Non si potranno trasferire le materie nella loro interezza, ma “singole funzioni”
La sentenza n. 192 del 2024 con cui la Corte costituzionale si è occupata della legge sull’autonomia differenziata costituisce un vero e proprio manuale per trasferire a livello di fonte di primo grado “le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” stabilite dall’art. 116, 3° co. della Costituzione. La corposa motivazione ha confermato l’impressione, già emersa chiaramente dalla lettura del comunicato stampa, circa la compatibilità della previsione costituzionale rispetto ai principi supremi che innervano il Testo fondamentale.
Piuttosto, avverte la Corte, lo stesso precetto di rango super primario, che consente di superare il criterio dell’uniformità nell’allocazione delle competenze, va considerato come un tassello fondamentale che completa, arricchendola, la forma di Stato disegnata dalla Costituzione. Fra i principi fondamentali spicca l’art. 5 in cui “la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali” e “adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”, nella cornice di unità e indivisibilità fondata sul riconoscimento dell’unità del popolo, titolare della sovranità.
Al centro del binomio “pluralismo – unità” si colloca il Parlamento, unico organo in grado di “ri – comporre” la complessità sociale ed economica…