Federalberghi, l’Isola ha rilevato un incremento, secondo solo alla Toscana, dell’86,1% rispetto al 2016. Seguono a distanza Lazio e Lombardia. Gli annunci nelle grandi città e nelle principali località turistiche. La concorrenza sleale
PALERMO – Oltre cinquantamila: a tanto ammonta la quota degli alloggi italiani in vendita su Airbnb in Sicilia al 31 agosto 2018 (esattamente 51.022). Secondo i dati contenuti all’interno del rapporto “Turismo e shadow economy – Tutela del consumatore, concorrenza leale ed equità fiscale al tempo del turismo 4.0” di Federalberghi, la Sicilia è la seconda regione in Italia per maggior numero di alloggi in vendita sulla piattaforma. Si tratta di un vero e proprio boom.
Basti considerare che rispetto ad agosto 2016 il numero è cresciuto dell’86,1%. Inoltre, è possibile osservare anche una densità ben superiore rispetto a quella rilevata a livello nazionale: infatti, si conta oltre un annuncio per chilometro quadrato (per la precisione 1,03), contro la media italiana pari a 0,87. Un numero di annunci superiore si osserva solo in Toscana (59.320), seguono a distanza Lazio (40.700), Lombardia (40.494 ) e Puglia (35.694). Mentre è la Liguria la regione con la densità maggiormente sostenuta a livello nazionale (2,34 alloggi per chilometro quadrato).
Valle d’Aosta (0,35 alloggi per chilometro quadrato), Basilicata (0,13) e Molise (0,07) sono le regioni in cui la densità è più bassa a livello nazionale, sebbene è opportuno specificare che anche in queste regioni, come nel resto d’Italia, è stato possibile osservare un notevole incremento rispetto al 2016 (pari rispettivamente al +111,4%, +69% e +108,2%). Mentre il Trentino Alto Adige è la regione con l’incremento più sostenuto a livello nazionale rispetto ai due anni precedenti (+131,9%).
Secondo Federalberghi “dall’analisi delle inserzioni presenti ad agosto 2018 sul portale Airbnb emergono quattro grandi bugie che smascherano definitivamente la favoletta della condivisione”. Innanzitutto, spesso e volentieri si tratta di attività economiche a tutti gli effetti e non di forme integrative del reddito. Infatti, il 66,22% degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che gestiscono più di quattromila alloggi.
Più di tre quarti degli annunci (76,68%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno, quindi non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Inoltre, gli annunci tendono a svilupparsi soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la disponibilità di esercizi ufficiali: quindi, non è vero che queste nuove formule tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. In più, non si tratta di attività occasionali: infatti, quasi due terzi degli annunci (64,58%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.
Dunque, da questa narrazione si pone con tutta evidenza il problema di concorrenza sleale che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali, quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza.
Inoltre, Federalberghi ricorda che anche le locazioni brevi sono soggette all’obbligo di comunicare le generalità degli alloggiati all’autorità di pubblica sicurezza, al fine di consentire alle forze dell’ordine di acquisire tempestivamente informazioni in merito all’identità delle persone ospitate. Infine, secondo l’associazione di categoria, occorre adottare misure che pongano un argine allo spopolamento dei centri storici, conseguenza della tendenza a sfrattare i residenti, per far posto ad attività di locazione breve che vengono affittate ai turisti a peso d’oro.