Trasparenza e obblighi di pubblicità per gli Enti
Il disegno di legge vincola il Governo a modificare buona parte del titolo II del libro primo del Codice civile. Tra l’altro, l’esecutivo dovrà “rivedere e semplificare” le procedure per il riconoscimento della personalità giuridica, prevedendo “obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’Ente, anche mediante la pubblicazione nel suo sito internet istituzionale”. Dovrà inoltre essere regolato “il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche e la responsabilità degli amministratori, tenendo conto del rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento degli enti medesimi”. Andranno previste forme di tutela anche per garantire i diritti degli associati.
Un Codice “no profit”
L’esecutivo avrà dodici mesi di tempo dall’entrata in vigore della legge per riordinare la disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore in un Codice apposito. Il vincolo più interessante, nell’ambito del quale dovrà legiferare il Governo, è quello della riorganizzazione del sistema di registrazione degli Enti, con la previsione di un “Registro unico nazionale del Terzo settore”, suddiviso in specifiche sezioni, da istituire presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. L’iscrizione nel Registro sarà condicio sine qua non per gli Enti che si avvalgono di finanziamenti pubblici, di fondi privati “raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni”, di fondi europei, oppure che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con Enti pubblici o che intendono avvalersi di determinate agevolazioni fiscali. Tra le altre cose, il Governo dovrà disciplinare “il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio dell’Ente”, fatte salve le imprese sociali.
Il Consiglio nazionale del Terzo settore
Tra gli obiettivi della delega vi è quello di superare “il sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale” con l’istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, una sorta di consulta che valorizzi e rappresenti le “reti associazione di secondo livello” (cioè quelle che associano più Enti). Viene prevista anche una modifica del sistema dei Centri di servizio per il volontariato, che dovranno essere accreditati e finanziati stabilmente secondo un programma triennale. L’attività e la gestione di tali Centri, inoltre, dovrà essere sottoposta al controllo di “organismi regionali o sovra regionali, tra loro coordinati sul piano nazionale” e costituiti con decreto del ministro del Lavoro. Per l’attuale presidente dei Csvnet, Stafano Tabò, è “una evoluzione importante”. “Il testo – spiega – non limita più le funzioni dei Centri di servizio alle sole organizzazioni di volontariato definite dalle legge 266 del 1991, ma afferma che i CSV sono finalizzati a fornire supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore”.
Servizio civile per tutti italiani e stranieri
È un vecchio pallino del premier Matteo Renzi e adesso ha l’occasione per renderlo realtà. Si tratta di garantire a tutti i giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, l’accesso al servizio civile, per un periodo tra otto e dodici mesi, attraverso un meccanismo di programmazione “di norma triennale”. L’obiettivo, si legge nel testo di delega, è formare le nuove generazioni “alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica”. Nei decreti legislativi si dovrà definire uno status giuridico specifico per il rapporto che si instaura tra lo Stato e i giovani, “non assimilabile al rapporto di lavoro” e dunque esente da imposizioni tributarie. Lo Stato si occuperà di programmare, organizzare e controllare il servizio. Dovranno essere semplificati sia i criteri che le modalità di accreditamento degli Enti, nonché le procedure di gestione e di valutazione dell’attività svolta.
Nel disciplinare l’impresa sociale, intesa quale organizzazione privata che persegue finalità civiche e solidaristiche tipiche delle no profit (attività previste dall’art. 1 del Ddl delega), il Governo dovrà prevedere forme “di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale”, con “previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualificazione di impresa sociale”. Sul punto bisognerà vedere in che misura il Governo valuterà prevalente la destinazione di tali utili, anche se è vincolato a prevedere specifici obblighi di trasparenza e limiti “in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti”.
Equity crowdfunding per le imprese sociali
Per le imprese sociali, in materia fiscale, vengono previste “misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitali” e la “possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative” (il cosiddetto equity crowdfunding).
Cinque per mille.
I decreti legislativi dovranno semplificare i regimi tributari a carico delle Associazioni, a partire dal regime di deducibilità del reddito complessivo e di detraibilità dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali, in denaro e in natura. L’Istituto del cinque per mille andrà riformato razionalizzando i criteri di accreditamento e rendendo più semplici le procedure per il calcolo e l’erogazione dei contributi spettanti agli enti. A sua volta però i soggetti beneficiari del cinque per mille dovranno rendere noto, attraverso forme di pubblicità da definire, come hanno speso i soldi ricevuti. Sanzioni per chi non ottempererà agli obblighi di trasparenza.
Vigilanza e controllo.
A vigilare sulla corretta osservanza della disciplina legislativa, statutaria e regolamentare applicabile agli Enti del Terzo settore sarà il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, talora con l’ausilio dei ministeri competenti o con la Protezione civile per le organizzazione di volontariato connesse.
Inserito in extremis all’interno del testo, l’art. 10 è quello che ha fatto più discutere le opposizioni. La norma delega al governo di istituire, con un capitale iniziale di 1 milione di euro, la “Fondazione Italia sociale”, allo scopo di “sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di Enti del Terzo settore”. Svolgerà una funzione “sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico”. Lo Statuto della Fondazione dovrà prevedere, tra l’altro, “strumenti e modalità che consentano alla Fondazione di finanziare la propria attività attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie pubbliche e private”, anche mediante il crowdfunding.
Alcuni partiti e movimenti vedono nella Fondazione Italia sociale una sorta di “onlus” dello Stato, che rischia di attrarre buona parte dei fondi pubblici e privati per poi fare il bello e cattivo tempo nel Terzo settore, decidendo chi va sostenuto e chi no. La pensa così per esempio il Movimento cinque stelle, secondo cui “l’idea è quella di centralizzare le donazioni destinate al mondo del sociale e del volontariato, controllando e decidendo a chi destinare le beneficenze degli italiani. Per farlo propongono la creazione di una Fondazione ad hoc – Fondazione Italia sociale – istituita con una legge pubblica, con finalità pubbliche, ma con gestione privata, che senza bandi né concorsi potrà decidere i progetti da sostenere”.
Finanziamento pubblico al Terzo settore
Si tratta proprio di questo: l’istituzione di un fondo ad hoc, presso il ministero del Lavoro, per finanziare “iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazione di promozione sociale e fondazioni comprese tra gli enti del Terzo settore”. Per il 2016 il fondo verrà finanziato con 17,3 milioni di euro, di cui 10 rotativi e 7,3 non rotativi. Venti milioni, invece, dovranno essere messi a disposizione nel 2017.