L’Istituto De Felice-Olivetti ha sfruttato i fondi del Pnrr per implementare gli strumenti didattici e rinnovare l’offerta formativa
CATANIA – Siamo nel pieno dell’anno scolastico, si avvicinano le vacanze di Natale ma al De Felice-Olivetti si può già fare una riflessione su questi primi mesi di scuola, sia per chi dirige che per chi studia. Tante le novità in questo 2024, a partire dai nuovi laboratori inaugurati grazie alle risorse provenienti dal Piano nazionale ripresa e resilienza. Ne abbiamo parlato con la dirigente scolastica, Anna De Francesco.
Preside, come procedono le attività didattiche al De Felice-Olivetti di Catania?
“Procedono molto bene, stiamo lavorando anche con tutto quello che di nuovo è arrivato con il Pnrr: arredi, laboratori, attività multimediali, una didattica innovativa, diversa, ma che aggiunge alle basi della tradizione del De Felice-Olivetti, una spinta in più. Abbiamo lavorato sia da questo punto di vista, aumentando la dotazione dei materiali, sia dal punto di vista della riduzione della dispersione scolastica”.
Il vostro istituto valorizza molto l’inserimento e, prima ancora, l’educazione al mondo del lavoro. Come stanno procedendo i percorsi Pcto e quali sono gli ambiti in cui gli studenti sono impegnati?
“L’anno scorso abbiamo ottenuto i finanziamenti Pon per progetti all’estero e quest’anno siamo in attesa di autorizzazione per nuovi fondi. Abbiamo avuto esperienze di mobilità in Francia, Spagna e Malta, sia tramite i Pon Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) che attraverso i progetti Erasmus, a cui partecipiamo da diversi anni. Inizialmente, abbiamo preso parte ai progetti Erasmus come partner, mentre di recente siamo diventati noi stessi i promotori, ottenendo finanziamenti che ci hanno permesso di coinvolgere un numero maggiore di persone, tra cui docenti, personale e studenti. In questi percorsi, gli studenti vivono in ambienti organizzati ma non rigidi: i costi dell’alloggio sono coperti e viene loro fornito un rimborso spese che devono imparare a gestire autonomamente. Nel nostro progetto Erasmus, che si concentra sull’esperienza lavorativa all’estero, circa 15-20 ragazzi hanno l’opportunità di lavorare e imparare a gestire la loro vita quotidiana in modo indipendente.
Un altro fiore all’occhiello del vostro istituto è il corso Esabac, che garantisce anche uno scambio culturale con altri Paesi. Come sta andando?
“Il nostro indirizzo Esabac techno è l’unico che c’è nella Sicilia orientale. Gli Esabac sono quei licei, di solito a indirizzo linguistico, che vivono di un gemellaggio con il ministero dell’Istruzione francese: gli alunni prendono così due diplomi, quello italiano e quello francese. Questo titolo è riconosciuto in tutti gli Stati francofoni: per questi studenti, per esempio, sarà possibile iscriversi alla Sorbona senza fare ulteriori esami. Il percorso di studio ha il ruolo di fare immergere i ragazzi nella realtà del popolo francese, dei suoi usi e costumi, oltre poi a dare un punteggio maggiore in vista di concorsi”.
Settimana scorsa avete avuto una visita direttamente dalla Francia. Di che si tratta?
“È venuta da noi la funzionaria dell’ambasciata di Francia presso l’Institut français di Palermo, Leila Chaib, Attachée de coopération pour le français pour les régions de Calabre, Sardaigne et Sicile (Addetta alla cooperazione per il francese per le regioni di Calabria, Sardegna e Sicilia, nda) che ha visitato il nostro istituto, interessata soprattutto alle classi Esabac. Lei ha l’incarico di promuovere e diffondere la lingua francese nel nostro territorio. L’Acpf, in relazione con le autorità educative regionali (Usr), consiglia e accompagna noi dirigenti scolastici e i docenti attraverso un’offerta di attività didattiche, formazioni, sviluppo della mobilità, diffusione delle certificazioni di lingua francese e per le filiere bilingue. Promuove anche gli scambi nel campo della formazione professionale tra Its (Istituti tecnici Superiori) italiani e francesi. Leila Chaib ha visitato le nostre tre classi Esabac e ha conosciuto i ragazzi che hanno dialogato con lei in francese. è stata una visita di cortesia, ma anche un momento in cui la dottoressa ha lasciato ai ragazzi dei documenti e del materiale utile. Un’occasione di contatto diretto e di feedback rispetto ai viaggi fatti in Francia”.
