A 60 anni ancora giovani per lavorare - QdS

A 60 anni ancora giovani per lavorare

Carlo Alberto Tregua

A 60 anni ancora giovani per lavorare

martedì 23 Aprile 2024

Ci vuole sempre passione

Sentiamo da molte parti tanti menagrami che lamentano l’età di cinquanta o sessant’anni, donne e uomini, come fossero già inabili al lavoro.
Dissentiamo totalmente, perché crediamo il contrario, cioè che proprio in quella fascia di età si è raggiunta la maturità, tale che consenta di fare i propri mestieri o professioni con maggiore soddisfazione, perché si ha la consapevolezza di quello che si fa, si ha la chiarezza degli obiettivi che si vogliono raggiungere e, quindi, tutto questo consente di vivere meglio la propria vita, che è fatta di svaghi, ma anche di lavoro.

Se ci pensate, infatti, si passa più tempo nei luoghi di lavoro che altrove, per cui è importante che vi sia passione e senso di responsabilità per fare quello che si fa. L’importante è avere chiarezza su un punto e cioè che non bisogna lavorare per consumare energia, ma per impiegarla in modo da ottenere risultati concreti e utili. Sono proprio questi che danno soddisfazione, nonostante le fatiche che si incontrano sul lavoro, che non può essere fine a sé stesso.

Pensare in questo modo consente di vivere meglio, perché quando si è soddisfatti di ciò che si fa la fatica non è gravosa, bensì conseguente a ciò che si è realizzato.
In fondo, il rapporto fra lavoro e risultato è il miglior metro per misurare l’impiego del proprio tempo, il quale – lo ricordiamo ancora una volta – è limitato dal momento della nascita a quello della dipartita. Per cui va utilizzato bene, ovviamente non solo lavorando, ma anche distraendo la mente e, soprattutto, imparando cose nuove, cioè penetrando nel mondo dell’ignoto, che è la gran parte di tutto quello che ci circonda.

Solo la consapevolezza della nostra estrema ignoranza ci aiuta a capire meglio gli eventi e ad avere una prospettiva orientata verso orizzonti a noi sconosciuti. Come? Con la nostra fantasia, con la nostra immaginazione, ma non con l’illusione. Sono proprio fantasia e immaginazione che consentono alla ricerca di progredire, partendo da punti conosciuti per andare verso soglie che si immaginano con continue prove ed errori; così si procede fino a quando non si arriva alla conclusione che si spera di ottenere.

Dal processo che descriviamo ne deriva che non bisogna arrendersi mai, che bisogna sempre – anche in caso di sconfitta o di caduta – avere la forza per ricominciare il percorso, per rialzarsi e riprovare, in quanto le sconfitte e le vittorie non sono mai fini a se stesse né il punto terminale di un percorso.
Questa è la consapevolezza che ognuno di noi dovrebbe avere, in quanto è il susseguirsi di fatti e di azioni che ci fanno vivere appieno la vita. In fondo, se ci pensiamo, è tutto qui il vivere: avere voglia di gustarlo e di trascorrerlo nel miglior modo possibile.

Ora, vi sono alcuni che pensano che questo miglior modo sia il non far nulla, pieno di svaghi, divertimenti e ozio, per cui il tempo libero è diventato un obiettivo da raggiungere a tutti i costi, dimenticando invece che le maggiori soddisfazioni mentali e fisiche derivano dal lavoro e non dallo svago. Questo ragionamento si può fare quando abbiamo un lavoro che ci appassiona, con orari ragionevoli e che ci permette di evolverci.

Ecco perché scrivevamo all’inizio che le persone di cinquanta o sessant’anni dovrebbero intensificare il proprio lavoro al fine di riempire la propria vita concretamente e fattivamente, anziché col vuoto del tempo libero.

Intendiamoci, questa non è una filippica contro lo stesso, bensì l’invito a un giusto equilibrio e a un giusto dosaggio fra un impegno mentale o fisico, che deve riempire di fatica e di soddisfazione la nostra vita, e quell’altro spazio necessario per pensare ad altro e per ricostituire le nostre forze, orientandole verso orizzonti magari sconosciuti, che non ci debbono fare paura, come invece spesso accade.

Notiamo infatti che molti si preoccupano più di ciò che non esiste che di ciò che esiste, perché l’ignoto, lo sconosciuto, crea uno stato d’animo dubbioso e pensieroso, mentre noi dobbiamo tendere all’ottimismo e alle tante cose belle e buone che esistono e che dobbiamo goderci, si spera, dopo aver fatto il nostro dovere con passione.

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