Dopo la violenta esplosione di mercoledì il cratere si è “calmato” ma resta imprevedibile. Doglioni (Ingv): “Oltre a quello vulcanico, esiste il rischio di uno tsunami molto grande”
PALERMO – L’esplosione dello Stromboli, nonostante i trascorsi, è stato un fenomeno imprevisto, cioè quello che Stefano Branca dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv definisce “un evento esplosivo non prevedibile, che non dà segnali precursori”. L’episodio, con caratteristiche analoghe, secondo l’Ingv,, a quello del 3 luglio che aveva provocato una vittima, ha messo assieme la solita combinazione di spettacolo e paura per isolani e turisti presenti nell’isola, circa 5 mila unità. “La differenza rispetto al precedente di inizio luglio – ha concluso Branca – è che l’area interessata era interdetta alla navigazione e all’accesso, per disposizione delle autorità di protezione civile, per mitigare i rischi all’indomani dell’evento del 3 luglio”.
IL RISCHIO
Gli esperti hanno messo in guardia su un cratere considerato fortemente a rischio: Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv, ha sottolineato che “oltre a quello vulcanico esiste anche il pericolo di uno tsunami più grande di quello avvenuto ieri, che ha generato un’onda di 20 centimetri dovuta all’arrivo in mare del materiale piroclastico eruttato. Nel caso però in cui collassi una parte del fianco della Sciara del Fuoco, oppure in cui ci sia un’ulteriore eruzione maggiore, l’ingresso di questi volumi in mare potrebbero comportare l’innesco di uno tsunami più grande”.
FENOMENO SIGNIFICATIVO
Secondo quanto dichiarato all’Ansa da Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, l’eruzione dello Stromboli “ha causato un’onda di tsunami di 30 centimetri. Si è trattato di un fenomeno significativo e speriamo che si possa ritornare verso la normalità”. Un episodio certificato anche dall’Ispra che, all’interno della nota tecnica “Il maremoto del 28 agosto 2019 a Stromboli”, ha specificato che “l’evento di maremoto generato dall’attività dello Stromboli, documentato dalle registrazioni strumentali della Rmn (Ispra, 2019), non ha prodotto effetti di rilievo ma è stato comunque notato dalla popolazione locale. In particolare, un pescatore (M. M.) ha osservato nel porto di Ginostra una variazione rapida della superficie del mare che è penetrato per almeno 120 cm sullo scivolo del porto ed ha lasciato una fascia bagnata sugli scogli circostanti alta almeno 70 cm”.
RISCHIO TSUNAMI
Ad allargare il raggio d’azione sui pericoli relativi alle onde anomale, ci aveva pensato la relazione che accompagna le “Mappe delle aree allagabili a seguito di onde anomale” della provincia di Palermo realizzata dal Dipartimento regionale di Protezione civile. All’interno dello studio si mette in evidenza come siano circa 820 mila i siciliani potenzialmente esposti al rischio delle onde anomale, da definirsi come improvvisi innalzamenti del livello del mare caratterizzati da “periodi e lunghezze d’onda non associabili al normale moto ondoso”.
I NUMERI DEL PASSATO E I PERICOLI DEL PRESENTE
La prima mappa di pericolosità degli tsunami generati da terremoti nell’area del Mediterraneo e dell’Atlantico nord-orientale e mari connessi (cosiddetta area NEAM), realizzata nell’ambito del progetto europeoTsumaps-Nea,, coordinato dall’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), ha censito, tra le zone più a rischio, almeno in Italia, la Sicilia orientale.
Il Catalogo degli Tsunami Euro-Mediterranei (Emtc), realizzato dall’Ingv, ha raccolto 290 fenomeni, a partire dal 6150 a.C. In Sicilia ne risultano complessivamente 15, il primo registrato risale al 1160 e collocato nella parte orientale mentre uno dei più recenti risale al 1990 con l’onda anomala ad Augusta, causata dal terremoto di Santa Lucia (magnitudo 5.4). Tra quelli del Novecento, si segnalato l’evento del 1908 (Messina e Reggio Calabria, oltre 80 mila vittime), del 1940 nel golfo di Palermo, del 1988 Vulcano e Lipari nelle Eolie.
Un altro episodio significativo, segnalato sul sito della protezione civile, si è registrato nel 2002 a Stromboli, in seguito alla fase effusiva del vulcano, che ha visto una frana di circa “16 milioni di metri cubi di materiale” e che ha generato un maremoto che ha colpito “le coste dell’isola”, le altre isole Eolie e le coste della Calabria e della Sicilia.