Ci parli dei benefici derivanti dai fondi del Pnrr di cui state beneficiando. Di cosa si tratta?
“Con questi fondi siamo riusciti a ottenere nuovi laboratori, per una didattica innovativa. Al De Felice-Olivetti abbiamo le aule a immersione, la realtà aumentata e abbiamo anche dei laboratori informatici che sono stati potenziati attraverso questi finanziamenti. Grazie a queste risorse abbiamo anche implementato la strumentazione dell’aula magna con microfoni, collegamenti wireless e tutto ciò che serve per poterla sfruttare al meglio e anche per consentire ai ragazzi la possibilità di lavorare in maniera adeguata”.
Uno dei vostri obiettivi è anche quello di valorizzare sempre di più gli Its. Come sta andando?
“Noi avevamo attivato, già dall’anno scorso, i nuovi corsi per il 4+2 dell’Istituto tecnico superiore (Its), però alla fine non sono partiti: i genitori si preoccupano che i quattro anni siano paragonabili a quelli del vecchio magistrale, in cui poi si doveva fare l’anno integrativo per potersi iscrivere all’Università. Insomma, capita che ancora ci sia una sorta di paura su qualcosa di diverso, su un modello nuovo. Penso sia questo il motivo per cui, di fatto, alla fine non abbiamo avuto iscrizioni lo scorso anno. Oltre questo, però, noi abbiamo fatto un protocollo d’intesa con l’Its Catania, quello sulla mobilità, che ha sede presso il Nautico, e con l’Its Turismo, che ha sede a Siracusa. Per quanto riguarda il Nautico, noi presentiamo i corsi, facciamo la formazione per avere una conoscenza approfondita di questi corsi biennali, che tra l’altro consentono contemporaneamente l’iscrizione all’Università. Questi corsi servono a formare tecnici di alto livello, in maniera specializzante e su misura delle ditte affiliate agli Its. In pratica, si forma un futuro tecnico per le ditte e con le ditte. Ci sono, infatti, docenti che vengono dalla scuola, dall’Università e dalle imprese. Da questo punto di vista, il ragazzo viene formato in relazione a quella che è l’utilità e la spendibilità delle competenze nel mondo del lavoro. L’Its di Siracusa, invece, vista la maggiore distanza, ha aperto nella nostra sede un corso: da noi si svolgono esami, gli stessi che prima si effettuavano presso altre istituzioni e che invece adesso trovano spazio nei nostri edifici. Ovviamente partecipano a questo progetto sia giovani, sia laureati. Perché questi corsi, in sostanza, sono professionalizzanti e in quanto tali garantiscono al 90% di trovare lavoro dopo il percorso di formazione. Per esempio, sul Turismo ci sono anche direttori di albergo. Nei corsi che noi abbiamo fatto all’estero abbiamo anche fornito, con il nostro indirizzo operatore del benessere, estetisti e acconciatori ad alberghi a cinque stelle che hanno le spa. C’è assolutamente bisogno di questa formazione, di alto livello e che investe sulle conoscenze linguistiche, oltre che professionali”.
In che modo si legano la didattica e la pratica sul lavoro?
