Sala e Salis uguali e contrarie - QdS

Sala e Salis uguali e contrarie

Sala e Salis uguali e contrarie

venerdì 10 Gennaio 2025

Vicende in chiaro-scuro

La liberazione di Cecilia Sala, avvenuta mercoledì scorso, ha fatto gioire tutta la popolazione italiana perché non è giusto che in un Paese dittatoriale, come quello iraniano, si possano incarcerare persone (a prescindere che siano giornalisti/e) che non hanno commesso alcun reato.
Bisogna dare atto alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di avere risolto, in breve tempo, un casus belli che aveva creato tanta pena nell’opinione pubblica.
Detto ciò, cerchiamo di capire quello che potrà avvenire nei prossimi giorni e mesi.

Cecilia Sala, con questi suoi giorni di incarcerazione, è balzata di colpo all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e non solo. Cosicché c’è da pensare che vorrà utilizzare questa acquisita notorietà per il suo futuro, il che è del tutto lecito. Forse ciò che otterrà prossimamente la compenserà, almeno in parte, delle pene che ha subìto restando in una prigione iraniana.

La vicenda ci ricorda quella di Ilaria Salis, la quale, proprio dalla sua prigionia in Ungheria e dal clamore successivo che ha risvegliato l’interesse della pubblica opinione italiana, è balzata sullo scenario della notorietà, con la conseguenza non da poco di essere stata eletta eurodeputata. Per cui ora siede sullo scranno dei Parlamenti di Bruxelles e Strasburgo.
Anche per lei forse vi è stata una compensazione gratificante delle pene subite, per cui, come spesso capita nella vita, torto e ragione si vanno compensando.
Citiamo questi due casi, che ci sembrano uguali e contrari, non già per immetterci nel clamore dell’informazione dilagante, anche spropositata rispetto ai fatti in sé e per sé.

Diciamo questo perché tanti altri/e sono nelle carceri dell’Iran e dell’Ungheria, ma non per questo si muovono Presidenti del Consiglio, diplomazie, funzionari/e e tanti altri, il che sembrerebbe un’iniquità, in quanto le istituzioni del nostro Paese dovrebbero tenere nella stessa considerazione tutti/e i/le cittadini/e italiani/e, a prescindere dal censo, dall’età, dal sesso o dalla notorietà.

Questo però non avviene perché oggi conta più la notorietà che non il fatto in sé; quella notorietà che è pompata nei social di ogni tipo, sui siti internet, sui giornali e in radio e televisioni, perché chi fa informazione non segue sempre il principio fondamentale di verificare de visu i fatti, ma costruisce monumenti di disinformazione che hanno lo scopo di orientare i/le cittadini/e verso un sito o un altro sito, con la conseguenza che l’opinione pubblica viene manipolata da un’informazione teleguidata.
Dunque, queste due vicende, risoltesi positivamente dal punto di vista umano, devono indurre a riflettere su come i gestori dell’informazione, pilotati dai gruppi dominanti di potere, siano in condizione di creare opinioni, magari false, e quindi di muovere il consenso in una direzione piuttosto che in un’altra. Quale direzione? Quella che conviene ai manovratori.

Occorre riflettere profondamente, perché l’antidoto è quello della cultura, che ognuno di noi si deve formare per pensare con la propria testa e non con quella degli altri.
Sappiamo di essere monotoni ripetendo questo mantra, però non vi è dubbio che per contrastare chi ci vuole manipolare, l’unico mezzo è usare la nostra testa e la nostra cultura, quella che dobbiamo acquisire giorno per giorno senza stancarci mai, perché essa non ha limite.

Confermiamo la positività della liberazione delle due donne, ma mettiamo in guardia l’opinione pubblica dal valutarle così come appaiono, mentre è necessario che ognuno rifletta per cercare di capire “tutto quello che c’è sotto”, un altro mantra della nostra attività quarantacinquennale.

Comprendiamo che questo metodo non sia facile da mettere in pratica perché comporta uno sforzo personale, sostitutivo di ore di ozio e del non far niente, che sono due veleni intossicanti per il nostro cervello, che ci obnubilano e che ci fanno perdere la chiarezza necessaria per vedere le cose come stanno, “contro” come gli altri ce le presentano.

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