Indagine di Unioncamere-Infocamere: record in Emilia-Romagna con mille aziende. Sono però le regioni del Sud quelle che registrano la maggiore crescita. Pochi i giovani
ROMA – Cresce l’esercito degli stabilimenti balneari italiani che negli ultimi 10 anni sono cresciuti ad un ritmo sostenuto fino ad arrivare all’attuale di 6.823 imprese sparse su tutte le coste italiane con picchi considerevoli in particolare sulla riviera romagnola dove sono registrate oltre 1.000 imprese e in Toscana. A Camaiore il record della densità con 30,1 imprese per ogni Km di linea costiera. I dati emergono da un indagine di Unioncamere-InfoCamere sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.
La predominanza delle località romagnole emerge chiaramente dalla graduatoria dei comuni italiani con il maggior numero di realtà imprenditoriali del settore. Nei primi cinque posti si trovano, infatti, quattro comuni romagnoli: Ravenna (194), Cervia (164), Rimini (155) e Riccione (120). Se si aggiungono le 112 imprese di Cesenatico (in settima posizione), i cinque comuni romagnoli totalizzano 745 realtà imprenditoriali, il 70% di tutte le infrastrutture della riviera romagnola e l’11% del totale nazionale.
Subito a ridosso, l’industria della balneazione vede sul podio due destinazioni ‘storiche’ per gli amanti del mare italiano: la Toscana, con 892 attività distribuite lungo 397 km di costa (2,2 imprese ogni km) e la Liguria, con 801 imprese a presidiare 330 km di litorale (2,4 ogni km). E se è vero che la presenza di imprese in questo settore si concentra maggiormente nelle regioni del Centro-Nord, le protagoniste della crescita nell’ultimo decennio sono però le regioni del Sud, decisamente lanciate al recupero delle posizioni.
Nel periodo considerato, la crescita più rilevante in termini assoluti (+278 imprese) ha interessato la Calabria, che ha raddoppiato la dotazione del 2009. Seguono la Campania (+190 attività), la Puglia (+184) e la Sicilia (+183).
Dal punto di vista della loro organizzazione imprenditoriale, quasi in un caso su due (44,5%) le aziende balneari scelgono la formula della società di persone, un riflesso della frequente conduzione familiare di questo tipo di attività. La restante metà si suddivide a sua volta in due universi speculari: un 26,5% fatto di società di capitali e un 26,3% costituito da imprese individuali (solo il 2,7% la quota di consorzi e cooperative).
Prendendo in esame le quasi duemila società di capitale per cui sono disponibili i dati di bilancio, la foto restituita dal Registro disegna l’identikit di un settore popolato per metà (il 52,5%) da realtà al di sotto dei 250mila euro di fatturato. Il 15,4% si colloca tra i 250 e 500mila euro, il 7,8% è nella fascia tra 500mila e 1 milione mentre un piccolo drappello (il 3,4%) totalizza a fine anno incassi superiori ai sei zeri.
Quanto alla governance, un’impresa balneare su 4 (il 25,1% corrispondenti a 1.713 attività) è guidata da donne, una percentuale superiore alla media di imprese femminili sul totale nazionale (21,9%). Guardando, infine, alla carta d’identità dei titolari, un po’ a sorpresa il settore si scopre poco attrattivo per i giovani. Le imprese guidate da ‘under 35’ sono infatti 427, il 6,3% del settore, un dato al di sotto della media nazionale di imprese giovanili (8,7%).