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Angelo Bonelli: “Serve un ruolo forte dell’Europa per risolvere le questioni globali”

Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua e del vice direttore Raffaella Tregua, il portavoce di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli.

Partiamo dai temi economici. Qual è la visione di Avs per lo sviluppo nazionale e comunitario?
“Io penso che la questione che abbiamo davanti dal punto di vista economico, sociale e, conseguentemente, ambientale è qual è il ruolo dell’Europa dal punto di vista globale. Se non si definisce questo aspetto rischiamo di perdere la sfida economica con i grandi attori internazionali, penso a Cina, India o Stati Uniti. Ma ci sono anche Paesi emergenti, il cui sistema produttivo ed economico non è coincidente con quello europeo, quindi determina una sorta di partenza falsata dal punto di vista della competitività. Quindi, occorre rafforzare il ruolo europeo, introducendo quelle regole che non penalizzano il nostro sistema economico e sociale. Cina e India, fanno del dumping sociale e ambientale che consente loro di produrre a basso costo. Ciò significa sfruttamento del lavoro e violazione dei diritti, cose che non sarebbero assolutamente permesse in Europa. Senza contare le violazioni delle regole ambientali, in considerazione di una sorta di ‘permesso’ a inquinare”.

Quali sono, quindi, le priorità a livello comunitario?
“La prima questione che vedo è un ruolo forte che deve essere costruito in Europa, da qui la differenza fra noi e la politica dei sovranisti. Un’Europa forte, che riesce a determinare le regole, farle rispettare e fare in modo che prodotti creati con sfruttamento di manodopera o danni all’ambiente non possano circolare in Ue senza una tassazione che noi chiamiamo Carbon tax di frontiera. Poco tempo fa la premier Meloni ha detto: ‘Meno Europa sui temi economici e più Europa sulle grandi questioni’. Ma le questioni economiche sono strettamente legate a quelle globali. Oggi viviamo in un mondo globale: si fondono fra loro le grandi società di telecomunicazione, le grandi imprese energetiche. Quindi questa sfida va gestita nel modo corretto”.

La nuova Commissione europea ha al proprio interno una componente Verde, quindi quelle da lei sollevate saranno certamente tematiche al centro del dibattito…
“È ancora da vedere, perché allo stato attuale non lo sono. Von der Leyen ha fatto una cosa per la prima volta nella storia delle istituzioni europee: ha costruito una maggioranza di un certo tipo che ha votato per lei e poi ce n’è un’altra, di maggioranza, che voterà la Commissione. Noi pensiamo che le strategie economiche da mettere in campo sono estremamente legate a dove sta andando il mondo. Penso, per esempio, alla grande questione dell’Intelligenza artificiale, che va regolata. Non pensiamo pensare, come ha detto saggiamente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di lasciare in mano ad alcuni gruppi oligopoli privati nel mondo la gestione dell’Ia, poiché questo apre un problema di conflitto democratico. Bisogna puntare, nei processi democratici, anche all’innovazione tecnologica e l’Italia da questo punto di vista è molto arretrata. Ci sono pezzi del nostro Paese, tra cui aree del Sud, che sono anni indietro sul fronte dell’innovazione tecnologica e della modernizzazione. Se ne parla da tantissimi anni: pensiamo alla digitalizzazione della Pubblica amministrazione oppure a Internet a banda larga, che tra poco sarà superato da quello satellitare. Queste sono questioni su cui noi dobbiamo assolutamente puntare”.

Nel nostro problema c’è un problema di risorse. Attualmente il Pnrr sta mascherando molte difficoltà, ma cosa succederà dal 2027 in poi?
“Ci sono due cose da fare quando si fanno i bilanci e la coperta è corta: aumentare le tasse o tagliare la spesa pubblica. Ma come si fa a tagliare ancora la spesa pubblica? Le nostre città le vediamo. I trasferimenti agli Enti locali sono stati ridotti al punto tale che molti Comuni non hanno i soldi per fare la manutenzione del verde, dei giardini dove vanno i nostri figli. Per quale ragione a Parigi, Berlino o Vienna vi sono aree verdi come qui non riusciamo a vederne? Va cambiata completamente la linea d’azione, stoppando i tagli alla spesa pubblica orizzontali”.

Però un problema di spesa pubblica improduttiva esiste…
“Certamente. Ma qui hanno tagliato tutto. La sanità oggi ha un problema drammatico. L’inflazione ha rosicchiato i risparmi degli italiani e i costi dell’energia hanno fatto saltare i bilanci di molte aziende, anche della sanità. L’altra questione è il tema della tassazione. Io penso che in questo Paese chi ha di più deve dare di più. Siamo fermamente contrari alla flat tax, perché diminuisce la pressione fiscale sui grandi redditi. Noi non siamo tutti uguali: se io ho 100 milioni di euro di reddito all’anno non sono uguale a un operaio che ne percepisce 15mila. Credo che cominciare a pensare come gli Stati Uniti, che ha avviato una patrimoniale sui grandissimi patrimoni, a partire per esempio dai 20 milioni di euro in su, sia ormai inevitabile. Pensiamo che si debba andare a prendere le risorse là dove si è accumulata una ricchezza enorme. Non possiamo pensare che la crisi la debbano pagare i ceti più deboli”.

