Il Capo della Stato Sergio Mattarella è atteso sabato ad Agrigento per la celebrazione della città dei Templi a capitale della “cultura” italiana
Il Capo della Stato Sergio Mattarella è atteso sabato ad Agrigento per la celebrazione della città dei Templi a capitale della “cultura” italiana. Lo scriviamo in piccolo perché minus è il livello organizzativo raggiunto da coloro che hanno preparato l’evento.
L’antica Akragas, conosciuta per l’immenso patrimonio archeologico lasciato a perenne fama mondiale dai Greci, ha vinto in surplace la candidatura, ma gli odierni eredi hanno realizzato un caleidoscopio di baruffe e piccoli mercimoni, con enorme superficialità e miopia per queste celebrazioni, tra strafalcioni lessicali e “piccioli” a pioggia intesi come prebende e non come stimolo per rappresentare il meglio di questo territorio, forse addirittura raggiungendo il peggio.
È ormai una gara a distinguo, nemmeno il Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani è contentissimo dei risultati agrigentini, e si parla di azzerare il comitato organizzatore, opzione ormai decisamente in ritardo, rasenteremo la barzelletta, quella già esplicitata con l’ormai famoso “cartello del Caos”. Mattarella, per amor di patria, più italiana agli occhi del mondo che siciliana, sarà costretto a venire, ma supponiamo che non ne abbia alcuna voglia.
Il Presidente si ricorda bene quelle contrade, dove avvenne un epico, se non drammatico, come un poema di Eschilo, congresso regionale della DC. Lì, in quei luoghi del mito, sotto il tempio della Concordia, per contraddittorio contrasto, avvenne uno psicodramma. Furono cambiate le regole di elezione del comitato regionale, potente organismo che decideva le candidature, in tempi di democrazia rappresentativa, e la corrente autonoma di Vito Ciancimino venne esclusa con uno sbarramento e con elezioni a liste contrapposte e non unitarie. In Sicilia la DC non era un partito, era tutto. Fu la famosa svolta di Agrigento.
Da allora nulla fu più uguale, sembrava il via ad una stagione di primavera delle coscienze, ma forse ci siamo illusi, e siamo precipitati nell’inverno dell’ignoranza. Non sappiamo più costruire visioni, e nemmeno copiare gli altri, decadiamo al ribasso, con piccola gente che vuole farsi Re della “contrata”. Forse Mattarella potrebbe ricordare ai politici girgentani e siciliani chi era il suo Padrino di battesimo, Salvatore Aldisio, personalità che oltre a ricoprire importanti cariche pubbliche facevano leggi per lo sviluppo di tutti, la famosa legge Aldisio del 1950, e non solo piccole “cavigghie” per amici e conoscenti.
Così è se vi pare.