Turismo: Sicilia terz'ultima con 569 presenze per km2, mancano ottanta milioni di pernottamenti - QdS

Turismo: Sicilia terz’ultima con 569 presenze per km2, mancano ottanta milioni di pernottamenti

Turismo: Sicilia terz’ultima con 569 presenze per km2, mancano ottanta milioni di pernottamenti

venerdì 31 Maggio 2019

"Le Isole maggiori pagano un prezzo altissimo al mostro della destagionalizzazione". Ipotizzando questo scenario “parallelo” al Veneto, la spesa dei turisti stranieri passerebbe da un ,miliardo e settecento milioni a dieci miliardi di euro

Per ogni chilometro quadrato la nostra Isola “totalizza” 569 pernottamenti l’anno. Performance che vale il terz’ultimo posto tra le regioni italiane. Risultato quasi sette volte più basso della capolista: il Veneto con 3.759 pernottamenti per Km2.

Con una superficie di quasi 26.000 chilometri quadrati e il maggior numero di chilometri di costa balneabile (922,9 km) nel Belpaese, la Sicilia continua ad arrancare sul piano dell’offerta turistica. Ipotizzando lo stesso numero di pernottamenti per Km2 del Veneto, in Sicilia si potrebbero avere oltre 97 milioni di pernottamenti. L’Isola, nonostante la crescita di 300.000 pernottamenti nel 2018 rispetto ai 14,7 milioni del 2017, sarebbe “in debito” di 82 milioni di pernottamenti.

“Le isole maggiori, pagano un prezzo altissimo al mostro della stagionalizzazione”, si sottolinea al Forum del lusso possibile, organizzato dagli Agenti marittimi italiani.

Il Veneto con una superficie pari a 18.407 Km2 nel 2017 vanta quasi 70 milioni di pernottamenti di italiani e stranieri. Ben 3.759 pernottamenti per chilometro quadrato, seguono il Trentino Alto Adige (3.686) e la Liguria (2.868).

Il terzetto di coda, dal basso, vede “troneggiare” il Molise con appena 98 pernottamenti per chilometro quadrato, segue la Basilicata (248) e la Sicilia (569). Numeri davvero miseri che emergono dagli ultimi rilevamenti ufficiali, inerenti al 2017, realizzati dall’Istat.

Moltiplicando il numero di pernottamenti per Km2 del Veneto alla superficie siciliana si otterrebbero oltre 97 milioni di pernottamenti. L’Isola, nonostante la crescita di 300.000 pernottamenti nel 2018 rispetto ai 14,7 milioni del 2017, sarebbe “in debito” di 82 milioni di pernottamenti. Si tratta di calcoli che riflettono una performance auspicabile ma che l’Isola è attualmente lontana da raggiungere e che, eppure, si basano sulle capacità attrattivo-organizzative reali di una regione, il Veneto, con 70 milioni di pernottamenti in un anno; cinque volte la cifra siciliana.

Incombono sul nostro territorio, inutile nasconderlo, numerosissimi pernottamenti “fantasma” dovuti a fenomeni riconducibili ad abusivismo ed evasione fiscale. Se anche, però, i pernottamenti reali dai 15 milioni delle statistiche fossero il doppio, viaggeremmo comunque a velocità ridotta rispetto a molte realtà del Nord Italia.

Continuando il gioco delle performance auspicabili e applicandolo alla spesa dei turisti, i numeri si fanno davvero interessanti. Secondo la Banca d’Italia nel 2017 i soli turisti stranieri hanno speso nell’Isola 1,7 miliardi, l’Istat ci dice che i pernottamenti stranieri sono stati 7,2 milioni; 7,5 quelli degli italiani. Il pernottamento di un turista straniero “vale” 236 euro. Considerando che il numero di pernottamenti di italiani e stranieri nell’Isola, praticamente, si equivalgono, la metà dei 97 milioni di pernottamenti (derivanti dalla performance del Veneto applicata ai chilometri quadrati isolani) sarebbero da attribuire agli stranieri. Se la Sicilia, dunque, attualmente gode di 1,7 miliardi derivanti dalla spesa dei turisti stranieri, moltiplicando i 236 euro a pernottamento per i 48,5 milioni di pernottamenti auspicabili di stranieri, si otterrebbero 11,4 miliardi. La Sicilia così avrebbe perso in un anno quasi 10 miliardi di euro dai soli turisti stranieri più altri 10 miliardi se applicassimo il calcolo ai 97 milioni di pernottamenti totali ipotizzati.

Le ricadute sul Pil? Nella nostra Isola nel 2017 la ricchezza prodotta è stata pari a 82,3 miliardi (+0,4% sul 2016); in Lombardia 353,3 miliardi (+2,7%). In un’Isola a stagnazione economica da anni, 20 miliardi in più sul piatto rappresenterebbero un importante balzo in avanti per un territorio che si è sempre detto “potrebbe vivere di solo turismo”.


 

Con la destagionalizzazione +1,7% per il Pil turistico

PORTO CERVO – Occorre destagionalizzare il turismo per rilanciare l’economia italiana. Questo il tema principale del confronto che si è svolto martedì a Porto Cervo, in occasione del Forum del lusso possibile, organizzato dagli Agenti marittimi italiani e giunto alla sua quinta edizione. Forum che evidenzia dati clamorosi sulle potenzialità inespresse del turismo italiano. Sono 465 milioni gli euro spesi da turisti stranieri nel trimestre luglio-settembre in terra di Sardegna; 793 lasciati sul territorio siciliano nello stesso periodo dai visitatori di oltre frontiera; 883 milioni in Liguria.

Ma, con l’eccezione della Liguria che riesce a mantenere un trend alto anche negli altri periodi dell’anno, con 540 milioni nel secondo trimestre e 408 fra ottobre e dicembre, le isole maggiori pagano un prezzo altissimo al “mostro” della stagionalizzazione, sottolinea il Forum. La Sardegna dimezza il suo fatturato estero fra aprile e giugno e scompare quasi di scena fra ottobre e dicembre con solo 92 milioni di spesa dei turisti esteri. La Sicilia riduce di un terzo il suo income turistico internazionale nel secondo trimestre dell’anno e riesce a fatturare 365 milioni fra ottobre e dicembre.

I dati contenuti nel rapporto di Bankitalia diventano ancora più clamorosamente sbilanciati se si prende in considerazione l’intero fatturato turistico includendo quindi anche i visitatori provenienti da altre regioni d’Italia.

Partendo da questi dati nonché da quelli relativi alla spesa complessiva dei turisti stranieri in Italia (41 miliardi nel 2018) e dei vacanzieri italiani, Agenti Marittimi Italiani ha lanciato una proiezione-choc: l’incidenza del settore turistico sul Pil potrebbe, sulla base di uno sforzo di destagionalizzazione, passare dal 5 al 6,7 del Pil nel giro di due anni con una crescita record dell’occupazione dal 6% annuale di incidenza del turismo sul mercato del lavoro, a oltre il 9%. Si evidenzia la necessità di segmentare e specializzare l’offerta specie in aree turistiche particolari quali sono le isole: basti pensare che il solo settore del turismo wellness (ritagliato su misura ad esempio sulla potenziale offerta della Sardegna) garantisce in Europa 500.000 posti di lavoro e 20 miliardi di fatturato.

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