Forum con Alessandro Casarin direttore della Testata giornalistica regionale (Tgr) della Rai. Un’informazione svelta e veloce grazie al lavoro di 24 redazioni
Il settore della Rai dei telegiornali regionali è forse quello più rilevante sul piano nazionale, per via del suo forte radicamento sul territorio. Qual è la filosofia che ispira la sua direzione?
“La filosofia che guida la Tgr è semplice: raccontare i fatti. Il principio che mi sono dato è quello di abbandonare il teatrino, e cerco di seguirlo in qualsiasi settore dell’informazione: dalla politica allo sport, alla cultura, alla cronaca. L’idea è quella di raccontare solo i fatti, quanto avviene sul territorio, punto e basta. Questa linea editoriale è iniziata con ‘Buongiorno Italia’, che è il nostro primo e unico telegiornale nazionale, che va in onda in collegamento con le varie redazioni dalle 7 alle 7 e 30 del mattino, esclusi i mesi estivi. È stato in quella sede che ho dato questo input: fare cronaca”.
Dunque un’informazione asciutta e veloce…
“Certo. Bisogna pensare che la gente, quando si alza alle sette del mattino per andare a lavorare, la televisione più che guardarla la ascolta. Per questo motivo bisogna dare un’informazione svelta, veloce, con collegamenti e dirette di quaranta-cinquanta secondi. E bisogna raccontare i fatti accaduti nella notte o la sera precedente. Dunque concentrarsi sulla cronaca. Ovviamente non mi riferisco alla cronaca nera, ma intendo il termine cronaca in un’accezione più trasversale. Quella che una volta veniva definita la famosa ‘bianca’, cui poi, ovviamente, a seconda di ciò che succede, si aggiunge la cronaca nera”.
Una rapidità necessaria anche per la concorrenza dei social network, dove tutto arriva ed è disponibile in tempi brevissimi. Tuttavia nel regionale sono presenti anche degli spazi più ampi, di tre o quattro minuti, che non si occupano solo di cronaca ma di approfondimenti…
“Sì, è vero. Nella Tgr ci sono gli spazi dedicati alle rubriche. Per esempio, per quanto riguarda il Tgr Lombardia, il venerdì c’è ‘Week Cultura’, che si occupa di comunicare ai cittadini i principali appuntamenti culturali del fine settimana nella regione. In quella sede riusciamo a dare dei flash di circa dieci-quindici appuntamenti. È sicuramente un buon numero”.
Quante sono in tutto le redazioni della Tgr?
“Sono 24, distribuite in tutta Italia”.
C’è dunque una presenza capillare sul territorio. Quanti sono invece i giornalisti che lavorano con voi?
“In tutto 753. Diciamo che c’è una media di 25 giornalisti per ogni redazione. Poi, oltre a loro, lavorano con noi altrettante persone come montatori, tecnici, amministrativi e altre figure. In tutto l’organico è composto da più o meno 1.500 lavoratori”.
Quando il cittadino diventa “inviato”
Come funziona il lavoro delle redazioni regionale? Oltre alle agenzie e agli altri input che vi arrivano, c’è uno sforzo di ricerca della notizia a livello locale?
“Adesso, con la rete, siamo travolti dalle e-mail, dai filmati, dalle foto. Non a caso abbiamo istituito da poco in ‘Buongiorno Regione’ una rubrica che si chiama ‘Dal nostro inviato’. E chi sono questi nostri inviati? Sono i cittadini. Noi mettiamo a disposizione un numero di cellulare e la possibilità di inviare tramite WhatsApp non soltanto le notizie, ma anche le fotografie e i video. Su tutto questo materiale che arriva, noi facciamo una cernita e poi andiamo sul posto a verificare se quanto denunciato con quel messaggio corrisponde al vero o meno. Se la risposta è affermativa, facciamo il servizio. Dopodiché, torniamo sul luogo dopo un mese o due per vedere se il problema denunciato è stato risolto. C’è stato un famoso caso che è girato sulla rete, di due divani lasciati in mezzo alla strada per molto tempo. Noi ne abbiamo denunciato la presenza e poi alla fine sono spariti. Oppure un’altra segnalazione di cui ci siamo occupati riguarda le zone scoperte dalle reti cellulari. In molti ci scrivono perché nella loro zona, nei 200 metri attorno all’abitazione, non c’è copertura delle reti cellulari, che ormai sono il pane quotidiano per tutti. Allora noi denunciamo questo fatto, facciamo il servizio e poi intervengono i vari gestori della comunicazione”.
