Arcipelago Siciliano - QdS

Arcipelago Siciliano

Antonino Lo Re

Arcipelago Siciliano

Giovanni Pizzo  |
mercoledì 11 Ottobre 2023

La Sicilia, ha ragione Cacciari, non è un’Isola. È un Continente a forma di Arcipelago. Non solo perché è composto da 15 Isole, compresa la maggiore

La Sicilia, ha ragione Cacciari, non è un’Isola. È un Continente a forma di Arcipelago. Non solo perché è composto da 15 Isole, compresa la maggiore. Ma perché l’Isola grande, la Sicilia, è enormemente differente, discontinua, controversa, non omogenea. Che c’entrano gli abitanti dell’enclave dal linguaggio francese di San Fratello con i mamertini di Galati? Negli stessi comuni Arbereshe, Piana degli Albanesi è totalmente difforme da Palazzo Adriano. Sono isole nell’isola, dal punto di vista etnico, culturale, linguistico, antropologico, di usi e costumi. Un biondo rossiccio normanno di Palermo che c’entra con uno scuro arabeggiante di Raffadali, o una faccia greca di Catania. Siamo di una biodiversità ed etnogastronomia immensa. Non siamo omogenei in nulla, come lo sono in gran parte i Sardi, e non solo nei due macrosistemi occidentale ed orientale, ma all’interno di essi. Di fatto la Regione Siciliana non esiste, se non per una situazione postbellica, che l’ha resa tale ed autonoma, perché neppure gli Americani ci avevano capito nulla e quindi hanno rinunciato ad annetterci.

Siamo un insieme di comuni, municipalità, vallate e valloni, e comunità semi aggregate. Per cui i partiti nazionali non ci si raccapezzano, rinunciano ad un’organizzazione territoriale e si affidano a rais del voto momentaneo. Che poi continuamente si spostano con cammelli e truppe in altro caravanserraglio più conveniente. È impossibile anche un partito regionale, perché nessuno si sente veramente siciliano, chi si sente calatino, chi catanese, chi nebroideo, chi palermitano, chi marsalese, chi madonita o Belicino. Quelli dell’Etna nord non c’entrano nulla con quelli dell’Etna Sud. Chi si sente solo della sua città o del suo paese, che sia Cefalù o Ioppolo Giancaxio. Qualcuno ha fondato partiti regionali, altri regionali vestiti da nazionali, altri addirittura con una hubris esagerata, ma provinciale, si sono chiamati Sicilia Nazione.

Un lavoro defatigante, spesso sterile, una inutile fatica di Sisifo. Pertanto la via di un una società politica che rappresenti questo Arcipelago, quelli nazionali nemmeno a parlarne, può essere solo federativa, un tentativo di mettere insieme città autonome nel loro status, nelle loro economie, nel loro approccio politico e culturale. Si possono unire movimenti civici marsalesi con omologhi siracusani, la Contea di Modica con Caltagirone e dintorni, la comunità madonita con quella della via del vino che da Piedimonte arriva a Randazzo. Questi ultimi in comune hanno la via di Ruggero, la statale 121. Perché? Perché in un mondo globale il glocal ha bisogno di fare trading, costruendo piattaforme di beni e capitale umano. Pensiamo a quello Digital dell’Etna Valley. Valorizzare comunità, comune sentire, brand culturali, risorse umane, beni e servizi prodotti, questa sarebbe la sfida della politica. Quindi non poltrone di Assessori, e parlo con cognizione di causa, ma rappresentanza di comunità plurali, civiche, territoriali. Un movimento che ambisca a rappresentare l’isola deve pesare per Lampedusa e per Palermo con pari dignità. E non può avere una dimensione leaderistica, con un uomo solo al comando, ma necessariamente plurale, consortile. In Europa non c’è un capo, c’è un rappresentante di una Commissione. Noi dobbiamo pensare la politica siciliana come l’Europa. Perché noi non siamo un’isoletta. Non siamo nemmeno una nazione. Purtroppo millenni di Storia ci hanno condannato ad essere un Continente, a volte in-Continente. Siamo la frontiera tra Occidente ed Oriente.

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