“Noi lavoriamo con quella che chiamiamo ‘curvatura’, cioè delle specifiche didattiche che tengono conto del mondo del lavoro, attualizzando sull’economia circolare e la sostenibilità, il turismo esperienziale e la gestione del web e dell’e-commerce in generale. Tutti, insomma, astri nascenti della nuova economia. Stiamo cercando di adeguare il nostro Ptof, il Piano dell’offerta formativa, a quello che il mondo del lavoro richiede. Lo stiamo facendo attraverso i corsi Pnrr, l’utilizzo della multimedialità, dell’imprenditorialità giovanile e di tutte quelle attività che consentano ai ragazzi di pensare alla loro terra, alle potenzialità che ha per non andarsene, valorizzando quello che è il nostro patrimonio. L’obiettivo è far lavorare i nostri ragazzi anche su loro stessi, cercando di dargli l’opportunità, e la mentalità giusta, per poter essere competitivi quando saranno dei lavoratori”.
Lavorate anche molto con gli apprendistati. Come sta andando?
“L’esperienza è positiva. I ragazzi stanno lavorando molto anche sugli apprendistati con la Regione Sicilia. Noi abbiamo ricevuto più di venti richieste. E i ragazzi, così, lavorano direttamente nelle aziende. Noi forniamo ai giovani anche la formazione per la sicurezza sul lavoro, così possono fare un’esperienza lavorativa a tutti gli effetti. Avranno anche diritto al recupero, perché la Regione mette dei soldi per poter ‘riallineare’ se hanno difficoltà in qualche materia, visto che oltre a studiare lavorano anche. Ma per ora, sotto questo aspetto, l’esperienza è stata estremamente positiva. Questi ragazzi che decidono di impegnarsi alla fine riescono anche dal punto di vista della didattica. Sono molto bravi e molto seri, sia nelle materie professionalizzanti che in quelle ‘classiche’ di italiano e matematica”.
Di recente avete avviato la prima delle tre giornate di Open Day rivolte a studenti e famiglie. Come sta andando?
“Tutte le scuole, purtroppo, stanno affrontando un calo demografico davvero preoccupante. Inoltre, c’è un altro problema: molte famiglie si trasferiscono proprio quando i figli terminano quella che una volta era la scuola media, ora chiamata scuola secondaria di primo grado. Quindi l’emigrazione rappresenta un problema per noi, in generale. Tuttavia, negli ultimi anni, abbiamo registrato un incremento delle iscrizioni, che assume un valore molto importante in un periodo in cui c’è una generale carenza di alunni. Detto ciò, abbiamo anche notato una crescente disaffezione verso gli istituti tecnici e professionali, un fenomeno che è ormai diffuso a livello nazionale, come dimostrano i dati annuali del ministero dell’Istruzione. Per questo motivo il nostro istituto ha deciso di supportare lo sviluppo dell’Its Academy, con l’obiettivo di far comprendere che la società ha bisogno di tutti, compresi i tecnici e coloro che sanno lavorare con le mani. Come ci ha insegnato Agrippa: ‘La società è fatta di tanti elementi, ognuno dei quali è strettamente necessario’. Su questo aspetto vogliamo concentrarci nel nostro lavoro. Tuttavia, esiste un altro problema legato alla razionalizzazione delle scuole, che deriva dal fatto che l’autonomia scolastica non dipende più solo dal numero di alunni, ma anche da fattori politici e amministrativi. Per esempio, a Catania, la nostra scuola e un’altra scuola tecnico-economica della città sono molto distanti, e questo crea un problema di territorialità. Un dirigente scolastico dovrebbe attraversare tutta la città, da Est a Ovest, per poter gestire entrambe le sedi. Questo non è il modo migliore per procedere alla razionalizzazione delle scuole. La razionalizzazione, infatti, nasce da altre esigenze organizzative e da scelte di natura sociale, politica ed economica. Per quanto riguarda il nostro istituto, il De Felice conta più di 700 alunni, ma non raggiunge i 900. Tuttavia, voglio sottolineare che il numero esatto di alunni è relativo; la vera questione riguarda piuttosto il numero di dirigenti scolastici. La razionalizzazione sta complicando la gestione soprattutto per le realtà scolastiche più piccole, mentre nelle città con scuole più vicine tra loro è più facile organizzarsi. L’anno scorso è stato attuato un grande piano di razionalizzazione in Sicilia e quest’anno ce ne sarà un altro. Il processo si completerà in tre anni, con il terzo round previsto per il 2026-2027. La parte più consistente, comunque, è già stata fatta. Noi non ci siamo opposti a questo piano, ma il vero problema è che, soprattutto nelle prime classi, le classi sono troppo numerose. Questo rende difficile per i docenti seguire adeguatamente ogni alunno e complica la gestione generale per il dirigente scolastico. Tuttavia, questo è un problema che riguarda tutto il sistema nazionale e non dipende dagli uffici locali, ma da come lo Stato decide di organizzare le divisioni a livello nazionale”.