Questa modalità serve ulteriormente ad approfondire l’informazione sul territorio, ad andare più in profondità nelle cose concrete…
“Sì, che poi è quello che interessa maggiormente alla gente. Meno convegni, meno bottiglie di acqua minerale sul tavolo, e più fatti”.
Il giornalismo ai tempi dei social network
tra siti web e un nuovo ruolo del cartaceo
La rete ha portato diverse possibilità, ma i giornalisti si sono dovuti mettere nuovamente in gioco per capire come cambiare il modo di fare informazione. Lei cosa ne pensa?
“È vero. Si è trattato di un cambio di marcia che è costato molta fatica soprattutto ai giornalisti della mia generazione. Probabilmente è stato meno difficile per i colleghi più giovani, che sono più portati e veloci, nonché abituati all’utilizzo di certi sistemi e tecnologie. Così come vediamo i bambini di due anni che giocano con l’iPad al ristorante mentre i genitori mangiano la pizza, allo stesso modo quando un nostro collega di 25 o trent’anni entra in redazione, è lui a insegnarci come si usa l’iPad, l’iPhone e tutti questi strumenti”.
Forse, più che l’uso dello strumento, è la mentalità che si è modificata. Penso anche a questa ricerca di fare un’informazione per il cittadino e vicina alla gente che abita i territori. È una cosa che mi sembra differisca da quello che faceva la Rai di una volta…
“Io ho detto ai miei giornalisti di consultare siti on-line locali, delle province. Quando fanno la rassegna stampa, ho detto loro di non limitarsi più a fare solo i giornali cartacei. Alle scuole medie mi hanno insegnato che i giornali hanno le notizie del giorno prima. Questa cosa funzionava e ha funzionato, ma oggi quelle notizie sono vecchie, quel tempo è finito. Adesso abbiamo un aggiornamento continuo, già dalla mattina alle sei o alle sette. Quando ci si alza, la prima cosa si fa è guardare il cellulare, controllare i messaggi ricevuti e magari su Facebook o su Twitter si trova una notizia. E quella notizia arriva alle persone prima di noi, di qualsiasi telegiornale. Recentemente c’è stata una scossa di terremoto in Calabria e qui in redazione l’abbiamo saputo direttamente dalla rete”.
C’è più velocità, una maggiore capacità di sapere quello che succede subito sul territorio. Ma non c’è il rischio che non si abbia più il tempo di riflettere sulla pubblicazione di una notizia?
“Il grave pericolo è questo, che non si ha più il tempo non soltanto della riflessione, ma della verifica della notizia. Quando i quotidiani on-line nazionali escono con l’ultim’ora, c’è una sorta di rincorsa anche degli altri siti a pubblicare il più rapidamente possibile. Poi, a volte, accade che quella notizia si riveli non vera. Succede raramente, ma può succedere”.
Il crollo delle vendite ci dice che la funzione del quotidiano cartaceo è cambiata. Oggi devono fare quello che per ragioni di tempo, in televisione e sui social network, non si fa: spiegare i fatti, approfondire le questioni e possibilmente offrire soluzioni…
“La funzione del quotidiano è sicuramente cambiata, non si può continuare a pubblicare notizie di cronaca che sono già bruciate la sera prima. E le inchieste sono fondamentali”.
In Sicilia e nel Mezzogiorno c’è un senso di rassegnazione diffuso. Cosa si può fare, all’interno di quelle finestre della Tgr dedicate alla società civile, per tentare di svegliare le coscienze?
“Da una settimana siamo partiti con la rubrica ‘Dal nostro inviato’, e devo dire che c’è un grande riscontro. E c’è anche una certa fidelizzazione, perché poi il giorno dopo la gente va a vedere se la segnalazione che ha inviato ha avuto seguito. Stiamo notando un certo coinvolgimento dei cittadini”.