale sul mantenimento dell’operazione a valere sul Po Fesr 14-20”.
Lo sforamento a Catania
Anche ricostruendo il caso dell’ex Palazzo Esa ci si imbatte in un aumento delle previsioni di spesa accompagnato a lentezze burocratiche. L’opera aveva ricevuto un finanziamento di 5,4 milioni di euro e pure in questa circostanza la Regione aveva affidato all’esterno, stavolta nel 2020 e per una spersa di poco superiore a 50mila euro, il servizio di supporto alla progettazione definitiva.
Dopodiché, però, l’iter è rimasto impantanato. A dimostrarlo è quanto accaduto a fine marzo 2022: il responsabile unico del procedimento decise di rinviare la conferenza di servizi per la necessità di adeguare i prezzi delle voci che fanno parte del progetto. Un’operazione che spettava al funzionario della Regione incaricato della redazione del progetto esecutivo. Tuttavia per quasi nove mesi ogni sollecito pare essere stato inascoltato: è infatti il mese dicembre del 2022 quando il progettista comunica il nuovo computo metrico dell’opera. “Detto file, privo di firma digitale del tecnico e senza il cartiglio di progetto con l’indicazione della data di revisione e relativa firma digitale – si legge nel decreto di revoca del finanziamento – prevedeva un costo complessivo del progetto di 6.277.846,94 euro”.
In sostanza 877mila in più rispetto alle risorse che erano state assegnate per riqualificare dal punto di vista energetico il palazzo che nel capoluogo etneo ospita la sede distaccata del governo. Ne è seguito uno stallo che, anche in questo caso, la burocrazia regionale non ha saputo superare. Con la conseguenza di non poter coprire con i fondi europei le spese affrontate per la progettazione definitiva. “Alle spese già liquidate – si legge nel decreto – si darà copertura mediante bilancio regionale”.