Con l’uscita in Gazzetta ufficiale, da questo mese il Codice identificativo nazionale è diventato ufficialmente operativo. Obblighi, sanzioni e altre disposizioni saranno applicabili dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione
PALERMO – In Sicilia sono 2.230, sulle 38.087 censite, le strutture recettive caratterizzate dal sistema degli affitti brevi che hanno già ottenuto il Cin, il Codice identificativo nazionale. Da settembre, comunque, il sistema è diventato ufficialmente operativo.
È stato pubblicato, infatti, nella Gazzetta ufficiale del 3 settembre, l’Avviso, previsto ai sensi del comma 15, art. 13-ter, decreto-legge n. 145/2023, attestante l’entrata in funzione della Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili destinati a locazione breve o per finalità turistiche e del portale telematico (Banca dati nazionale delle strutture ricettive) del ministero del Turismo per l’assegnazione del Codice identificativo nazionale, Cin.
Gli obblighi e le sanzioni applicabili dal 60° giorno alla pubblicazione
Gli obblighi, le sanzioni e le altre disposizioni in materia di Cin, comunque, saranno applicabili dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione dell’avviso ossia a decorrere dal 2 novembre 2024. Da tale data, pertanto, scatterà l’obbligo di possedere ed esporre il Cin. La richiesta del Codice può essere effettuata tramite la Banca dati nazionale delle strutture ricettive (Bdsr), attraverso la piattaforma istituzionale bdsr.ministeroturismo.gov.it alla quale si accede con Spid o Cie.
Chi è obbligato a richiedere il Cin
Sono obbligati a richiedere il Cin: i titolari o gestori delle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali; i locatori di unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche; i locatori di unità immobiliari a uso abitativo destinate alle locazioni brevi ai sensi dell’articolo 4 del Decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
Quindi, come già accennato, con il primo di settembre è iniziata la fase operativa che prevede l’obbligo di richiedere il Cin e di indicarlo ogni qual volta verrà pubblicizzata la struttura ricettiva, pena la sanzione fino a cinquemila euro. In caso di affitto senza Cin la sanzione può arrivare a ottomila euro. Le Piattaforme di turismo on-line hanno già manifestato di volere collaborare nell’operazione, con l’intenzione di adeguarsi pienamente alle nuove disposizioni. Nel frattempo, con le nuove banche dati a disposizione, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza si preparano a svolgere questa nuova attività di controllo e di repressione dell’evasione, non solo con riguardo agli affitti brevi, ma anche nei confronti di strutture ricettive di altro tipo, come alberghi, agriturismo, ostelli, e altro. Partiranno pure i controlli incrociati, anche con la banca dati della Questura, per scoprire l’evasione legata agli “affitti in nero”.
Si ricorda che è l’art. 13-ter del Dl 145/2023 (decreto Anticipi), dopo la sua conversione in legge (Legge n. 191/2023), che ha previsto, a partire “dal sessantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione in Gu dell’avviso attestante l’entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del ministero del Turismo per l’assegnazione del Cin”, l’obbligo dell’indicazione del Codice identificativo nazionale (Cin) delle locazioni turistiche e brevi. Evidentemente, anche le eventuali sanzioni si applicano dal 2 novembre prossimo.
Alle funzioni di controllo e all’applicazione delle sanzioni provvede il Comune
Nelle more dell’attuazione, i titolari delle strutture ricettive precedentemente citate erano tenuti a continuare a rispettare le normative regionali attualmente vigenti, ossia a utilizzare il Codice regionale o provinciale, laddove previsto, e, in caso di nuove strutture o di nuove attività di locazione, a richiedere l’assegnazione dello stesso all’ente territoriale di competenza. Alle funzioni di controllo e all’applicazione delle sanzioni amministrative in caso di violazione delle suddette disposizioni, provvede il Comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera o l’unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale.
In data 11 aprile 2024 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato un regolamento (Regolamento Ue n. 1028, pubblicato in Gu europea del 29 aprile 24), relativo alla “raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine”. Una banca dati europea di tutti gli alloggi turistici e degli Airbnb che, dopo avere acquisito una serie di dati come l’indirizzo, la tipologia dell’immobile, il numero di posti letto, le generalità del locatore, rilascerà un codice che dovrà comparire negli annunci via web.
Con riguardo alle locazioni di cui si parla, è opportuno ricordare come l’articolo 4 del Dl 50 del 2017, stabilisce che “1. Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online; 2. A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all’articolo 3 del Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento in caso di opzione”.
La “cedolare secca” è rimasta al 21%
Si ricorda infine che la percentuale della “cedolare secca”, con la legge di Bilancio per il 2024, è rimasta al 21% esclusivamente per il primo immobile posseduto, ma è passata al 26% per gli altri eventuali immobili destinati ad affitti brevi.