Possiamo dire che le risorse del Pnrr hanno dato una boccata d’aria fresca alla scuola?
“È stato un arrivo incredibile di denaro con finalità differenti. Tra queste il recupero della percentuale di dispersione scolastica, tra i più finanziati, con un fondo da oltre 500 mila euro. Poi ci sono stati finanziamenti per gli arredi, per classroom e per i laboratori. Poi abbiamo avuto finanziamenti per il potenziamento delle lingue e le certificazioni per i docenti, anche per la digitalizzazione. Ovviamente la questione della dispersione è stata la più importante: Catania, e la Sicilia in generale, sono tristemente note per la dispersione molto elevata, il 25%. Noi poi abbiamo avuto anche una forte spinta dalla Procura dei minori, con molta attenzione da parte del presidente del Tribunale dei minori, Roberto Di Bella, che ha molto lavorato in sinergia con le scuole, con il Provveditorato, con gli assistenti sociali. Ci sono molte persone che lavorano su questo, anche perché ogni caso di dispersione è differente. A volte le famiglie cercano di fare della scuola un campo di battaglia: l’insuccesso del figlio a scuola viene imputato all’uno o all’altro, costruendo conflitti anziché garantire una vita serena al ragazzo o la ragazza che dovrebbe vivere il suo momento, anche di socialità, all’interno della scuola. Con i successi, gli insuccessi, le problematiche del caso. Invece tutte queste cose fanno sì che gli studenti si portino dietro un bagaglio, un fardello pesantissimo. Ma noi in questo caso abbiamo anche dei supporti di legge, i famosi Bes, Bisogni educativi speciali. Noi facciamo un’attività sulla persona: in quel caso, il coordinatore di classe procede con il consiglio di classe ad analizzare tutti quelli che possono essere i supporti al ragazzo e alla famiglia. Poi noi abbiamo istituito a scuola il gruppo dei professori d’ascolto, composto da docenti con spiccate capacità relazionali che si mettono a disposizione degli alunni entrando in relazione con loro. Abbiamo anche un gruppo di lavoro con psicologi che ci fornisce il Comune, perché anche loro con il Pnrr sono riusciti a fare delle attività. Vengono una volta alla settimana nelle due sedi”.
Sembra che, in particolare dopo la pandemia, le difficoltà relazionali di molti ragazzi siano aumentate. Queste criticità si manifestano anche nel mondo della scuola?
“Noi ne vediamo davvero di tutti i colori: la nuova generazione è completamente diversa. Ma ovviamente ci sono anche le eccellenze. Di recente abbiamo fatto una premiazione con la fondazione Astrea e abbiamo dato due borse di studio ad altrettante ragazze, una dell’indirizzo tecnico e una del professionale. Queste alunne, per merito, hanno ricevuto un premio in denaro. Questo per dire che se nella vita ci si impegna, anche se può capitare la partita o la gara in cui i risultati non arrivano, alla fine il campionato lo vinci, la medaglia la prendi. L’impegno è quello che vogliamo insegnare ai ragazzi, così come la solidarietà, la condizione comune nel senso dell’appartenenza. I giovani vanno stimolati e bisogna credere in loro, perché altrimenti si deprimono. Oggi la didattica è molto diversa. è cambiato anche il modo di imparare le lingue. Io ho imparato l’inglese come il latino: con la grammatica e l’apprendimento frontale, ora invece c’è più interattività e dialogo”.