Il gap infrastrutturale tra Nord e Sud fardello sullo sviluppo di tutto il Paese

A livello nazionale, invece, quali sono le vostre priorità?
“Ci sono tante questioni che ci dividono dalla maggioranza e una di esse è certamente quella delle infrastrutture. L’Italia ha un enorme ritardo, rispetto all’Europa, riguardo per esempio all’infrastruttura trasportistica: abbiamo 5,4/5,6 chilometri per milioni di abitanti di trasporto pubblico attrezzato, mentre la Francia ne ha il triplo e la Germania ha 22 chilometri per milioni di abitanti. Pensiamo alle metropolitane: l’Italia ha 260 chilometri di metropolitane. La sola città di Madrid ne ha 290. Per non parlare di Parigi. Questo per dire che in Italia abbiamo un ritardo cronico, negli investimenti sulle infrastrutture e non è un problema legato solo ai pendolari o agli studenti. È un problema anche per l’economia del nostro Paese, perché più abbiamo città congestionate dal traffico e più si rallenta l’economia. Per noi è fondamentale l’investimento nell’infrastrutturazione trasportistica. Ecco perché ci divide la questione del Ponte sullo Stretto che, a nostro avviso, sottrae sostanzialmente risorse sull’incertezza, che per noi è certezza, di un’opera che non ha ancora una sua fattibilità tecnica. Vi sono investimenti necessari che sarebbe doveroso pianificare e programmare, anche con procedure accelerate, previste per il Ponte e non per esempio per far fare i collaudi”.

In questo modo la Sicilia non rischia di continuare a rimanere isolata dall’Italia e dall’Europa?
“Secondo noi le priorità sono altre. Si pensi, per esempio, all’acqua: la diga di Castelvetrano a Trapani, ma vi sono anche altre situazioni simili, ha tanta acqua ma mancano i collaudi. Perché non è possibile, per una questione alla fine solamente burocratica, dare alla Sicilia un’infrastrutturazione idrica funzionale e moderna che consenta, per esempio, ad Agrigento di avere l’acqua tutti i giorni e in modo continuo? Perché a Enna, sempre per fare un esempio, devono pagare l’acqua a cifre esorbitanti quando l’erogazione avviene ogni sette-otto giorni? Ma ci sono anche altre questioni: ci dicono che siamo contrari all’Alta velocità, ma non è vero. Per andare da Siracusa a Trapani, 340 chilometri circa, ci vogliono dieci-undici ore di treno. Siracusa e Trapani sono due realtà turistiche, archeologiche e produttive estremamente importanti. Il sistema stradale siciliano presenta arterie che spesso non sono nemmeno classificabili come provinciali. Questo è un problema. La nostra idea è dare priorità a interventi per dare una fisionomia a un Sud che ha bisogno di infrastrutture che consentano prima di tutto ai cittadini di spostarsi in sicurezza, di prendere il treno in maniera dignitosa, di avere servizi di interscambio gomma-ferro importanti per rilanciare l’economia”.

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Verso il 2027: campo largo con priorità ai contenuti

Soffermandoci sui temi politici, per quanto riguarda il centrosinistra, nelle ultime settimane, si è parlato molto di campo largo. Come immagina le elezioni del 2027?
“Io sono molto netto. Penso a un’alleanza che abbia dentro Partito democratico, Movimento 5 stelle, Alleanza Verdi Sinistra, +Europa e ovviamente ci dovrà essere una formazione di centro, sempre che continui a esserci un centro in questo Paese. Dopodiché ci sono i contenuti. Qual è la visione? Non è la sommatoria di tutte le compagini che potranno essere dentro. Questo è un Paese che ha un grande bisogno di giustizia sociale, quindi significa difendere le pensioni, introdurre il salario minimo, rivalutare gli stipendi. Occorre affrontare anche il tema degli investimenti per la transizione ecologica ed energetica, che devono essere fatti in maniera tale da essere socialmente sostenibile, di tenere insieme i settori sociali più deboli. Una questione strettamente legata alle infrastrutture per noi centrale è poi quella della mobilità nelle grandi città, quindi ingenti investimenti nei trasporti per i pendolari. Sono questioni che non sono ideologiche, ma che aiutano a mettere in moto l’economia. E poi la quarta questione è un problema di politica estera. Dobbiamo rompere con questa logica che i conflitti si risolvono con le armi, perché stiamo andando nella trasformazione verso un’economia di guerra e noi abbiamo un dovere morale rispetto ai nostri figli e alle generazioni future di costruire e di redimere i conflitti con l’uso dei negoziati. Questa logica di un folle riarmo, secondo dati ufficiali siamo arrivati a 2.500 miliardi di dollari per spesa per armamenti in tutto il mondo, è una follia. Tutto questo va fermato, perché la logica della guerra, come dice Papa Francesco, è una logica che porta al suicidio. Negoziare non significa arrendersi. Quindi, va favorita una politica che metta al centro la strategia del negoziato per fermare i conflitti”.